Ritmo lento per la guerra al Califfato

Si susseguono con un ritmo piuttosto blando i raid aerei della Coalizione contro lo Stato Islamico in Iraq e Siria guidata dagli Stati Uniti. Le ultime incursioni a Kawyr, a sud-est di Mosul, in Iraq, domenica avrebbero provocato la morte di 65 miliziani dell’IS secondo fonti della sicurezza di Baghdad.
Il Central Command ha reso noto che sabato aerei degli Stati Uniti e dei partner della Coalizione hanno colpito sette obiettivi in Siria e due in Iraq fra cui degli edifici dell’Isis e due veicoli blindati in prossimità della città curda sotto assedio di Ain al- Arab, (Kobane per i curdi). In Iraq, tre raid sono stati messi a segno a sud ovest di Erbil.
Tra venerdì e sabato i cacciabombardieri americani, giordani, sauditi e degli  Emirati arabi Uniti hanno centrato diverse postazioni dell’Isis ancora nella zona di Raqqa e per la prima volta le regioni siriane di Homs e di Aleppo. Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani sono state prese di mira la zona desertica di al Hammad, ad est dell’antica città di Palmira, la cittadina di Minbej, una delle rare città occupate dai jihadisti nelle province settentrionali di Aleppo, e la base aerea di Tabqa recentemente strappata al controllo delle truppe governative dai miliziani del Califfo.

I raid aerei dei giorni scorsi contro i 6 centri petroliferi in mano all’IS hanno ottenuto il risultato di interrompere le operazioni di pompaggio nella provincia di Deir Ezzor. Lo hanno reso noto fonti vicine al gruppo jiahdista. “L’estrazione è interrotta a causa della situazione di sicurezza. Tutti i siti sono fermi, tranne quello della compagnia Coneco, che fornisce il gas necessario alla produzione di elettricità per sei province”, ha spiegato Leith al-Deiri, un attivista che vive nella città di Deir Ezzor.

“L’estrazione nei siti è stata interrotta temporaneamente. Non ci sono più intermediari né clienti che vanno nei campi petroliferi, perché hanno paura dei raid” ha spiegato un altro militante, Rayan al Furati, che ha lasciato Deir Ezzor dieci giorni fa ma che è ancora in contatto con i residenti nella provincia.

“Prima c’era tantissima gente e bisognava aspettare quattro ore per essere serviti, talmente la domanda era forte” ha aggiunto sottolineando però che “nessuno dei sei campi è stato colpito perché i raid della coalizione si sono concentrati sulle raffinerie”. La provincia è dallo scorso luglio nelle mani delle milizie dell’IS che gestisce una produzione di greggio superiore a quella controllata dal governo siriano con 80mila barili giornalieri contro i 17mila.

I qaedisti siriani hanno confermato la morte di Mohsin al Fadhli, leader del gruppo terroristico Khorasan, che fa capo al Fronte al-Nusra, e considerato dalle autorità statunitensi come il più pericoloso per la propria sicurezza. Con alcuni messaggi diffusi su Twitter la morte di al Fadhli è stata confermata tramite formule di cordoglio. Si parla anche della morte di un altro leader del gruppo terrorista, Abu Yusuf al Turki. Entrambi sono stati colpiti il primo giorno di raid aerei statunitensi a nord di Aleppo.

I raid sulla Siria dovrebbero aiutare le operazioni dei ribelli filo-occidentali (quelli che la Coalizione internazionale sta armando) ma rischiano di creare ancor più confusione in un Paese dove è in corso una guerra civile contro il regime di Bashar al Assad. A conferma del caos generato dall’intervento aereo della Coalizione giungono le dichiarazioni di Hadi al-Bahra, presidente della Coalizione Nazionale dell’opposizione siriana, cioè di quei ribelli “moderati” che secondo Washington dovrebbero combattere l’IS.

”L’Europa deve mettere la popolazione siriana nella condizioni di fare le proprie scelte, assumere la leadership degli sforzi militari per combattere il terrorismo ma anche Assad, il primo a usare metodi terroristici in Siria” ha  affermato in un’intervista a La Stampa. Prima dell’inizio delle incursioni aeree sulla Siria al-Bahra si era detto pronto ad allearsi con al-Qaeda pur di rovesciare il regime di Damasco.

Ambigua anche la posizione del Qatar che ha inviato un paio di suoi Mirage 2000I a sorvolare la Siria il primo giorno di operazioni aeree ma senza bombardare e che ora sostiene che i raid aerei contro lo Stato islamico falliranno se non cadrà il regime di Bashar al Assad. E’ quanto dichiarato all’emittente statunitense Cnn dall’emiro del Qatar, Tamin bin Hamad al-Thani, secondo il quale è “certamente necessario combattere il terrorismo” ma allo stesso tempo l’attività della Coalizione dovrebbe concentrarsi sulla destituzione del “regime di Assad. Se pensiamo di combattere il terrorismo lasciando in vita il regime ci sbagliamo perché i terroristi ritorneranno di nuovo” ha detto l’emiro.

Il ministro degli Esteri siriano, Walid al Muallim, ha affermato che non è in corso “alcun coordinamento con l’alleanza internazionale guidata dagli Stati Uniti che sta conducendo i raid aerei nel nord” del paese. Intervistato dall’emittente televisiva “al Maiadin”, il capo della diplomazia di Damasco ha affermato che “sosteniamo ogni sforzo contro il terrorismo nell’ambito della risoluzione Onu 2170 ma non c’è alcun coordinamento delle operazioni”.

Il Segretario di Stato statunitense John Kerry ha negato che i raid aerei aiutino il regime di Bashar Assad, nonostante colpiscano i suoi nemici meglio armati e più agguerriti, mentre il Capo di stato maggiore interforze, il generale Martin Dempsey, ha affermato che i raid stanno causando danni ai fondamentalisti, ma non sono sufficienti per sconfiggerli.

Dempsey è tornato quindi sul tema ”spinoso” dell’intervento terrestre rilevando che servirebbero fino a 15 mila combattenti, provenienti dall’opposizione siriana “moderata”, per costituire un contingente in grado di fare la differenza. Se si tiene conto che i programmi del Pentagono prevedono attualmente di addestrane 5 mila in un anno diventa comprensibile la ragione per cui tutti sostengano che questa guerra durerà anni!

Mentre vacillano le possibilità di disporre di forze siriane affidabili da opporre al Califfato (escluse ovviamente le truppe regolari di Damasco che non fanno parte della Coalizione, si rafforzano le capacità offensive delle truppe irachene il  27 settembre  sono stati consegnati dalla Russia  10 elicotteri da attacco Mi-35, terza tranche di una maxi commessa che includeva anche elicotteri da attacco Mi-28 Havoc e mezzi terrestri.

Fonti diplomatiche a Baghdad hanno sottolineato che l’Iraq dovrebbe chiedere all’Iran la restituzione di un centinaio di aerei da combattimento che Saddam Hussein fece riparare oltreconfine nel 1991, durante la Prima guerra del Golfo, e che da allora sono trattenuti da Teheran. Le fonti, citate dai media di Baghdad, affermano che oggi le forze irachene hanno un bisogno disperato di questi jet per combattere lo Stato islamico e precisano che gli aerei trattenuti in Iran includono una cinquantina di Sukhoi-25 e 24 Mirage-1 francesi.

In passato fonti iraniane anch’esse citate dalla stampa avevano detto che gli aerei trattenuti non sono più di 30, e che Teheran li avrebbe restituiti solo dopo che Baghdad avesse pagato i danni di guerra per il conflitto tra i due Paesi scatenato nel 1980 da un’invasione irachena e durato fino al 1988.  In realtà l’Iran ha già restituito a inizio agosto una quindicina di Sukhoi Su-25 impiegati quasi ogni giorno in battaglia, probabilmente gli unici ancora in grado di volare utilizzando gli altri velivoli per il recupero di pezzi di ricambio. Quanto ai Mirage F-1, dopo 23 anni, è impossibile penare di utilizzarli senza una completa e costosa revisione.

Sul campo di battaglia le forze governative irachene he le milizie scite che le affiancano hanno respinto il 28 settembre un attacco dei jihadisti a Amriyat al-Falluja, a circa 40 km a ovest di Baghdad. Secondo Aref al-Janabi, responsabile della polizia locale, dopo la mezzanotte i combattenti dell’Isis hanno sferrato un attacco “su due fronti” e “gli scontri sono durati 5 ore”. Le tribù sunnite della zona avrebbero aiutato i soldati e i poliziotti a difendere la città, mentre “l’aviazione ha ucciso 15 combattenti”.

Sabato l’esercito iracheno ha annunciato di aver ripreso il controllo di 24 villaggi della provincia sunnita di Diyala, a nord di Baghdad, precedentemente occupati dalle forze dello Stato islamico. Secondo quanto si legge in una nota diffusa dal Commando delle operazioni sono stati anche uccisi 70 terroristi islamici nel corso delle operazioni.

Nella nota il generale Abdul Amir al Zaidi, ha spiegato che “le operazioni militari hanno incluso l’area di Alsdor, Muqdadiya e Hamrin dove sono state inflitte pesanti sconfitte al nemico”.
Intervistato dalla CBS a “60 minutes”, il presidente Barack Obama ha attribuito all’intelligence l’errore di aver sottovalutato le capacità militari dell’IS come aveva ammesso nei giorni scorsi James Clapper che dirige le 16 agenzie d’intelligence statunitense. “L’intelligence  ha sottovalutato” la crescita degli jihadisti sunniti dello Stato Islamico sia in Iraq che in Siria e allo stesso tempo ha sopravvalutato la resistenza delle truppe di Baghdad.

Prosegue intanto l’ampliamento della Coalizione. L’Australia, che ha già schierato 8 cacciabombardieri F/A-18 e 600 militari (200 delle forze speciali) negli Emirati Arabi Uniti sta ancora valutando le modalità di impiego contro l’IS in Iraq e forse anche in Siria, ha reso noto la ministra degli esteri Julie Bishop

. “Se ci dovesse essere una richiesta anche in relazione alla Siria, la prenderemo in considerazione. Studieremo il quadro legale su cui si basano gli Stati Uniti per le loro operazioni militari in Siria, ma poi prenderemo una decisione indipendente” ha spiegato Bishop.

Prime missioni per i Tornado britannici sui cieli iracheni: 2 dei 6 bombardieri dislocati da un mese nella base cipriota di Akrotiry hanno effettuato una missione durata 7 ore (riforniti da un’aerocisterna) di ricognizione e forse anche attacchi anche se Londra non ha rivelato dettagli in proposito. Un sondaggio di YouGov pubblicato dal Sun rivela che il 57% degli intervistati è in favore di un intervento di Londra in Iraq e il 51% in Siria.  In campo con la Coalizione anche la Danimarca che unirà 7 cacciabombardieri F-16 ai 12 messi in campo da Olanda e Belgio e che opereranno solo sull’Iraq come i Rafale francesi. Nessuna notizia da Roma circa l’invio dell’aerocisterna KC 767A il cui impiego con la Coalizione era stato annunciato dal Ministro della Difesa tre settimane or sono.

Una mano è pronto a darla anche l’Iran che ha fornito armi e aerei a iracheni e curdi e schiera alcuni battaglioni di pasdaran a difesa di Baghdad.  Il generale Ahmad Reza Pourdastan, comandante dell’esercito ha detto che Teheran è pronta ad attaccare “in profondità nel territorio iracheno se i terroristi dell’IS dovessero anche solo pensare di avvicinarsi ai confini iraniani”.

Gli estremisti sunniti controllano un’area a nord di Baghdad, inclusa la provincia di Diyala, che confina con il territorio iraniano.
A un intervento di terra, questa volta in Siria, sembra pensare anche la Turchia pronta a rimuovere le riserve circa un’azione militare ora che i suoi ostaggi sono stati liberati dai jihadisti.

Sabato il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, ha annunciato la disponibilità del suo Paese a intervenire al fianco della Coalizione internazionale. Le forze armate turche potrebbero essere impiegate per strappare al controllo degli jihadisti alcune zone della Siria e portare al sicuro la popolazione in fuga dai miliziani dell’Isis. “La logica secondo la quale la Turchia non prende una posizione militare è sbagliata”, ha sottolineato Erdogan, in un’intervista al quotidiano Hurriyet. Erdogan ha spiegato che sono in corso negoziati per determinare quali Paesi possano partecipare a un’eventuale operazione di terra, da affiancare ai raid aerei. “Nella distribuzione delle responsabilità, ogni Paese avrà un compito determinato”, ha spiegato Erdogan, “qualunque sia il compito della Turchia lo assolveremo”.

Foto: Uk MoD, US DoD,  Stato Islamico, EMA, AP. Reuters

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