Annullate le elezioni in Libia, il califfo gode

di Carlo Panella (nella foto a sinistra) da  Libero Quotidiano del 7 novembre 2014

L’avanzata degli islamisti La Corte Suprema ha dichiarato illegittimo il nuovo Parlamento. Rubata statua italiana a Tripoli A Tripoli gli islamisti a cui il dissennato intervento militare della Nato contro Ghedddafi ha consegnato il controllo pieno della capitale hanno abbattuto ieri una statua di bronzo dal titolo “donna con gazzella” dell’artista Angiolo Vannetti, piazzata durante l’occupazione italiana al centro di una rotatoria. La ragione? La matronale donna aveva il seno scoperto! Episodio illuminante delle conseguenze di una sciagurata guerra che sta gettando ogni giorno di più il Paese nel caos. Caos divenuto surreale ieri, quando la Corte Suprema libica ha dichiarato illegittime e nulle le elezioni politiche del 25 giugno e quindi privo di legittimità il governo di Abdullah al Thinni eletto da questo Parlamento.

Solo governo peraltro riconosciuto legittimo dalla Co-munita Internazionale. Invece, da ieri, unico governo legittimo, secondo la Corte Suprema, è quello presieduto da Omar al Hassi, espresso dal vecchio Parlamento. Il tutto, in un quadro che vede la Tripolitania sotto il ferreo controllo delle “milizie di Misurata” islamiste, sostenitrici appunto del vecchio premier al Hassi, mentre le laiche “milizie di Zintan” controllano, malamente solo la città di Tobruk (in cui il Parlamento ieri disciolto era costretto a riunirsi in un ferry boat, alla chetichella) e poco più.

A Derna regna invece un “Califfato islamico” che riconosce l’autorità del Califfo nero siro-iracheno al Baghdadi, mentre Bengasi e la Cirenaica sono teatro di una battaglia sanguinosa tra altre milizie jihadiste e le truppe del generale al Haftar, sostenuto dall’Egitto. Il Califfato di Der-na non è una folldoristica isola jihadista perché è notizia recente che vi si è stabilito il leader jihadista Mukhtar Belmokhtar, capo del Mujiao radicato in tutto il Maghreb.

Più caotica ancora la situazione della terza regione libica, il Fezzan, dove hanno sede i principali giacimenti. Dunque, non solo la Libia come nazione non esiste più ed è lacerata in una decina di micro Stati in guerra tra loro, ma da ieri scompare anche il baricentro politico su cui la comunità internazionale ha deciso di fondare ogni mediazione: il parlamento eletto il 25 giugno e il governo al Thinni. Invano gli esponenti di questo parlamento sostengono ora che la Corte Suprema ha deliberato sotto la minaccia delle armi degli islamisti e che quindi il loro decadimento è nullo.

Di fatto, la Corte Suprema di Tripoli è legittima e legittime sono le sue sentenze. Dalla situazione pazzesca di due governi e due parlamenti, la Libia passa quindi al paradosso di un Paese che non ha nessun parlamento e nessun premier.

Risultato scontato di una demenziale guerra condotta da Obama, Cameron e Sarkozy, senza alcuna strategia per il dopo-Gheddafi e sulla base del principio, caro ancora oggi a Obama “nessun soldato Nato sul terreno”.

Là dove invece solo un corpo di spedizione internazionale sin dal 2011, poteva impedire che il paese cadesse nelle mani dei “Signori della guerra”. Al di là dei preoccupatissimi commenti di ieri del neo ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il fatto è che oggi non è ipotizzabile nessun intervento militare straniero in Libia, anche se autorizzato dall’ ONU, che avrebbe solo l’esito di replicare, in peggio, la sciagurata avventura della Somalia.

Foto: Reuters, AP, AFP

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