I campi d'addestramento bosniaci dell'IS

Mentre si moltiplicano le stime sugli occidentali attualmente schieratisi con lo Stato Islamico in Siria ed Iraq, dalla Bosnia giungono nuove informazioni sul sistema di reclutamento utilizzato per trovare e formare nuovi volontari da inviare al fronte. Il quotidiano Glas Srpske, infatti, basandosi su fonti vicine ai locali Servizi di Sicurezza, ha riportato che circa venti jihadisti attualmente schierati sul fronte siriano sarebbero stati addestrati in un campo wahabita di Cerska, città vicina a Vlasenica ed al confine fra Republika Sprska e Serbia. Stando alle ricostruzioni dei maggiori media locali, la struttura gestita dagli estremisti verrebbe anche usata come poligono dagli aspiranti combattenti, che potrebbero anche addestrarsi grazie alla presenza di due ex poliziotti ormai dediti alla causa Islamista e all’ex vice comandante della Polizia di Vlasenica, che avrebbe materialmente procurato le armi utilizzate.

La rete locale, quindi, sarebbe vasta e potrebbe contare anche sull’appoggio di persone influenti nell’area, nonché sull’aiuto proveniente dai paesi arabi e da Vienna, vero centro direttivo delle azioni dei movimenti wahabiti balcanici.

Non è chiaro perché le Autorità Locali si siano limitate, almeno per il momento, a controllare semplicemente il fenomeno senza intervenire direttamente, ma in ogni caso gli strumenti a disposizione degli inquirenti sono notevolmente migliorati in seguito all’approvazione di una specifica legge che prevede sino a 10 anni di reclusione per i volontari impegnati in conflitti all’estero e rispettivamente a 5 e 4 anni per i reclutatori e i promotori. La situazione resta comunque difficile per Sarajevo poiché, secondo le stime della CIA e di alcuni Ministeri degli Affari Esteri di paesi Europei, attualmente vi sarebbero più di 350 volontari bosniaci impegnati in Siria ed Iraq.

Molti di questi, per prepararsi al campo di battaglia, hanno potuto contare sulla capacità organizzativa di Bilal Bosnic (attualmente in carcere), che assieme ad altri Wahabiti aveva iniziato ad acquistare terrenti e case nella zona di Bosanska Bojna, al confine tra la Bosnia e la Croazia. Come riporta il quotidiano Vesti, infatti,

approfittando della difficile situazione in cui versa quell’area e della volontà di molti Serbi lì residenti di vendere le loro proprietà per spostarsi altrove, gli estremisti sono stati in grado di acquistare vasti terreni a cifre molto basse. Sembra che tutto ciò sia stato possibile perché, fino a pochi mesi fa, le Autorità non erano particolarmente interessate ad intervenire in un’area fortemente depressa e a presenza di realtà criminali, sebbene la popolazione locale sia particolarmente spaventata da questo fenomeno e dalla portata che esso sta cominciando ad avere.

Solo negli ultimi tempi pare che ci siano stati degli interventi volti a limitare le azioni dei gruppi estremisti, soprattutto dopo che questi hanno tentato di costruire una Moschea in cui formare ideologicamente i propri adepti, alcuni dei quali sarebbero stati convinti ad abbracciare il Wahabismo e ad andare a combattere in Siria e Iraq grazie ad incentivi in denaro.

Recentemente sono anche emersi nuovi particolari circa l’impiego che lo Stato Islamico fa dei volontari provenienti dai Balcani. Secondo Vlado Azinovic, professore all’Università di Sarajevo, infatti, i combattenti ex-jugoslavi vengono frequentemente affiancati a quelli originari del Caucaso poiché entrambi i gruppi sono di lingua slava (riescono quindi abbastanza facilmente a comprendersi) e generalmente non conoscono l’arabo.

Il docente, nel corso di un’intervista, ha anche sottolineato che, a suo avviso, la maggior parte di coloro i quali partono per il fronte lo fa senza voler tornare a casa, motivo per cui sarebbe più facile controllare i flussi provenienti dalle aree di crisi.

Si tratta di una posizione differente da quella generalmente sostenuta dalla maggior parte degli esperti, che però mette anche in luce un altro aspetto, ossia quello relativo alla collaborazione di due diverse generazioni impegnate nel Jihad. Da un lato, infatti, vi sono gli ex mujahidin (generalmente stranieri) che hanno combattuto in Bosnia durante la guerra del 1992-95, dall’altro la generazione dei neo-maggiorenni che è più facilmente indottrinabile e propensa alla violenza.

Foto: RTS, Vesti, Stato Islamico

Triestino, analista indipendente e opinionista per diverse testate giornalistiche sulle tematiche balcaniche e dell'Europa Orientale, si è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Trieste - Polo di Gorizia. Ha recentemente pubblicato per Aracne il volume “Aleksandar Rankovic e la Jugoslavia socialista”.

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