Il rapporto ICSA sullo Stato Islamico

Il giorno 19 novembre presso il Centro Alti Studi per la Difesa (CASD) è stato presentato il rapporto di ricerca della Fondazione ICSA sul tema “Avanzata dell’ISIS nel teatro mediorientale e ripercussioni sull’Europa e sull’Italia”, rapporto che tratta delle complesse dinamiche di sicurezza in quel delicato teatro all’indomani dell’espansione armata dell’ISIS dalla parte nord-orientale della Siria fino ad arrivare all’Iraq centro-occidentale. Il rapporto di quest’anno fa seguito a quello del novembre 2013 “Evoluzione del terrorismo internazionale di matrice jihadista” in cui veniva denunciata l’esistenza di un asse qaedista al Nusra-ISIS che proiettava la sua influenza oltre l’area irakena fino ad arrivare alle alture del Golan, in Libano ed in Giordania.

Ma la nebulosa ISIS (dal 2013 ha assunto il nome di stato islamico dell’Irak e della grande Siria) ha mostrato un altro lato del suo volto terroristico quando il 29 giugno scorso il suo leader Abu Bakr al Baghdadi si è autoproclamato califfo Ibrahim e di aver costituito un califfato, di fatto creando ulteriori dinamiche di instabilità nell’area.

Nel rapporto vengono messe in evidenza le nuove linee di condotta del movimento che molti analisti tendono a chiamare anche IS, sigla per Islamic State, che evidenzia come l’ISIS sia strutturata come uno stato effettivo che amministra risorse del territorio, persone e cose con tanto di regime fiscale, istruzione e commerci di vario genere (illegali, cui aggiungere la vendita del petrolio) servendosi del sostegno di esponenti della Guardia Repubblicana di Saddam Hussein e di formazioni jihadiste addestrate.

Si è quindi formata una situazione politica liquida ma pericolosa che ha permesso all’ISIS la conquista di città strategiche e di formare alleanze con le tribù sannite e con gruppi del vecchio partito Baath vicini a Saddam Hussein che sono stati estromessi dal potere con l’arrivo dei militari statunitensi e che adesso vogliono una rivincita.

Ma tra le ragioni che hanno caratterizzato l’evoluzione e l’avanzata dell’ISIS vi è principalmente quella di una serie di errori analitici da parte degli occidentali e di diversi paesi arabi, in particolare dell’Arabia Saudita, errori che hanno portato a sottovalutare la forza delle milizie islamiche ed a sopravvalutare le capacità dell’esercito irakeno (da parte statunitense questi errori ricordano tanto il lontano conflitto vietnamita quando dopo la vietnamizzazione si giunse alla sconfitta dell’aprile 1975 per gli stessi errori di calcolo).

Il rapporto, snello ma esaustivo, in 36 pagine suddivise in piccoli capitoli traccia come è nato, si è sviluppato e come ha acquisito consenso l’ISIS e cosa si cerca di fare per contrastare la sua avanzata.

Sinora la Coalizione (di fatto a guida statunitense) anti-ISIS – cui partecipano Stati Uniti, Regno Unto, Italia, Francia Germania, Danimarca, Polonia,Turchia, Canada, Australia, Giordania, Araba Saudita, Barhein, Emirati Arabi e Qatar – ha agito prevalentemente con bombardamenti aerei che mettono un freno alla sua espansione territoriale ma non è pensabile che nel breve-medio periodo si possa fare molto di più se non cambiano le vulnerabilità della Coalizione togliendo le attuali ambiguità di alcuni suoi componenti.

Come in altri aree di crisi, l’uso del potere aereo da solo non riesce ad intercettare il consenso della popolazione, cioè colpire il cuore e la mente della gente: un punto di forza dell’autoproclamato califfato è quello di essere una forza jihadista che ha saputo coniugare le dispotiche modalità un governo autoritario sul territorio con il consenso della popolazione che si basa “sull’applicazione rigida della più tradizionale e millenaria legge islamica (sharia) nella versione hanbalita”.

Sul piano politico-religioso l’ISIS è “la risultante dell’ennesimo scisma musulmano o meglio di uno scisma interno a quello wahhbita”. Questo si intreccia a sua volta con uno scisma khomeinista in campo sciita che persegue un fondamentalismo puritano estremo e che segna la frattura con la civiltà islamica nei suoi valori tradizionali.

Lo scisma khomeinista “ ha trasformato la scelta del martirio in un precetto individuale, uno scisma che ha fatto breccia anche nel mondo sannita con una motivazione religiosa fortissima capace di intervenire ovunque si crei nelle società musulmane una qualche contraddizione imponendone la sua logica jihadista di scontro permanente”.

Il rapporto mette in evidenza l’obiettivo più ambizioso dell’IS (Islamic State) che è quello di portare in Medio Oriente la struttura portante del jihadismo attualmente presente nell’area afghana-pakistana sottolineando come l’applicazione della più tradizionale legge islamica (sharia) alimenti il consenso della popolazione al califfato, quel consenso che agita le menti occidentali per gli orrori a cui i militanti dell’ISIS ci hanno abituato come le decapitazioni o le uccisioni di massa degli sciiti (gli apostati), degli yazidi e dei cristiani.

La ricerca parla anche di uno scenario di guerra non convenzionale, scenario comunque inserito in un contesto di guerriglia o di conflittualità asimmetrica.

Ma tornando a parlare della Coalizione troviamo indicazioni sul ruolo dell’intelligence e l’importanza della mediazione anche se certe situazioni non sono più diplomatizzabili. Per quanto attiene l’intelligence, la sua attività si dovrà basare su di una diversa strategia che dovrà essere incentrata soprattutto sulla componente umana (HUMINT – HUMan INTelligence) cosa che agli occidentali spesso sfugge e che invece basilare per acquisire conoscenze e contatti con la popolazione.

Questa attività si dovrà sviluppare con la creazione di fusion centre (centri di raccolta dati provenienti da fonti diverse, che poi saranno adeguatamente filtrati per offrire un quadro omogeneo e rapidamente comprensibile) a livello politico-strategico, con poteri decisionali al fine di costituire un’unica entità politica in grado di gestire i dati raccolti e prendere responsabilità decisionali che si dovranno tradurre in interventi sul terreno.

Nel corso della presentazione è stata anche stigmatizzata la fragilità della comunità internazionale che  cerca costantemente di raggiungere soltanto un “cessate il fuoco” non rendendosi conto di come il mondo è costretto a misurarsi con tanti scenari di crisi che si sono aperti tutti insieme.

Nella presentazione non poteva mancare un accenno alla Libia che sta offrendo uno scenario sempre più destabilizzante anche se in quel territorio è maggiormente significativo lo scontro dovuto a vecchi rancori tribali. Il rapporto dell’ICSA traccia anche quali sono le possibili scelte dell’Italia nel caso di scenari prodotti da un aggravamento della crisi come un necessario chiarimento delle carenze strategiche evidenziate in seno alla Coalizione prima di prendere iniziative di carattere operativo.

Si ritiene utile favorire un’intesa con la Lega Araba e con il re di Giordania Abdullah per un possibile intervento italiano a protezione della frontiera tra Irak, Giordania e Siria. Si potrebbe promuovere la creazione in Giordania di un fusion centre a livello di intelligence per conseguire obiettivi quali la ricerca di possibili intese tra le varie componenti della coalizione per costituire un’unica entità politica per assumere capacità decisionali.

Il centro potrebbe individuare il malcontento delle tribù arabe per acquisire consenso, irrobustire l’attività di intelligence e sottoporre le informazioni acquisite a degli esperti di intelligence per fornire obiettivi alla componente militare e prevedere un’adeguata presenza di intelligence in Libia a tutela degli interessi vitali nazionali. Si è trovato anche uno spazio per sottolineare il ruolo degli apparati giudiziari nel contrasto al terrorismo jihadista nel nostro paese, ipotizzando la creazione di una Procura Nazionale Antiterrorismo per fare fronte alle nuove sfide eversive e terroristiche nazionali e internazionali. Si potrebbe creare una struttura con poteri di indagine diretta.

Il rapporto si conclude con delle tabelle in cui vengono elencate il rischio per le imprese italiane nelle aree di crisi e le vittime del terrorismo jihadista nel mondo con due tabelle con il numero dei morti causati da attentati terroristici con  più di 15 vittime a livello planetario ed il numero di morti causati da attentati con più di 15 vittime, per paese (periodo 11.09.2008 – 10.03.2014; elaborazioni ICSA/AISE su dati del Center for Systemic Peace con indirizzo www.systeicpeace.org)

Federico CerrutiVedi tutti gli articoli

Nato a Roma, dove risiede e lavora, ha iniziato la sua carriera giornalistica nel 1965 con la rivista Oltre il Cielo occupandosi di spazio sia civile che militare e con la testata Ali Nuove. Nel 1971 ha iniziato a lavorare con Alata e dal 1979 con Difesa Oggi della quale divenne caporedattore lavorandovi fino al 1998. Ha collaborato con Rivista Aeronautica, il quotidiano Europa, il Centro Militare Studi Strategici (Cemiss) e svolto alcune attività con il SIOI. Dal 2001 è defence editor di Analisi Difesa.

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