Le incongruenze della spending review della Difesa
di Vexillarius
Carissimo Direttore,
continuo a sentir parlare in termini entusiastici e degni del miglior studioso ed analista che l’Italia abbia mai potuto avere dell’ormai ex Commissario straordinario alla “riduzione della spesa” Carlo Cottarelli (nella foto a sinistra), che ha lasciato l’incarico un mese or sono dopo essere statio designato dal governo al Fondo Monetario Internazionale,
Sarà vero? Per i grandi studi che ha condotto sul Ministero della Difesa e sullo stato finanziario delle Forze Armate Italiane credo proprio di no. Anzi, si è dimostrato davvero molto superficiale e poco competente eccezion fatta per l’uso dell’ombrello da parte dei Vertici Militari (sigh!) circa i quali emerse “l’obbligo” di utilizzare l’auto blu in caso di pioggia poiché ai militari è vietato l’uso dell’ombrello.
Alla base di tutte le valutazioni del Commissario c’è un confronto con 8 Paesi dell’area Euro (per la precisione Belgio, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Austria e Finlandia) che dimostra come sia stata tenuta in scarsissima considerazione l’Italia. E’ infatti impensabile che allo scopo di determinare le riduzioni finanziarie da applicare alla Difesa, si effettuino confronti con Paesi come:
– l’Austria, che non è una penisola né è bagnata da mari. Per paragonarla all’Italia, un attento e coscienzioso analista avrebbe dovuto quantomeno togliere le spese che la nostra Difesa devolve alla Marina Militare cosa che invece non è stato assolutamente fatto;
– la Finlandia, che ha un Esercito di leva mentre l’Italia ha un Esercito professionale con ovvie e consistenti differenze finanziarie, oltre che in termini di trattamento economico del personale, in spese per l’addestramento, l’equipaggiamento, le infrastrutture ed i servizi, ecc;
– l’Irlanda, stato neutrale, che non fa parte della NATO, quindi che non ha obblighi verso l’Alleanza, ed ha un contingente di personale in servizio e della riserva di meno di 20.000 unità;
– il Belgio ed i Paesi Bassi, che non hanno confini “difficili” come l’area Balcanica ed il Mediterraneo, che hanno un Prodotto Interno Lordo di gran lunga inferiore a quello Italiano e che, forse proprio anche per questi motivi, hanno ridotte Forze Armate (rispettivamente 31.000 e 43.000 unità).
Di contro, stupisce che manchi la Polonia, ad esempio, che ha una popolazione non di molto inferiore all’Italia e Forze Armate (circa 120.000 unità) impiegate in vari contesti NATO/UE anche se ha ridotte capacità operative in ambito navale.
Viene quindi legittimamente da pensare che le sopra citate Nazioni dell’Unione Europea, assolutamente poco raffrontabili all’Italia siano state volutamente inserite, o non inserite come nel caso della Polonia, proprio per poter giustificare le decurtazioni finanziarie al Ministero della Difesa.
Aggiungo inoltre che il Commissario ha inserito, nel totale del budget che l’Italia destina alla Difesa, “impropriamente” anche risorse finanziarie che invece vengono devolute:
– ad altri Dicasteri, come risulta chiaramente nei vari provvedimenti di proroga missioni internazionali (solo gli Esteri assorbono oltre 100 milioni di euro all’anno);
– a fronteggiare esigenze che non sono di competenza del Ministero della Difesa quali il rifornimento idrico delle isole minori, i contributi alla Croce Rossa ed alle Associazioni combattentistiche e d’Arma, il trasporto aereo di Stato, ecc. (pari a circa 100 milioni di euro).
In definitiva, se mi permette il paragone, è come se gli emolumenti che dovrebbe percepire il Commissario Italiano alla spending review fossero calcolati quale media di quelli che sono devoluti a personalità che ricoprono lo stesso incarico presso altri Paesi, quali ad esempio Paesi Bassi, Austria, Irlanda e Finlandia. E se un Paese di questi non ha il Commissario alla spending review nessun problema, nella media si dovrà tener conto dello zero presente in un Paese dei quattro.
Infine, mi perdoni, giusto per rendere merito a chi ha così a cuore le nostre Forze Armate vorrei segnalare che il Ministero della Difesa ha già sacrificato, per il risanamento (o meglio mancato risanamento) delle casse dello Stato, nel triennio 2012-2014 oltre 1,7 miliardi di euro e oltre 500 milioni di euro li devolverà nel 2015 (come dispone il disegno di legge di Stabilità 2015-2017 attualmente all’esame del Parlamento).
Siamo pertanto a oltre 2,2 miliardi di euro che vengono prelevati da settori di spesa che sono il “core” delle Forze Armate. Il primo è il funzionamento – cioè la vita giornaliera dei nostri soldati, dai carburanti alle infrastrutture, dai ricambi alle manutenzioni, dagli equipaggiamenti alle munizioni, in poche parole dal loro addestramento quotidiano al loro impiego in sicurezza, fondi questi che, un buon analista ed un saggio economista, definirebbe: fondi per il sostegno diretto alle piccole e medie imprese italiane e che fanno anche aumentare l’occupazione.
Il secondo è l’investimento – cioè il futuro dei nostri soldati, dei loro mezzi e armamenti che dovranno essere rinnovati ed adeguati tecnologicamente, sempre perfettamente idonei per essere impiegati in tutti i contesti e insieme ai nostri partner Europei – Nato – Onu, senza rischiare di essere relegati a posizioni marginali per mancanza di affidabilità e/o capacità. Questo perché un mezzo o sistema d’arma non si può scoprire e comprare dall’oggi al domani, ma è il frutto di un lungo percorso fatto anche di intoppi e rallentamenti (come sta accadendo per l’F-35 ma come è successo anche per l’europeo EFA-2000); fondi questi che lo stesso buon analista e saggio economista definirebbe: fondi che fanno crescere il Prodotto Interno Lordo della Nazione e che fanno aumentare l’occupazione.
Affermazione quest’ultima confermata anche dall’UE che afferma: 100 milioni di fatturato da parte dell’industria della Difesa generano 150 milioni di PIL e 3 mila posti di lavoro qualificati.
Immagini: Alberto Scafella, Solovignette, Difesa.it, Governo.it,
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