Baghdad scopre solo ora di avere un "esercito fantasma”
Nell’esercito iracheno ci sono almeno 50 mila “soldati fantasma”, ovvero inesistenti, ma che comunque percepiscono il salario. O meglio, qualcuno lo percepisce per loro, secondo i risultati preliminari di un’indagine voluta dal governo guidato da Haider al Abadi che in Parlamento ha annunciato che le indagini sono ancora in corso e dovrebbero portare a scoprire molti altri militari inesistenti ma registrati presso i reparti e per i quali ogni mese viene pagato uno stipendio.
Il Washington Post ha sottolineato che le affermazioni di al-Abadi rappresentano una ulteriore indicazione della corruzione che affligge le forze armate irachene, che gli Usa e gli alleati hanno ricostruito e armato investendo miliardi di dollari anche se da anni Baghdad paga profumatamente le armi che riceve dagli Stati Uniti e da altri Paesi.
Lo scandalo suscitato dalla notizia dei “soldati fantasmi” fa un po’ sorridere poiché già dal 2004, quando prese vita il nuovo esercito iracheno, numerosi consiglieri militari della Coalizione che curavano l’addestramento delle reclute irachene riferirono di come i comandanti di reggimenti e brigate gonfiassero gli organici dei reparti per incassare gli stipendi di soldati inesistenti: una pratica diffusa che difficilmente avrebbe potuto consolidarsi senza il via libera dei vertici militari.
Diversi ufficiali alleati che ispezionavano le unità irachene riferirono di reparti che avevano una consistenza molto più modesta di quella dichiarata sulla carta. Del resto anche il reale arruolamento di reclute nelle forze armate e di polizia rappresenta una fonte di corruzione in Iraq come in molti altri Paesi incluso l’Afghanistan. Per essere arruolati occorre la “raccomandazione” e una volta nei ranghi i soldati sono poi costretti a versare per molto tempo ai superiori parte delle loro retribuzioni.
Dopo avere incassato gli stipendi di soldati inesistenti, il “pizzo” sulle paghe dei veri soldati e i fondi per l’addestramento dei reparti i comandi militari di Baghdad non avrebbero dovuto meravigliarsi delle diserzioni di massa e del crollo dell’esercito di fronte all’offensiva jihadista.
Al-Abadi ha affermato che i responsabili di questo stato di cose verranno identificati e puniti e le sue parole sono state accolte in Parlamento da un applauso ma è difficile credere che l’Iraq sia in grado di cancellare la corruzione dalle forze armate anche se sotto la minaccia del Califfato.
Il premier ha anche sottolineato che la priorità è ora far si che la pratica dei “soldati fantasma” cessi al più presto perché “continuiamo a perdere soldi”, tema quanto mai pressante considerato che Abadi ha ammesso ritardi nella stesura del budget annuale sottolineando l’impatto negativo determinato dal brusco calo del prezzo del petrolio, sceso in pochi mesi da 100 a 65 dollari al barile.
Da quando ha assunto il potere, al-Abadi ha sostituito decine di alti ufficiali che erano operativi e responsabili di importanti settori durante gli anni in cui è stato primo ministro il suo predecessore, Nouri al Maliki.
Gli ultimi a venire cacciati, sono stati 24 alti funzionari del ministero degli Interni. “Sono stati nominati nuovi dirigenti nel quadro della riforma dell’apparato di sicurezza… e per migliorare l’efficienza nella lotta al terrorismo”, si legge nel comunicato diffuso ieri dal governo iracheno.
Il portavoce del premier ha detto che la sterzata contro la corruzione, che avrebbe raggiunto livelli inediti durante il governo di Nuri al-Maliki, avrebbe toccato tutti i settori dell’amministrazione pubblica.
Foto Reuters, e Iraqi Army
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