Europa allo sfascio 3: per Frontex il soccorso in mare "non è coerente"

Prima ha lasciato l’Italia sola ad affrontare la marea di clandestini provenienti dalla Libia senza però rinunciare a “bacchettarla” ogni volta che un immigrato lamenta di non essere stato trattato con i guanti bianchi, poi l’Unione Europea si è decisa a inviare una sua missione navale nel Canale di Sicilia (Triton) ma, per risparmiare carburante e denaro, non intende impiegarla per salvare vite umane.

L’agenzia europea per il controllo delle frontiere Frontex è infatti “preoccupata” per i ripetuti interventi “fuori area” effettuati nelle ultime settimane nel Mediterraneo dalle navi dell’Operazione Triton oltre le 30 miglia marine dalle coste italiane (ed europee), vale a dire in un raggio d’azione che nei mesi scorsi è stato coperto dalle navi dell’operazione italiana Mare Nostrum impegnate nei soccorsi dei migranti.

Una lamentela che Frontex ha messo nero su bianco in una lettera inviata dal Direttore della divisione operativa, Klaus Rosler al Direttore dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Viminale, Giovanni Pinto in cui fa il punto sulla prima fase di attuazione della missione europea Triton. Dall’agenzia europea per la cooperazione alle frontiere esterne della Ue giunge un fermo richiamo sul fatto che le attivazioni impartite alle navi di portarsi “in zone poste fuori dall’area di operazioni di Triton” per prestare soccorso a imbarcazioni in difficoltà “non sono coerenti con il piano operativo e purtroppo non saranno prese in considerazione in futuro”.

Nella lettera si fa riferimento ad una serie di interventi di soccorso compiuti nelle scorse settimane. In particolare, il 20 novembre scorso il Centro operativo di controllo di Roma, dopo aver ricevuto una telefonata satellitare, ha dato istruzioni a un’unità di Frontex di recarsi sul punto localizzato dalle apparecchiature per verificare l’eventuale presenza di un’imbarcazione in difficoltà.

A questo proposito, “Frontex è dell’opinione che una telefonata satellitare non è di per sé un evento SAR (Search and Rescue, ricerca e soccorso), e raccomanda fermamente che siano intraprese azioni per investigare e verificare, e solo in seguito, in caso di difficoltà, attivare un altro assetto marittimo”.

Dalla missione europea, rileva Rosler, non si considera “necessario e conveniente sotto il profilo dei costi” l’utilizzo di ‘Opv’ (Offshore Patrol Vessel), i pattugliatori di Triton, “per queste attività di verifica iniziale al di fuori dell’area di operazioni”.

Non solo: il Centro operativo di controllo di Roma è invitato “a tenere in considerazione il luogo e la distanza tra i possibili obiettivi (in genere in area SAR libica) e gli assetti di Frontex dislocati nell’area di operazioni”.

Da Frontex suggeriscono poi di “coinvolgere i centri operativi di controllo più vicini” per quanto riguarda gli incidenti in prossimità delle coste libiche e in particolare il centro operativo di Roma, “qualora possa impegnare navi in prossimità delle persone in pericolo”, in modo da “portare a termine le operazioni di salvataggio”.

Di fatto Frontex e la UE dicono all’Italia di non coinvolgere più le loro navi nelle operazioni di soccorso dei clandestini perchè sono impegnative, costringono a operare in alto mare e costano troppo. Meglio se ne occupi la Marina italiana.

(con fonte Adnkronos)

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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