Iraq e Afghanistan: Il ministro conferma le anticipazioni di AD

 

Nell’intervento alle Commissioni Difesa ed Esteri di Camera e Senato il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha reso noti ieri gli sviluppi dell’intervento italiano nei teatri operativi iracheno e afghano confermando quanto anticipato nei giorni scorsi da Analisi Difesa.

Nel mese di gennaio partirà “un’ulteriore aliquota di nostri militari fino a raggiungere 280 unità complessive, parte dei quali costituiti da forze speciali” ha spiegato il ministro aggiungendo che riguardo all’impegno nazionale in Iraq, “stiamo implementando le misure previste, in particolare, oltre ai diversi lotti di munizioni di tipo ex-sovietico, provenienti dal carico sequestrato nel 1994, sono stati consegnati anche i sistemi contro-carro tipo ”Folgore”, già in uso nell’Esercito Italiano.

“Circa la nostra presenza militare in Teatro, sono schierati ed operativi tutti gli assetti aerei: il velivolo da rifornimento in volo KC-767 ha già compiuto decine di sortite operative; anche il sistema a pilotaggio remoto Predator e la componente da ricognizione tattica su  quattro velivoli Tornado, sono pienamente operativi.  Questo dispositivo – ha ricordato il ministro Pinotti – è perfettamente idoneo a contribuire alle operazioni alleate: la sorveglianza e la ricognizione svolgono un ruolo strategico per scoprire ed identificare le forze ostili che si sono disperse sul terreno”.

Relativamente alle attività di addestramento a favore dei militari iracheni, in particolare dei Kurdi, “queste vengono già sviluppate in Italia, per l’utilizzo e la manutenzione delle armi a loro cedute”. A partire dai prossimi giorni, “è previsto l’invio dei primi nostri militari in teatro. Essi opereranno in Iraq e in particolare nella regione curda, strettamente integrati con addestratori di altri Paesi della Coalizione multinazionale che giungeranno insieme ai nostri”.

Il Ministro non ha fornito dettagli sulla cooperazione con la Germania con cui, secondo fonti di Analisi Difesa, l’Italia dividerà il comando dell’operazione di consulenza e addestramento in Kurdistan ma ha confermato l’invio di forze speciali di cui questo giornale aveva  anticipato la richiesta da parte statunitense per compiti di assistenza alle forze irachene in prima linea.

Quanto all’Afghanistan il ministro ha reso noto che alla fine del 2015 resteranno in Afghanistan solo 70 soldati italiani, concentrati nella zona di Kabul dopo che “alla fine di ottobre 2015 terminerà la nostra presenza nella zona di Herat e rientrerà gran parte del contingente”.

L’Italia continuerà ad essere presente in Afghanistan anche dopo la fine dell’anno, “transiterà dall’attuale missione Isaf alla Resolute Support, con circa 750 militari che andranno a diminuire nelle settimane successive, senza scendere sotto il livello considerato tecnicamente necessario per la sicurezza della missione”.

Spiegando i termini della partecipazione italiana alla missione internazionale “Resolute Support” Pinotti ha spiegato che dopo alcuni mesi nell’ovest del Paese, nell’area di Herat, “la prima fase della missione si concluderà nel luglio del 2015”. “Poi”, ha aggiunto, “si procederà con una riconfigurazione delle nostre forze che avverrà in sintonia con il piano complessivo della missione, piano che prevede un progressivo concentramento nell’area di Kabul”.

In ogni caso, “i nostri soldati avranno compiti di addestramento dei soldati afgani senza avere compiti diretti di partecipazione alle operazioni di combattimento”.

“Continueranno inoltre a garantire la sicurezza della base di Herat dove opererà anche un contingente della Spagna. Nella Regione ovest opereranno anche l’Albania, la Lituania e l’Ucraina, oltre agli Stati Uniti. Anche Ungheria e Slovenia forniranno dei contributi, inseriti nello staff di comando della Brigata Julia, che verrà dispiegato in teatro a partire da febbraio” ha aggiunto il ministro, sottolineando che l’impegno sarà “pari a 160 milioni di euro” mentre la presenza media dei militari sarà di “500 unità” su base annua.
Il ministro ha ricordato “i nostri 54 Caduti” e i 650 feriti  in Afghanistan che definisce “il più alto tributo di sangue italiano mai versato in un Paese straniero sin dai tempi della Seconda guerra mondiale.

Circa la decisione della Corte Suprema indiana di respingere le richieste di far rientrare in Italia Salvatore Girone per un permesso natalizio e di prolungare la convalescenza in Patria di Massimiliano Latorre che deve subire un intervento chirurgico il ministro ha sottolineato che “il governo prenderà tutte le misure per rimediare a questa situazione.

Si tratta di un impegno fermo, stiamo considerando tutte le opzioni disponibili in Italia e anche la consultazione con il governo indiano. Siamo non solo delusi ma anche irritati dalla decisione della Corte Suprema indiana. Le istanze dei due marò erano di carattere puramente umanitario.

Ci eravamo consultati attentamente prima di presentare le istanze e ci aspettavamo un risultato diverso. La posizione di Salvatore Girone che rimane detenuto a Nuova Delhi è in cima ai nostri pensieri e rimane molto critica” ha aggiunto il ministro della Difesa.

Foto: Difesa.it, ISAF- RC-W

Questo il testo integrale dell’intervento del Ministro Pinotti

Signori Presidenti, Onorevoli Colleghi,
io aggiungerò, come detto in premessa dal collega Paolo Gentiloni, al quadro di situazione che lui ha fatto degli elementi specifici di riferimento rispetto all’impiego operativo o già esistente o che stiamo  approntando alle nuove missioni o alle missioni che si stanno trasformando come quella in Afghanistan.
Per ciò che riguarda l’Iraq e, in particolare, il contrasto internazionale all’ISIS, nelle ultime settimane possiamo registrare i primi positivi risultati dello sforzo militare condotto contro questa organizzazione. La sua espansione territoriale è stata arrestata, e si sono anzi registrati alcuni successi locali delle Forze irachene, che hanno riconquistato alcune località strategiche, soprattutto per la presenza di impianti energetici, fonte principale del sostentamento dell’Iraq e, quindi, della sua capacità di resistere all’ISIS.
Per ciò che riguarda l’impegno nazionale, stiamo implementando le misure di cui ho già dato conto lo scorso 20 novembre di fronte a queste Commissioni. In particolare, oltre ai diversi lotti di munizioni di tipo ex-sovietico, provenienti dal carico sequestrato nel 1994, sono stati consegnati anche i sistemi contro-carro tipo “Folgore”, già in uso nell’Esercito Italiano.
Circa la nostra presenza militare in Teatro, sono schierati ed operativi tutti gli assetti aerei che avevo elencato nel corso dell’ultima audizione.
Il velivolo da rifornimento in volo KC-767 ha già compiuto decine di sortite operative; anche il sistema a pilotaggio remoto Predator e la componente da ricognizione tattica su quattro velivoli Tornado, sono pienamente operativi.
Questo dispositivo nazionale, integrato nella Coalizione multinazionale, è al momento perfettamente idoneo a contribuire alle operazioni alleate, svolgendo un ruolo particolarmente importante in considerazione della natura del conflitto in atto. Nelle ultime settimane, infatti, dopo la neutralizzazione di un gran numero di strutture fisse e mobili delle forze dell’ISIS da parte dei velivoli della Coalizione, la sorveglianza e la ricognizione hanno assunto un ruolo ancor più strategico di prima, per la necessità di scoprire e identificare correttamente le forze ostili, che si sono ampiamente disperse sul terreno proprio per sfuggire agli attacchi.
Questa è la motivazione tecnica per il riscontrato “diradamento” delle operazioni di bombardamento da parte della Coalizione,. Cioè una nuova tecnica perché visti i successi delle azioni della Coalizione per quanto riguardo alle operazioni aeree, c’è stata una nuova tecnica assunta dai combattenti dell’ISIS che è stata quella di diradarsi molto di più e di dispendersi spesso in quelle che sono concentrazioni dove ci sono civili, quindi dove ci sono altre persone che non devono essere colpite.
Relativamente alle attività di addestramento a favore dei militari iracheni, in particolare dei Kurdi, queste vengono già sviluppate in Italia, per l’utilizzo e la manutenzione delle armi a loro cedute.
A partire dai prossimi giorni, è previsto l’invio dei primi nostri militari in Teatro. Essi opereranno in Iraq e in particolare nella regione curda, strettamente integrati con addestratori di altri Paesi della Coalizione multinazionale che giungeranno insieme ai nostri.
Un’ulteriore aliquota di nostri militari partirà nel mese di gennaio, fino a raggiungere la consistenza prevista di 280 unità complessive, parte dei quali costituiti da forze speciali.
Circa le modalità e, in particolare, la tempistica dell’inserimento nel Teatro operativo del nostro contingente, voglio ricordare come si tratti di un’operazione pianificata dal Comando alleato, nel quale opera  un nucleo di nostri militari, e condotta a livello di Coalizione.
Sulla base della pianificazione alleata, quindi, inseriamo le componenti addestrative di volta in volta necessarie a condurre le attività previste.
Anche in questo caso, come per la componente aerea, esiste quindi una perfetta simbiosi fra l’azione dell’Italia e quella degli altri partner della Coalizione, nonché con le Autorità locali, che è la linea che abbiamo deciso sin dall’inizio, l’accordo con le autorità iraqene. Lo dimostrano gli attestati di stima e i ringraziamenti giunti dalle Autorità del Governo regionale del Kurdistan e dal Comandante della Coalizione multinazionale (Gen. John Allen), anche espressi direttamente al Capo di Stato Maggiore della Difesa, nel corso della sua recente visita in Teatro. Quindi dal momento in cui ho fatto le comunicazioni al Parlamento noi siamo pronti, ma la necessità è quella di individuare esattamente mosse e tempi con la coalizione.
Passo ora invece al Teatro afgano, di cui già il Ministro degli esteri ha spiegato esattamente la natura della nuova missione e la condizione generali, dandoci anche un quadro di situazione molto interessante per i rapporti diretta avuti con le Autorità afgane. Le condizioni di sicurezza rimane particolarmente critica, per il permanente attivismo delle milizie talebane, come del resto evidenziato dal disumano attentato compiuto contro i bambini di una scuola in Pakistan.
Come disposto dall’art. 2, comma 3-bis del decreto legge 1° agosto 2014, n. 109, convertito poi nella legge 1° ottobre 2014, n. 141, in questa sede il Governo è tenuto a riferire circa i suoi intendimenti in tema di presenza militare italiana in Afghanistan, oltre la data del 31 dicembre 2014, ovvero oltre il termine dell’attuale missione ISAF.
L’Italia ha svolto un ruolo estremamente importante, nel contesto della vasta coalizione formatasi all’indomani degli attacchi terroristici dell’Undici Settembre 2001. Negli anni, abbiamo avuto la responsabilità di operare nell’area della Capitale e poi soprattutto nell’area occidentale dell’Afghanistan, con capoluogo Herat, assumendo il ruolo di “nazione quadro” di questa regione e coordinando quindi anche le attività militari degli altri Paesi che hanno lì operato.
Insieme agli alleati, abbiamo contribuito in maniera sostanziale alla stabilizzazione della sicurezza e al ripristino del controllo sul territorio da parte delle legittime Autorità afgane.
Quindi non facciamo ora un bilancio ma dobbiamo ricordarci, questo si, che lì ci sono – oltre che tutti gli anni in cui abbiamo operato e tante risorse-  54 Caduti, il più alto tributo di sangue italiano mai versato in un Paese straniero sin dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.  Né possiamo dimenticare gli oltre 650 feriti.
Tornando ai passi compiuti dalla Comunità internazionale, sin dal 2012 fu deciso di predisporre una nuova missione multinazionale, dedicata esclusivamente all’addestramento e al supporto logistico alle Forze di sicurezza afgane, quindi senza compiti di combattimento.
Dopo il laborioso processo elettorale che ha infine condotto all’elezione del nuovo Presidente, le Autorità governative di Kabul hanno nuovamente manifestato la loro volontà di avere il sostegno della Coalizione a guida NATO, completando il 30 settembre la sottoscrizione del nuovo accordo in tema di status giuridico delle Forze militari straniere presenti sul suolo afgano dopo il 31 dicembre 2014 e ratificandolo in Parlamento il 27 novembre.
Il 2 dicembre, il nuovo Presidente Ashraf Ghani ed i Ministri degli Esteri della NATO, convenuti a Bruxelles, come detto dal Ministro degli Esteri, hanno quindi emanato una dichiarazione comune per l’avvio, dal 1° gennaio 2015, della nuova missione Resolute Support.
Anche le Nazioni Unite si sono espresse, molto recentemente, sul tema. Il 12 dicembre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato all’unanimità la Risoluzione 2189.
Si sono così realizzate le condizioni previste dal decreto legge che ho citato in apertura, condizioni necessarie affinché il Governo potesse sottoporre al Parlamento la decisione sulla nostra partecipazione alla Missione Resolute Support, insieme agli altri 27 Paesi della NATO e a 21 Paesi partner.
L’intendimento del Governo è, quindi, quello di procedere con una nostra partecipazione alla missione multinazionale a guida NATO che prevede, per alcuni mesi del 2015, la nostra presenza nella Regione Occidentale e, in particolare, nell’area di Herat.
Più esattamente, prevediamo di transitare col nuovo anno dalla Missione ISAF alla Resolute Support, impiegando all’inizio circa 750 militari, che andranno a diminuire nelle settimane successive, senza scendere sotto il livello considerato tecnicamente necessario per la sicurezza della missione.
I nostri militari avranno il compito di continuare ad addestrare i militari afgani, senza avere compiti diretti di partecipazione alle operazioni di combattimento. Continueranno, inoltre, a garantire la sicurezza della Base di Herat, da dove opererà anche un Contingente fornito dalla Spagna. Nella Regione ovest opereranno anche l’Albania, la Lituania e l’Ucraina, oltre agli Stati Uniti. Anche Ungheria e Slovenia forniranno dei contributi, inseriti nello staff di comando della Brigata Julia, che verrà dispiegato in Teatro a partire da Febbraio.
Questa prima fase della Resolute Support si concluderà nel luglio del 2015. A partire da quella data, come previsto dalla pianificazione NATO, si procederà con una riconfigurazione delle nostre Forze che avverrà in sincronia con il piano complessivo della Missione, piano che prevede un progressivo concentramento nell’area di Kabul.
Alla fine di ottobre 2015, quindi, terminerà la nostra presenza nell’area di Herat e rientrerà gran parte del Contingente. A fine anno, secondo le attuali pianificazioni, rimarranno in Afghanistan, nell’area della Capitale, circa 70 nostri militari.
Per effetto di questa pianificazione, nel corso del 2015 la presenza media dei nostri militari si attesterà su 500 unità.
Relativamente agli oneri, per l’anno 2015 prevediamo un impegno pari a 160 milioni di euro, tratti dal fondo per le Missioni internazionali inserito nella Legge di Stabilità.

Passo adesso, dopo diciamo le relazioni per quanto riguarda le nostra presenza in Teatro, le nostre programmazioni, ad un commento quanto già detto dal Ministro degli esteri sulla vicenda , come ha detto lui, trattiamo alla fine delle nostre comunicazioni non certo perché non sia la prima nei nostri pensieri.
Come ha detto il Ministro Gentiloni, siamo non solo delusi, ma anche irritati dalla decisione della Corte Suprema indiana. Le istanze di Salvatore Girone e Massimiliano La Torre erano solo di carattere puramente umanitario, ci eravamo consultati attentamente  prima della presentazione delle istanze e ci aspettavamo un risultato diverso.
La posizione di Salvatore Girone che rimane a Nuova Delhi, è quella che in questo momento è in cima ai nostri pensieri, e rimane certamente molto critica. La sua detenzione in India da quasi tre anni reca particolare disagio e il Governo prederà tutte le misure per rimediare a questa situazione.
Massimiliano La Torre è in Italia sotto cure mediche, la sua salute e il recupero rappresentano una priorità per il Governo e nulla verrà fatto per mettere a rischio questa situazione; si tratta di un impegno fermo, stiamo considerando tutte le opzioni disponibili in Italia e anche la consultazione da fare, diciamo, con il Governo indiano.
Il Capo La Torre e il Capo Girone sono organi dello Stato, erano in funzione ufficiale, l’Italia ha la responsabilità su di loro e ad essa non si sottrarrà. E’ nell’interesse dell’India, che impiega molte truppe in operazioni internazionali all’estero riconoscere e sostenere l’immunità dei nostri marò davanti ai tribunali indiani.
Anch’io auspico, come ha fatto il Ministro degli Esteri, che in questo momento che è difficile sicuramente per i nostri due fucilieri, è difficile per il Governo, ma io ritengo certamente per il Parlamento che ha seguito questa vicenda passo passo, ma è difficile per Paese, riuscire a dare un risposta che io spero, sia forte, ma anche unitaria, perché di questa unità abbiamo bisogno.

 

 

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