Soldati robot operativi nel 2019 ?

 

 

Nel gennaio 2014 il generale americano Robert Cone, all’epoca comandante del TRADOC (US Army Training and Doctrine Command), aveva richiamato una certa attenzione parlando di prossime riduzioni nella Forza Armata – da 540 a 490 mila effettivi per la fine del 2015 – e ipotizzando anche una riduzione organica delle brigate da 4 mila a 3 mila uomini. Non solo.

Secondo il generale Cone sarebbe inoltre previsto entro l’anno 2019 un’ulteriore riduzione di 70 mila uomini ma soprattutto, come ha espressamente dichiarato, la diminuzione dei militari potrebbe venir compensata dall’impiego di robot e piattaforme mobili di fuoco UGV (Unmanned Ground Vehicle).

Alle sue parole ha fatto eco il generale Keith Walker, all’epoca direttore dell’ARCIC (US Army Capabilities Integration Center, centro-studi inserito nel TRADOC), che in una lunga intervista, forse nell’intenzione di smorzare i toni, ha precisato che in realtà bisogna considerare almeno tre fasi di sviluppo: una sul breve, una sul medio ed una sul lungo termine, ipotizzando che sarà in quest’ultima, verso gli anni 2030-2040, che verrà definitivamente realizzato il completo e sostanziale rinnovamento delle forze in termini di elevata tecnologia.

Questo il target e la tempistica finali. Va da sé che il processo è comunque in corso dato che, evidentemente, il target presuppone steps successivi di sviluppo e sperimentazione che allo stato attuale, nonostante tutto questo sembri appartenere ad un futuro ancora molto lontano, in realtà si trovano già in una fase di progettazione avanzata.

Nel 2009 è stato infatti presentato dalla Boston Dynamics (azienda pilota) il prototipo del soldato-robot “Petman” (Protection Ensemble Test Mannequin) (video), un robot umanoide in grado di muoversi alla velocità di 7 km/h, piegarsi ed articolare le estremità, alto m.1.75 e pesante 80 kg, progettato inizialmente per testare gli effetti degli aggressivi chimici sui soldati e sull’equipaggiamento e, a tale scopo, dotato di un sistema integrato di sensori diffusi sull’intera superficie corporea reattivi a calore, umidità ecc.

Sempre la stessa azienda ha poi presentato nel luglio 2013 il successivo step, il robot “Atlas” (video) in grado di muoversi su terreni accidentati mantenendo l’equilibrio (ha la capacità di rimanere in piedi con una gamba sola anche se colpito da sagome o proiettili). E’ realizzato in alluminio aeronautico e titanio, è alto m. 1.80, pesa 150 kg., ha mani prensili, è dotato di un sistema di visione telemetrico laser e telecamere stereoscopiche collegate al computer di coordinamento delle funzioni, ed il controllo remoto da parte di un operatore viene effettuato in modalità wireless.

Per le Forze Armate USA il promoter in questo settore è l’agenzia ministeriale della difesa DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), che sviluppa progetti a steps successivi  mediante un concorso denominato DRC (Darpa Robotics Challenge)
fissando, attraverso i vari passaggi, i livelli prestazionali richiesti al robot.

Ecco quelli attuali, interessanti per comprendere il grado di sviluppo del progetto che risulterà vincitore nel giugno 2015 ottenendo un premio di 2 mln di dollari: guida di veicolo – uscita da veicolo – apertura di porta e passaggio attraverso di essa – rimuovere detriti – utilizzare un utensile da taglio per praticare un foro in una parete – raggiungere attraverso un’apertura una valvola ed aprirla – attraversare un campo con presenza di detriti/tubazioni – inserire una presa – salire delle scale con una ringhiera di lato – manipolazioni.

Restano da definire le possibilità d’impiego dei robot umanoidi che al momento, pur avendo straordinarie ma comunque limitate capacità, sostanzialmente riguardano interventi di qualche genere in ambienti nuclearizzati, altamente contaminati, di condizioni ambientali estreme o comunque non praticabili per gli esseri umani.

Secondo il New York Times, i responsabili dell’agenzia DARPA hanno precisato che il robot non è destinato all’uso di sistemi d’arma, ma il suo scopo è quello di coadiuvare i militari in un contesto di calamità o disastri naturali (è stato fatto l’esempio di Fukushima).

La questione però, alla luce delle parole del generale Cone (diminuzione di soldati e introduzione di robot) e del generale Walker (sviluppo sul breve, sul medio e sul lungo termine), probabilmente è da intendersi riferita allo stato attuale della progettazione, non potendo certo gli attuali responsabili del DARPA ipotecare quelli che saranno i futuri sviluppi né le future esigenze.

Resta da chiarire il preciso riferimento all’anno 2019 dato che, forse non è un caso, è lo stesso anno indicato anche dalla Federazione Russa per la realizzazione dei propri robot militari, così come riporta “The Voice of Russia” citando Oleg Marianov, un autorevole membro della Commissione per l’Industria Militare.

In realtà già da alcuni anni le Forze Armate russe hanno in sperimentazione veicoli cingolati comandati a distanza armati di mitragliatrici e missili a testata cumulativa o termobarica. Attualmente l’attenzione sarebbe principalmente rivolta all’elaborazione dei sistemi anticarro ed in particolare del Kornet EM montato su veicolo blindato “Tigr” (una sorta di “Lince” russo).

Il successivo passaggio riguarderà lo sviluppo di macchine capaci di operare autonomamente, in grado cioè di identificare da sé stesse il bersaglio ed aprire il fuoco senza interventi dell’operatore umano.  Americani e russi non sono i soli naturalmente ad interessarsi a questi sviluppi della tecnologia militare. Le Forze Armate israeliane già sono equipaggiate con l’apprezzato veicolo UGV “Guardium” (video), impiegato per attività di pattugliamento dei confini e perimetri di siti sensibili.

Nel Regno Unito, presso il Defence Science and Technology Laboratory, è invece in fase di sperimentazione il robot “Porton Man” (video), equivalente dell’americano “Petman”, realizzato con componenti in carbonio ripresi direttamente dalla Formula Uno, che consentono di contenere il peso a livelli estremi (14 kg contro 80 kg del “Petman”).

Un’incognita è rappresentata dalla Cina, di cui si conoscono sviluppi di veicoli UGV analoghi a quelli russi, ed anche un forte interesse per i robot americani basati sull’imitazione dei movimenti animali. Questa potrà sembrare una bizzarria, eppure gli USA hanno sviluppato vari tipi di robot di questo genere.

Ecco i più importanti: il robot-mulo “BigDog” (video), capace di 150 kg di carico; il robot-bue dei Marines “AlphaDog” (video), caricabile fino a 180 kg per 30 km e con 24 h di autonomia; il robot-cane “Cheetah” (video)che raggiunge la velocità di 45 km/h, ed infine il robot-millepiedi “Rise” (video).

L’elenco non è completo, vari altri robot ispirati alle forme ed alle capacità animali sono in arrivo, ognuno ispirato alle prospettive culturali dei progettisti, come per esempio il caso del robot armato cinese a forma di granchio “Walkercrab”

L’anno 2019 dunque vedrà certamente un’estesa presenza di applicazioni militari della robotica ma non solo, si vedrà anche una robotizzazione del soldato. Anche questo potrà apparire una bizzarria, ma è già una realtà.

Un esoscheletro denominato “Talos”  da indossare per aumentare la potenza, la velocità e la resistenza fisica, in grado di rinfrescare o riscaldare, di segnalare la compromissione di funzioni vitali, è già in sperimentazione, e se ne prevede la distribuzione verso il 2018,  a ridosso dunque di quel fatidico anno 2019 che in qualche misura sembra destinato a portare la fantascienza dei robots nel mondo militare.

Foto Darpa, web, US DOD

 

 

Padovano, classe 1954, è Colonnello dell'Esercito in Ausiliaria. Ha iniziato la carriera come sottufficiale paracadutista. Congedatosi, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza ed è rientrato in servizio come Ufficiale del corpo di Commissariato svolgendo incarichi funzionali in varie sedi. Ha frequentato il corso di Logistic Officer presso l'US Army ed in ambito Nato ha partecipato nei Balcani alle missioni Joint Guarantor, Joint Forge e Joint Guardian.

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