TRUPPE ITALIANE IN KURDISTAN PER LA GUERRA AL CALIFFATO

 

Indiscrezioni raccolte presso diverse fonti hanno consentito ultimamente ad Analisi Difesa di anticipare i dettagli della partecipazione italiana all’operazione “Resolute Support” a Herat, di rivelare il programma di addestramento specialistico di militari somali presso il 9° reggimento Col Moschin e ora di fare il punto sull’imminente schieramento delle forze italiane in Iraq nell’ambito dell’Operazione “Inherent Resolve”.

Dell’operazione a guida statunitense si attende da tempo la definizione di un nome italiano dopo che i più importanti Stati Occidentali che hanno aderito alla Coalizione hanno battezzato le operazioni nazionali: Shader per i britannici, Chammal per i francesi, Impact per i canadesi e Okra per gli australiani.

Dopo settimane di serrate trattative con gli alleati europei il comando statunitense della Combined Joint Task Force  che dirige le operazioni per conto del Central Command dal Quartier generale in Kuwait alla fine l’Italia ha ottenuto di schierare le il contributo terrestre alla Coalizione nel Kurdistan iracheno.

Il contingente dell’Esercito che dovrà appoggiare gli iracheni nella lotta contro lo Stato Islamico verrà infatti dislocato in una base situata all’aeroporto di Erbil, capoluogo del Kurdistan, dove sono già presenti consiglieri militari e forze speciali statunitensi, britannici, francesi e  tedeschi e dove l’Italia è presente da tempo con alcuni ufficiali di collegamento assegnati al comando alleato.

Roma premeva per inviare il contingente nella regione curda resistendo alle pressioni esercitate dagli alleati che si erano già posizionati in forze a Erbil e intendevano inviare la missione di consulenza e addestramento italiana in altre aree dell’Iraq comprese tra Baghdad e Nassiryah.

Da quanto appreso le truppe italiane verranno invece inquadrate in un comando congiunto con la Germania che vedrà alternarsi ogni sei mesi un comandante tedesco e uno italiano, in quest’ordine, a cominciare dall’inizio da gennaio 2015.

Ai tedeschi, che hanno già installato a Erbil una loro base che gestisce l’afflusso e la distribuzione degli ingenti aiuti militari forniti da Berlino ai curdi (per un valore di 80 milioni di euro) si uniranno anche contingenti minori forniti a quanto sembra da Olanda, Belgio e Danimarca mentre agli italiani potrebbero aggregarsi nuclei di consiglieri militari da Grecia e Serbia.

Sembra confermato che i militari italiani assegnati alle operazioni contro lo Stato Islamico siano 525. Di questi 220 appartengono all’Aeronautica e sono già operativi in tre diverse basi aeree del Kuwait con un aereo da rifornimento Boeing KC 767A, 2 droni Predator e 4 bombardieri Tornado impiegati per ora solo con compiti di ricognizione intelligence.

L’Esercito trasferirà quindi a Erbil circa 250 militari tra consiglieri militari incaricati di assistere e addestrare le forze curde e irachene (circa 100 unità), reparti logistici, unità per la sicurezza della base e, a quanto sembra, anche 4/5 elicotteri del tipo NH-90 per compiti di trasporto ed evacuazione di feriti.

Si tratta di velivoli dell’Aviazione dell’Esercito già impiegati da tempo in Afghanistan dove è in atto un ritiro che coinvolge anche i reparti elicotteristici.

A Herat resteranno fino ad agosto 2015 circa 800 militari con 6/8 elicotteri tra Mangusta da attacco e NH-90 da trasporto mentre in Kurdistan non sembra previsto l’impiego di elicotteri da attacco poiché la missione italiana esclude per ora il combattimento.

Da Roma continuano intanto a pervenire ai peshmerga curdi  forniture di armi e munizioni, per lo più proiettili da mitragliatrice pesante calibro 14,5 millimetri (che l’Italia sequestrò negli anni ’90 su un cargo diretto in ex Jugoslavia) e le tanto attese  armi anticarro portatili, i lanciarazzi  Folgore  radiati anni or sono dall’esercito italiano.

Una cinquantina di militari italiani saranno invece assegnati a compiti di consulenza presso i comandi iracheni a Baghdad  e presso il quartier generale dell’operazione “Inherent Resolve”,  guidata dal Kuwait dal generale statunitense James Terry
che ha riferito di una forza di consiglieri militari composta da 3.100 statunitensi e 1.500 alleati che avranno il compito di  addestrare in pochi mesi 20/30 mila reclute irachene in vista della controffensiva per liberare i territori settentrionali e occidentali occupati dai jihadisti

Almeno una parte dei  compiti addestrativi potrebbero venire assegnati presto a una nuova “training mission” della NATO chiesta ufficialmente dal governo di Baghdad  e attuabile sulla falsariga di quella già attiva nel Paese dal dicembre 2004 al novembre 2011 e che venne ritirata dal Paese insieme alle ultime forze statunitensi.

Infine non si può escludere che Roma decida di inviare in Iraq anche unità di forze speciali, richieste dal comando  statunitense agli alleati per costituire team da aggregare ai reparti curdi e iracheni in prima linea. Unità di questo tipo statunitensi, britanniche e australiane sono già presenti sul campo nei settori di Mosul, Baji e Ramadi e secondo alcune voci sarebbero già state coinvolte nei combattimenti.

Altri Paesi della NATO, come la Spagna (che ha inviato in Iraq 300 consiglieri militari), avrebbero già messo a disposizione unità di forze speciali pur con limiti specifici d’impiego in prima linea (i noti “caveat”  già applicati in Afghanistan dai diversai contingenti di ISAF) rispetto ai reparti anglo-sassoni.

Non è chiaro se l’Italia aderirà alla richiesta statunitense anche se il ritiro di gran parte degli uomini della Task Force 45 (l’unità SF interforze) dall’Afghanistan Occidentale rende disponibili per nuovi impieghi i reparti di incursori e di forze per operazioni speciali.

L’impiego di un reparto simile in contesti di prima linea in Iraq dovrebbe però coincidere con un ampliamento della missione anche in termini di mezzi assegnati inclusi veicoli terrestri Lince ed elicotteri da trasporto CH-47 nella versione ad hoc per le forze speciali.

Della missione italiana in Iraq e Kuwait non sono ancora note le previsioni di spesa ma tenuto conto dei mezzi aerei,  delle forze messe in campo e dello sforzo logistico una stima attendibile potrebbe essere di circa 150 milioni di euro annui.

Foto: AP, Bundeswehr, Nato Training Mission Iraq, G. Gaiani

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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