Un principe arabo denuncia l'islamismo

di Daniel Pipes (foto a sinistra)

da L’Opinione delle Libertà del  20 dicembre 2014
Pezzo in lingua originale inglese: An Arab Prince Denounces Islamism
Traduzione di Angelita La Spada

In un discorso straordinario ma finora passato inosservato, il 5 dicembre, Salman bin Hamad Al-Khalifa, principe ereditario del Bahrein (una piccola isola del Golfo Persico che è anche un regno e quartier generale della Quinta flotta navale americana), ha effettuato un’analisi schietta del nemico islamista e ha proposto soluzioni importanti per combatterlo.

Il principe avrebbe molto da insegnare agli occidentali (a partire dal suo sfortunato omologo britannico, il principe ereditario Carlo), se solo fosse ascoltato. Sì, è vero, alcuni leader occidentali parlano di affrontare l’ideologia islamista, ma la maggior parte di essi evita il problema ricorrendo ad eufemismi, mistificazioni e alla codardia. Più deludenti sono quei leader (come Tony Blair) che pronunciano discorsi incisivi ma che lasciano il tempo che trovano.

Il 45enne principe Salman (nella foto a sinistra) , ampiamente considerato come il membro della famiglia reale del Bahrein più aperto alle riforme, ha aperto il suo discorso sollevando la questione dell’inesattezza della locuzione “guerra al terrore”. “È arrivato il momento”, egli ha detto “per noi di sbarazzarci” di un’espressione che risale all’11 settembre. “È un po’ fuorviante, non è l’interezza né la totalità del nostro conflitto” ma è semplicemente un “mezzo” e una tattica.

Poi, proseguendo in un inglese impeccabile, il principe ha collocato l’attuale conflitto in un contesto storico: “Se ripenso al secolo scorso, devo ammettere, che abbiamo affrontato un avversario molto diverso. Abbiamo affrontato il comunismo, e lo abbiamo fatto insieme. Ma affrontandolo, sapevano che si trattava di un’ideologia. Il terrorismo non è un’ideologia”.

Egli ha anche osservato che “non stiamo solo combattendo i terroristi, stiamo combattendo i teocrati”. Per teocrati, Salman intende quegli uomini che sono posti “ai vertici di un’ideologia religiosa e che detengono il potere, in virtù di un editto religioso, di privare qualcuno (…) dell’avvenire – e usano (il potere religioso) per finalità politiche”.

Essi sono tiranni, isolazionisti e misogini che dovranno essere combattuti “per un tempo molto lungo”. Salman li disprezza perché “hanno una mentalità molto simile a quella del diciassettesimo secolo” e “non trovano posto nel nostro moderno ventunesimo secolo”. Il principe ci invita “a eliminare l’espressione ‘guerra al terrore’, concentrandoci piuttosto sulla reale minaccia, che è costituita dall’ascesa di queste teocrazie malvagie”; a tal uopo, egli propone di sostituire la locuzione “guerra al terrore” con quella da lui coniata di “guerra ai teocrati”.

Salman spera che questo concetto permetterà di “iniziare a far convergere le politiche militari, sociali, politiche – e forse anche economiche – in modo olistico, per contrastare questo fenomeno, come abbiamo fatto con il comunismo”. In quella che forse è la parte saliente del discorso, egli afferma che “deve essere combattuta l’ideologia stessa.

Essa va menzionata, screditata, contenuta e alla fine sconfitta”.
Finora, è tutto perfetto. Ma Salman evita la realtà amara che l’ideologia “perversa” e “barbara” che egli descrive è tipicamente islamica e i teocrati sono tutti musulmani: “Questa guerra in cui siamo impegnati non può essere mossa contro l’Islam, (…) il Cristianesimo, (…) l’Ebraismo, (…) il Buddismo”. Pertanto, al momento di dare un nome a questa ideologia, il principe esita e generalizza. Egli utilizza un neologismo non appropriato (“teo-crisma”), poi rammenta la Seconda guerra mondiale per la sua “teocrazia fascista”. Rigetta implicitamente “l’islamismo” dicendo di non volere avviare “un dibattito su certi partiti politici, che siano islamisti o no”.

A mio avviso, islamismo è esattamente il termine che secondo Salman meglio definisce l’ideologia nemica; e noi siamo impegnati in una “guerra contro l’islamismo”. Salman comprende bene il problema, ossia la trasformazione dell’Islam in un’ideologia totalitaria.

Ma si rifugia dietro il pretesto che il Cristianesimo, l’Ebraismo e il Buddismo condividono questa afflizione. Sarebbe meglio che lui – e anche altri musulmani senza peli sulla lingua – accettasse la realtà ineluttabile che solo l’Islam ha una propensione al totalitarismo.
Il lato positivo è che le osservazioni di Salman sono in sintonia con una tendenza crescente fra i politici musulmani direttamente finalizzata ad affrontare il pericolo islamista. Ecco due esempi recenti:

•    In un’importante svolta concettuale, il vicino governo degli Emirati Arabi Uniti ha inserito il Council on American-Islamic Relations (CAIR) e molti altri gruppi non violenti nella lista delle organizzazioni terroristiche perché istiga, finanzia e fa molte altre cose a favore del terrorismo.

•    L’Interpol ha spiccato un mandato d’arresto per Yusuf al-Qaradawi (nella foto a simistra), 88 anni, l’influente leader spirituale dei Fratelli musulmani, che è anche ricercato dalle autorità egiziane con l’accusa di “incitamento e collaborazione nel commettere omicidi, aiuto nell’evasione di detenuti, incendi dolosi, atti vandalici e furti”.”

Questa nuova tendenza riveste una grande importanza. Come spesso dico, l’Islam radicale è il problema e quello moderato è la soluzione. Ora, possiamo aggiungere un altro leader influente, anzi un principe ereditario, alla schiera di quei musulmani desiderosi di trovare una soluzione.

Foto: Screenshot via AP, Stato Islamico, IISS

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