A Kabul il "green on blue" non risparmia i contractors
Alle 6.40 pm locali del 29 gennaio, nella base militare adiacente all’aeroporto internazionale di Kabul, un attentato rivendicato dai Talebani ha provocato la morte di 3 contractors americani ed il ferimento di un quarto. Tra le vittime anche il presunto attentatore afghano.
Anche se gli inquirenti non confermano e preferiscono attendere l’esito delle indagini, si tratterebbe dell’ennesimo attacco “Green-on-Blue”: l’attentatore, dopo essersi infiltrato da mesi o anni nelle Forze Armate o di Polizia afghane a contatto con la NATO, apre improvvisamente il fuoco sui militari della Coalizione. Il picco di tali pratiche è stato raggiunto nel 2012 con 37 attentati e 51 vittime, 32 delle quali americane.
(tra di loro anche il Maggiore Generale Harold J. Greene, la vittima più alta in grado di tutta la Guerra in Afghanistan!). Anche i nostri alpini sono stati coinvolti con la morte del caporalmaggiore Luca Sanna e il ferimento del caporalmaggiore Luca Barisonzi, costretto da allora su di una sedia a rotelle.
Oltre al pesante tributo di vite umane, questa tipologia di aggressione va a deteriorare l’interazione tra forze afghane e della Coalizione multinazionale con un clima di costante timore obbligando tutti a girare armati, anche in aree finora ritenute sicure.
Il compound teatro della vicenda è un dinamico centro per le operazioni aeree della Coalizione nonché la principale base dell’Aeronautica Afghana.
Prima del recente ridimensionamento ospitava 4000 tra militari e contractors di più di una dozzina di Paesi.
In Afghanistan rimangono attualmente 39.609 contractors (14.222 americani, 10.119 di altri Paesi e 15.268 locali) con una riduzione del 12% rispetto al 4 quarto trimestre del 2014; tali numeri sono destinati a ridursi ulteriormente secondo aliquote prestabilite. I settori di competenza variano dalla logistica ai servizi di manutenzione, dai trasporti all’assistenza medica, dalle costruzioni all’interpretariato; quelli che si occupano di sicurezza sono 1.511 (317 americani, 839 di Paesi terzi e 355 afghani)
I soldati della Coalizione invece, che a partire dal 1 di gennaio fanno parte dell’operazione “Resolute Support” sono circa 12.000, principalmente statunitensi. I nuovi incarichi di assistenza ricoperti da militari e contractors richiedono sempre più strette relazioni col personale locale, aumentando considerevolmente i rischi. Quello di giovedì è stato il primo “Green-on-Blue” da quando la NATO e gli USA hanno formalmente terminato le operazioni militari in Afghanistan.
Da allora, non solo i Talebani hanno intensificato i loro attacchi, ma con un ridotto numero di militari occidentali, la loro attenzione si è maggiormente concentrata sul personale civile di sicurezza. Una tendenza questa iniziata, per la verità, già nel 2010 quando il numero di caduti in uniforme in Iraq ed Afghanistan è stato superato da quello dei contractors.
Osservando dati del Dipartimento del Lavoro relativi al periodo Ottobre 2013 – Ottobre 2014 i contractors caduti alle dipendenze del Governo Americano (e per cui è stato predisposto un risarcimento) sarebbero 103; i militari caduti nello stesso intervallo temporale sono stati invece 81. Ovviamente, considerando l’impiego di personale locale e di altri Paesi, i dati della previdenza U.S.A. sono sicuramente più approssimativi e tendenti al ribasso
Tali numeri manifestano una riduzione in numero ed impiego degli uni ed una maggior presenza e visibilità degli altri. Nell’Afghanistan del 2015 gli attacchi agli occidentali, “Green-on-Blue” o di altra forma – non sono quindi destinati a diminuire…variano solamente i bersagli!
Foto CNN, Nextnewsnetwork, NBC News,John Moore/Getty Images
Pietro OrizioVedi tutti gli articoli
Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.