Contrordine di Hollande: Parigi non interverrà in Libia

A dispetto delle dichiarazioni rilasciate a Capodanno dal ministro della Difesa, Jean Yves Le Drian, la Francia non interverrà in Libia. Lo ha detto oggi  il presidente francese Francois Hollande in un’intervista alla radio France Inter, sottolineando i già molteplici impegni militari della Francia.

“La Francia non interverrà in Libia, spetta alla comunità internazionale farlo” ha detto il presidente ricalcando di fatto la posizione del governo italiano. Quanto all’ipotesi che la Francia partecipi a un’operazione sotto l’egida Onu, il capo dell’Eliseo ha sollecitato “un mandato chiaro”, “un’organizzazione chiara” e le “condizioni politiche” perché questa si realizzi”.

Puri sogni in una missione ONU come ben sa lo stesso Hollande che infatti ha ammesso che “non stiamo andando in questa direzione”.

Mentre respinge l’ipotesi di un intervento unilaterale Hollande non sottovaluta comunque i rischi della situazione libica. In questo paese “vi sono importanti focolai di terroristi”, ha detto, ma questi “devono sapere che li colpiremo ogni volta che usciranno dai loro covi”.

Il presidente francese ha poi aggiunto di “rimpiangere” di non essere intervenuto in Siria nell’agosto 2013, quando il regime di Bashar Assad fece uso di armi chimiche.

Affermazione curiosa sia perchè non è mai stato dimostrato con bcertezza che le armi chimiche impiegate alla periferia di Damasco fossero quelle del regime (secondo molte fonti i ribelli salafiti avevano ricevuto gas nervino dall’intelligence saudita) sia perché l’inquilino dell’Eliseo rinuncia a colpire gli islamisti in Libia pur ammettendo che sono una  minaccia per la Francia ma rimpiange di non aver fatto cadere con le armi l’unico regime che in Medio Oriente fa davvero la guerra a quegli stessi jihadisti.

Resta il dubbio che Parigi (come Roma e l’intera Europa) non intervenga in Libia per non dover combattere il fronte islamico “Alba della Libia” sostenuto da quell’emirato del Qatar che investe decine di miliardi in Europa e che, guarda un po’ la coincidenza, è acerrimo nemico del regime laico siriano di Bashar Assad.

Meglio non  farsi illusioni. Se la politica estera della Francia e dell’Europa vengono dettate da Doha resteremo tutti ad aspettare la vittoria degli islamisti (Fratelli Musulmani, salafiti, qaedisti di Ansar al-Sharia e seguaci dello Stato Islamico dell’Emirato di Derna) lasciando all’alleanza tra Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Russia il compito di aiutare il governo libico a tenere testa all’insurrezione.

A dimostrare quanto siano assurde le posizioni assunte da Matteo Renzi e Francois Hollande circa l’ipotesi di un negoziato di pace e di un intervento dell’ONU in Libia è giunto lunedì lo stop ai colloqui tra le parti mediati dall’inviato speciale del Palazzo di Vetro, Bernardino Leon, colloqui rinviati “sine die”.

Sul campo di battaglia le forze aeree (cacciabombardieri Mig 21 e Mig 23)  del governo riconosciuto dalla comunità internazionale ha confermato di avere compiuto, nel fine settimana un attacco aereo contro la petroliera Araevo, battente bandiera liberiana, nel porto di Derna, città nell’est del Paese controllata da milizie islamiste legate allo Stato islamico.

La notizia era stata data in precedenza da una fonte della Guardia Costiera greca che aveva confermato la morte di due membri dell’equipaggio tra un greco.

Le forze aeree libiche hanno aperto il fuoco “dopo che l’equipaggio ha rifiutato di ascoltare gli ordini di fermarsi” ha riferito il portavoce dell’aviazione colonnello Ahmed Mesmari, aggiungendo che la nave “aveva spento le luci e si preparava per entrare nel porto” e per questo la nave e il suo carico “sono stati considerati sospetti”. Secondo la Guardia Costiera greca la nave era invece al largo e carica di 1.600 tonnellate di greggio quando è stato colpita.

Il 5 gennaio i jet governativi hanno condotto una serie di raid aerei sulla città di Misurata, roccaforte delle milizie islamiche colpendo il porto, l’acciaieria e  l’accademia navale. L’obiettivo delle forze del generale Khalifa Haftar è colpire i porti e gli aeroporti di Misurata e Sirte attraverso i quali Qatar e Turchia riforniscono le milizie islamiche (foto sotto).

Il degenerare degli scontri ha indotto ieri la Turkish Airlines, l’ultimo vettore straniero ad offrire collegamenti con la Libia, a sospendere tutti i voli per Misurata, Bengasi, Tripoli e Sebha.

In quest’ultima città milizie  jihadiste aderenti allo Stato islamico (IS) hanno decapitato nei giorni scorsi 14 militari libici e un  altro ieri non lontano da Tobruk diffondendo le immagini dell’esecuzione sul sito “Al Manbar al Elami al Jihadi”, (“Piattaforma Media della Jihad”), forum jihadista legato al Califfato nero dello sceicco Abu Bakr al Baghdadi. Il sito mostra le immagini della vittima con la seguente scritta:

“La cattura di un miscredente mentre tenta di bloccare i leoni del Califfato sulla strada di al Mokheili”, una località vicina a Tobruk nella parte orientale della Libia dove si è trasferita la sede del parlamento riconosciuto dalla comunità internazionale.

L’organizzazione estremista pubblica anche la tessera del militare che si chiama “Saleh Iddriss”, un caporale addetto alla manutenzione e la riparazione dell’artiglieria dell’esercito a Tobruk.

Il militare è stato ucciso in applicazione di quello che, secondo la didascalia su una delle foto pubblicate, viene definito “il verdetto di Allah contro un miscredente che combatte la religione di Allah in quanto appartenente all’esercito”.

Foto: Eliseo, Emiratio di Derna, Defenceweb, AFP

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