La Ue dribbla il gas russo e punta su Tap e mercato unico
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di Lucia Sali ANSA
La crisi ucraina pigia sull’acceleratore della sicurezza energetica europea e spinge l’Europa a cercare di dribblare il gas russo, guardando, ancor più dopo lo stop a South Stream, a fonti e strade alternative come il Tap. E, soprattutto, la obbliga a completare il mercato interno e a investire in interconnessioni, reverse flow e creazione di hub del gas – dove l’Italia mira ad avere una posizione chiave sul fronte mediterraneo – sfruttando gli investimenti del Piano Juncker sin dal 2015.
Dopo le crisi del 2006 e del 2009 in cui metà Europa rimase al freddo per la chiusura dei rubinetti del gas russo a causa delle tensioni con Kiev, l’Ue ha fatto passi avanti, imponendo ai 28 uno stoccaggio minimo garantito e lavorando sulle interconnessioni per rompere l’isolamento dei paesi Baltici e dell’Est. Con la nuova crisi ucraina, le sanzioni contro la Russia e South Stream finito ostaggio dello scontro Bruxelles-Mosca, il 2014 ha visto una nuova accelerazione dettata anche dall’ok alle forniture di gas azero per il Tap.
La Trans-Adriatic Pipeline, che coinvolgerà direttamente Italia, Albania e Grecia, riceverà il metano di Shah Deniz attraverso il Tanap, che dalla Georgia lo trasporterà attraverso la Turchia.
Ankara si affaccia al 2015 sempre più come il nuovo snodo strategico: Mosca, deciso lo stop a South Stream bloccato da oltre un anno per i problemi con l’Ue, ha contestualmente annunciato la costruzione di un nuovo gasdotto russo-turco – che potrebbe chiamarsi Turkish Stream – esattamente della stessa portata di South Stream.
In questo riorientarsi dei flussi energetici verso l’area mediterranea e balcanica, l’Italia cerca una posizione cardine per il transito del gas verso il resto ‘Europa. Nonostante il ruolo di Eni in South Stream – hanno infatti assicurato sia il premier Matteo Renzi che il viceministro allo sviluppo economico Claudio De Vincenti – “il Tap è la priorità massima”.
E lo è anche per l’Ue, che non ha mai considerato prioritario il progetto di Gazprom alla luce della dipendenza dalla Russia, e si è concentrato sul Tap dopo il naufragio del Nabucco per aprire il Corridoio Sud.
Con questo, il gas proveniente da Libia e Algeria più i rigassificatori, l’Italia punta quindi a diventare – ha spiegato De Vincenti a Bruxelles -“l’hub del gas per tutta Europa” quale “ponte dell’energia” tra la sponda Sud e quella Nord del Mediterraneo.
Per questo l’obiettivo, sfruttando anche gli investimenti del Piano Juncker sin dai primi mesi del 2015, è completare le interconnessioni intra-europee in modo da poter scambiare gas sul mercato interno dei 28, e avanzare con il reverse flow anche sul fronte ucraino che non può più (a differenza di quanto intendeva fare South Stream) essere bypassato.
Anche perché l’accordo-chiave raggiunto dall’Ue con Mosca garantisce le forniture a Kiev sino a fine marzo. La creazione di un’Unione dell’energia, priorità di Consiglio e Commissione Ue, potrebbe anche portare – almeno per i paesi interessati – a valutare l’acquisto congiunto di gas, come aveva proposto Donald Tusk da premier della Polonia prima di diventare presidente della Ue.
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