Il traffico clandestino di armi da guerra in Francia
da Il Sole 24 Ore dell’11 gennaio 2015
Per molti ma non per tutti. Armi da guerra quali kalashnikov e lanciarazzi come quelli in possesso dei fratelli Said e Cherif Kouachi sono sempre più diffuse tra la malavita organizzata e i gruppi terroristici in Europa anche se il loro reperimento è più complesso e costoso rispetto alle armi ad uso civile presenti sul mercato clandestino.
Le guerre balcaniche degli anni ’90 hanno determinato un massiccio flusso di armi provenienti per lo più dagli arsenali dell’Europa Orientale e dell’ex Jugoslavia finite in parte ad alimentare il mercato clandestino.
Secondo un rapporto del Pôle interministériel contre la criminalité organisée en Europe du Sud-Est al termine dei conflitti balcanici le armi detenute illegalmente in Kosovo, Macedonia, Bosnia e Serbia erano oltre 4 milioni.
In quegli anni i non molto affidabili kalashnikov albanesi erano reperibili in Italia con appena 50 mila lire e da allora i fucili d’assalto di origine sovietica sono divenuti l’arma preferita dai banditi dediti all’assalto ai furgoni portavalori.
La rotta balcanica è ancora oggi quella che fornisce il maggior numero di armi da guerra al mercato francese seguendo rotte che secondo la polizia francese passano dalla Slovenia, il Nord Italia oppure l’Austria e la Germania.
“Armi che vengono contrabbandate in piccoli numeri, tre o quattro per volta, solitamente a bordo dei camion che dai Balcani attraversano l’Europa” dice al Sole 24 Ore una fonte francese ben informata.
Il traffico di armi segue quindi la stessa rotta di quello degli immigrati clandestini ed è spesso gestito dalle medesime organizzazioni criminali transnazionali: una volta superati i confini sud orientali della Ue il gioco è quasi fatto.
Negli ultimi anni la rotta balcanica è stata rafforzata dalle armi trafficate dalla Siria e dal Nord Africa, in particolare dagli arsenali libici e dagli ingenti quantitativi bellici trafugati dai ribelli nelle caserme dell’esercito di Damasco o acquistate per i ribelli dai Paesi arabi.
Non è un caso che i kalashnikov imbracciati dai fratelli Kouachi appartengano alla versione AK-103, utilizzata diffusamente dagli insorti libici e siriani.
Si tratta di un arma automatica il cui calibro 7,62 millimetri, ha un potere d’arresto e perforante ben maggiore rispetto alle armi in normale dotazione delle forze di polizia. Secondo fonti della polizia anche i mediatori che gestiscono il mercato clandestino francese sarebbero in gran parte di origine balcanica, per lo più provenienti dalla ex Jugoslavia.
Le armi dirette in Francia pare seguano anche un’altra rotta, trasportate via nave nei porti francesi meridionali o dell’Italia settentrionale ma secondo gli esperti risulterebbe una via più rischiosa per i trafficanti a causa dei diffusi controlli effettuati nei porti.
La presenza di armi da guerra in Francia è in rapido aumento negli ultimi anni come dimostrano i sequestri effettuati dalla polizia dell’ordine di 150/200 armi all’anno contro 67 nel 2009.
Certo quelle da guerra rappresentino meno del 5% del totale delle armi illegali sequestrate ogni anno dalle forze di sicurezza francesi ma questo dipende probabilmente dal fatto che il loro accesso è limitato alla “fascia alta” del mondo criminale che può operare attraverso intermediari, come sostiene Fabrice Rizzoli, criminologo docente di “Terrorismo e criminalità organizzata ” alla École des Hautes Études Internationales et Politiques (HEI-HEP) di Parigi.
Secondo l’esperto un kalashnikov acquistato nei Balcani per 450 euro può costare al mercato nero francese tra i 2mila e i 2.500 euro.
Proporzione condivisa dall’Office central de lutte contre la criminalité organisée (OCLCO) della Polizia che valuta il costo per un kalashnikov acquistato in Francia da 5 a 8 volte superiore a quello riscontrabile sul mercato bosniaco.
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.