Nigeriani in fuga. Il Ciad guida la guerra a Boko Haram

Il quartier generale della forza africana impegnata contro Boko Haram sarà trasferito in Ciad dopo che la base di Baga, nel nord-est della Nigeria, è finita sotto il controllo degli islamisti. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri del Niger, Mohamed Bazoum, al termine del vertice tenutosi il 21 gennaio a Niamey sulla lotta ai miliziani nigeriani.

“La sede del nostro stato maggiore congiunto era a Baga, catturata da Boko Haram. Così abbiamo deciso di trasferirla a N’Djamena”, ha detto il ministro. Il Ciad si è impegnato la scorsa settimana al fianco del Camerun contro Boko Haram, dicendosi pronto anche intervenire in Nigeria, proprio per riprendere il controllo di Baga. I 13 paesi riuniti a Niamey hanno  anche deciso di “inviare una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu su Boko Haram” e “l’Unione africana è stata incaricata di occuparsene” ha aggiunto Bazoum (nella foto sotto).

La Nigeria, dopo la figuraccia rimediata (migliaia di suoi soldati pare siano fuggiti in Niger per non dover combattere i jihadisti di Boko Haram) si è detta contraria alla creazione di una forza di pace dell’Unione Africana o dell’Onu per la lotta contro le milizie islamiche di Boko Haram, ritenendo che Abuja e i suoi partner regionali siano in grado di contenere la minaccia terroristica.

La lotta contro Boko Haram e il possibile “rafforzamento di un sostegno internazionale” sono ai primi posti dell’agenda del prossimo vertice dell’Ua, in programma il 30 e 31 gennaio ad Addis Abeba.

Il responsabile del Consiglio Nazionale di Sicurezza nigeriano, Sambo Dasuki, ha definito inutile allargare l’impegno militare ad altri Paesi che non sia la Nigeria stessa e i Paesi vicini del Niger, Ciad e Camerun. I quattro Stati formano infatti  la Commissione del Bacino del lago Ciad, e – malgrado alcune divergenze politiche fra i vari governi –  hanno messo a punto i piani per una cooperazione militare e il dispiegamento di una forza comune (insieme al Benin) contro le milizie islamiche, che hanno moltiplicato i loro attacchi anche in territorio camerunese.

In Nigeria resta forte il dibattito sul progressivo tracollo delle forze armate impegnate a combattere i jihadisti. Molti militari lamentano di aver armi ed  equipaggiamenti inferiori a quelli dei miliziani ma i vertici militari respingono questa ipotesi accusando molti soldati di codardia.

Il crollo delle forze nigeriane a Baga (e precedentemente in altre località) assomiglia per molti versi a quello registrato l’estate scorsa dall’esercito iracheno di fronte all’avanzata delle milizie dello Stato Islamico.

Iraq e Nigeria del resto hanno in comune non solo la ricchezza petrolifera ma anche l’elevato tasso di corruzione in tutti i settori della vita pubblica incluse le forze armate.

Il leader del gruppo islamista Boko Haram, Abubakar Shekau, ha sfidato i Paesi impegnati al fianco della Nigeria, minacciando nuovi attacchi dopo il massacro compiuto all’inizio dell’anno nella città di Baga, nell’estremo nord-est della Nigeria, dove, secondo alcune fonti, ci sarebbero stati 2.000 morti.

In un video diffuso su YouTube, Shekau ha mostrato l’arsenale di armi di cui Boko Haram è entrato in possesso con la conquista della base militare di Baga, dove erano di stanza, fino all’inizio dell’anno, le truppe di Nigeria, Ciad e Camerun, quindi, rivolgendosi ai leader africani, ha affermato:

“Re dell’Africa, arrivate tardi. Vi sfido ad attaccarmi ora. Sono pronto”.Nel filmato il leader islamista ha poi definito l’attacco di Baga solo l’inizio di una nuova ondata di assalti:

“Abbiamo ucciso la popolazione di Baga. Li abbiamo uccisi come ci ha detto il nostro Signore nel suo Libro. Non ci fermeremo.

Questo non è niente. Vedrete”. Secondo Amnesty International, l’attacco a Baga è  stato “il più distruttivo” messo a segno da Boko Haram dall’inizio della sua lotta, lanciata nel 2009.

Il procuratore della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda, ha annunciato iniziative di “raccolta informazioni” sull’attacco.

Boko Haram è penetrato in forze anche i Camerun. “La statale numero uno nel Camerun è un nastro d’asfalto che costeggia villaggi fantasma; la popolazione è stata costretta a lasciare le proprie case dalla minaccia di Boko Haram ma anche dalle operazioni dell’esercito” riferiscono all’agenzia MISNA missionari che hanno appena percorso questa strada, l’asse di comunicazione più importante nel nord del Camerun al confine con la Nigeriae il Ciad.

Dallo scorso fine-settimana la statale è presidiata dai militari ciadiani a conferma di come la regione sia ormai attraversata dalla linea del fronte nel conflitto tra gli islamisti di Boko Haram e gli eserciti della regione.

“I militari ciadiani – dicono alla MISNA – hanno una base a Doublè, a circa metà strada tra Kousse’ri e Maroua: hanno almeno 400 mezzi blindati e una forza d’urto potenzialmente in grado di cambiare gli equilibri”.

Kousse’ri è la città camerunense più vicina a N’Djamena. Da qui i militari ciadiani sono avanzati verso sud, in direzione di Maroua, il capoluogo della regione dell’Estremo Nord. Insieme con i militari del Camerun presidieranno una zona che nelle ultime settimane si è di fatto svuotata.

“Lungo un tratto di strada di circa 50 chilometri ci sono almeno una decina di villaggi completamente abbandonati: in alcuni casi per il rischio di nuove incursioni da parte di Boko Haram ma in altri perché gli abitanti, per lo più di etnia kanuri, sono stati fatti allontanare dai militari che li accusavano di stare dalla parte degli islamisti”.

Secondo le fonti della MISNA, e’ possibile che i soldati camerunensi (nella foto sopra)  abbiano costretto a lasciare le proprie case anche gli abitanti di altri centri, non a ridosso della statale. Lontani dalla “numero uno” si trovano anche Maki e Mada, nell’area di Mokolo, a pochi chilometri dal confine con la Nigeria.

Da questi due villaggi, domenica, gli uomini di Boko Haram hanno portato via decine di persone. Un portavoce del ministero della Difesa di Yaoundè ha sostenuto che 24 di circa 80 ostaggi sarebbero stati liberati grazie all’intervento dell’esercito. Secondo il governo nel Camerun almeno 10 mila civili sono fuggiti dalla regione per paura di attacchi jihadisti.

Tensione sempre alta anche i  Niger dove la furia di sommosse popolari ha portato nei giorni scorsi alla distruzione di 45 chiese dopo che il presidente Mahamadou Issoufou partecipando alla marcia repubblicana dell’11 gennaio a Parigi (dopo la strage di Charlie Hebdo) aveva detto “siamo tutti Charlie”. Manifestazioni violente al grido di ‘Allah u Akbar’ con forti contestazioni alla presenza francese che lasciano intendere come il Niger resti in bilico sull’orlo del precipizio islamista.

Dieci persone sono rimaste uccise durante gli scontri a Zinder, seconda città del Paese, e nella capitale Niamey, dove dopo essere state saccheggiate sono state alle fiamme decine di chiese, bar, alberghi, attività commerciali e anche una scuola cristiana ed un orfanotrofio. A Zinder, più di 300 cristiani sono scappati rifugiandosi in campi militari (nella foto a fianco truppe nigerine).

Fonti e foto:  AFP, BBC, AP, Reuters

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