Oltre 5 mila ordigni sul Califfato. Presto l'attacco a Mosul?

La Coalizione internazionale contro lo Stato Islamico ha lanciato più di 5.000 bombe e missili dall’inizio dei raid aerei contro i jihadisti dello Stato islamico l’8 agosto in Iraq e il 23 settembre in Siria, colpendo più di 3.000 obiettivi, tra cui 58 carri armati, 52 bunker, 673 postazioni di combattimento e oltre un migliaio di edifici.
Lo ha annunciato il Pentagono rivelando che al 31 dicembre 2014 la Coalizione ha compiuto 1.676 raid. Il Pentagono non ha però comunicato il numero dei jihadisti uccisi o feriti. Al 2 gennaio il Pentagono ha speso per l’operazione “Inherent Resolve” 1,2 miliardi di dollari, in media 8,2 milioni al giorno.

Sul campo di battaglia le forze del Califfato hanno riconquistato l’11 gennaio il villaggio di Mahur che si trova nei pressi di Mosul, dove sarebbe ormai imminente l’offensiva irachena e curda tesa a riconquistare la città. Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza irachena all’emittente televisiva “al Jazeera”, i jihadisti sono ritornati nella zona di Mahur dopo aver lanciato un’offensiva contro le milizie curde Peshmerga che controllavano l’area.

Lo scontro a fuoco che ne è derivato è stato molto violento e ha provocato numero se vittime da entrambe le parti. Gli uomini dello Stato islamico hanno avuto la meglio approfittando delle cattive condizioni meteorologiche che hanno impedito ai caccia della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti di condurre dei raid a supporto delle forze curde.

In vista dell’offensiva delle forze irachene (che gli Stati Uniti avrebbero voluto posticipare alla primavera per avere il tempo di addestrare almeno 30 mila reclute dell’esercito) il 13 gennaio si sono incontrati il ministro della Difesa iracheno, Khaled al Obeidi e una delegazione statunitense di alto livello guidata dal generale John Allen, inviato speciale del presidente Barack Obama nella Coalizione.

Aerei iracheni hanno lanciato su Mosul volantini che avvertono i residenti di tenersi lontani dalle postazioni dello Stato islamico, annunciando nuovi raid. Nei messaggi le forze irachene e internazionali invitano inoltre i residenti a segnalare possibili informazioni sulle postazioni e i luoghi di incontro dei militanti dello Stato islamico nella città.

Fonti d’intelligence hanno riferito che su Mosul stanno confluendo migliaia di combattenti del Califfato per la battaglia che si preannuncia non priva di incognite. Le limitate forze militari irachene disponibili costringono Baghdad a impiegare per lo più le milizie dei partiti sciiti che nelle poche aree riconquistate si sono macchiati di crimini contro le popolazioni sunnite non diversi da quelli dello Stato Islamico.

La scarsa presenza di forze da combattimento convenzionali impone l’impiego su vasta scala  di forze curde anche se, proprio in vista dell’offensiva su Mosul, i rapporti tra Baghdad ed Erbil non sono privi di difficoltà. Ieri un gruppo bipartisan di senatori statunitensi ha spedito una lettera al primo ministro iracheno per chiedergli di assicurarsi che il suo governo stia distribuendogli aiuti inviata dalla comunità internazionale alle popolazioni curde. In più occasioni Erbil ha lamentato ritardi e blocchi nelle consegne di armi e aiuti umanitari affluiti da tutto il mondo per l’esercito e la popolazione curda.

La lettera era incentrata sugli aiuti umanitari ma in Senato sono anche preoccupati che il governo iracheno, a guida sciita, non stia fornendo gli aiuti militari statunitensi ai combattenti curdi, come ammesso dal repubblicano Jim Inhofe al giornale The Hill. Gli Stati Uniti infatti hanno preferito distribuire gli aiuti attraverso il governo centrale (come ha fatto anche l’Italia) nel tentativo di incoraggiare la riconciliazione tra i vari gruppi politici e religiosi del Paese. Membri del Congresso statunitense hanno incontrato, la scorsa settimana, alcuni leader del governo regionale del Kurdistan, che hanno chiesto agli Stati Uniti un aiuto militare diretto per contrastare i ribelli dell’IS.

Nel frattempo, scrive Newsweek, Germania e Svezia hanno deciso di incrementare gli aiuti alle forze curde. Ursula Von Der Leyen ,ministro della Difesa tedesco, in visita a Baghdad, ha dichiarato: “Credo sia giusto estendere il nostro sostegno, perché sappiamo che i peshmerga non stanno combattendo solo per il loro Paese, ma per tutti noi”.

La Germania dovrebbe mandare 100 addestratori militari nella regione del Kurdistan; secondo l’American Institute for Contemporary German Studies, Berlino ha finora consegnato ai curdi 8.000pistole, 8.000 fucili d’assalto, 10.000 granate e oltre 200 armi anticarro. Anche la Svezia intende mandare nella regione dei consiglieri militari che potrebbero venire aggregati al comando italo/tedesco di Erbil (guidato da un colonnello).

Sempre ieri un ministro iracheno ha accusato i miliziani curdi di approfittare della guerra contro lo Stato islamico per espellere la popolazione araba da diverse regioni miste, puntando ad un cambiamento demografico di alcune Zone del Paese.    Ahmad Al Jubury, ministro di Stato per gli affari Provinciali (sciita), ha affermato che “700 case (appartenenti a residenti arabi) sono state demolite dai Peshmerga a Jalawla”, una città circa 130 chilometri a nord-est di Baghdad, in un primo tempo occupata dai jihadisti del Califfato e riconquistata recentemente dai miliziani curdi.

Il mese scorso residenti arabi di Jalawla avevano accusato i Peshmerga di avere impedito il ritorno di molti di loro in città, dopo la fine dei combattimenti.

“Simili pratiche sono state adottate dai curdi in altre aree del Paese, come Sulaiman Beg, Zummar e altre nei pressi di Mosul”, ha affermato il ministro Al Jubury.

Dopo che l’esercito federale di Baghdad si era ritirato davanti all’avanzata dello Stato islamico nel nord dell’Iraq,nel giugno scorso, erano stati appunto i Peshmerga curdi ad intervenire per opporsi ai jihadisti, occupando anche aree del Paese fino ad allora contese tra popolazione araba e curda.

Forse anche alla luce delle fratture con Baghdad i curdi d’Iraq cercano di stringere un’alleanza ufficiale con i militanti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) per combattere lo Stato islamico in Iraq e in Siria. Lo ha reso noto l’Unione delle comunità curde (Kck),organizzazione che riunisce tutti i gruppi legati al Pkk.

“Una forza comune è indispensabile – scrive il Kck nel comunicato – la guerra condotta dalle forze Peshmerga insieme al Pkk a Kobani e Sinjar oltre che in altre località del Kurdistan dà speranza e fiducia al popolo curdo, oltre che alle popolazioni oppresse nella regione”.

Nella nota si avverte che lo Stato islamico vuole raggiungere Erbil con nuovi attacchi vicino alla capitale curda.

Negli ultimi giorni, i miliziani dello Stato Islamico hanno concentrato i loro attacchi nella provincia di Gwer, a sud-ovest di Erbil, ma non sono riusciti ad avanzare nella città .

Ad agosto scorso, lo Stato islamico aveva preso il controllo di Gwer e delle aree vicine e i Peshmerga erano riusciti a riconquistare la città meno di un mese dopo. Venerdì scorso, i militanti dello Stato islamico si sono infiltrati nuovamente nel centro urbano ma i peshmerga li hanno respinti nuovamente.

Foto: Bundeswehr, Reuters, Stato Islamico

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