Ucraina: i separatisti prendono Debaltseve

di Claudio Salvalaggio –  ANSA
Nuovo rovescio militare per l’esercito di Kiev e ulteriore indebolimento politico per il presidente Petro Poroshenko: i ribelli filorussi, dopo l’aeroporto di Donetsk, hanno espugnato anche lo strategico nodo ferroviario di Debaltsevo, issando la bandiera della Novorossia (croce blu di sant’Andrea su sfondo rosso), come ora Mosca chiama i territori separatisti rispolverando il nome zarista dell’attuale Ucraina sud-orientale.

Un blitz condannato da tutta la comunità internazionale come una grave violazione degli accordi di Minsk, che prevedevano la tregua da domenica, mentre le milizie hanno continuano la loro offensiva, anche se oggi hanno lanciato segnali di distensione annunciando l’inizio del ritiro degli arsenali pesanti.

“Si sono arresi a centinaia consegnando le armi”, si sono vantati i capi dei ribelli. Totalmente diversa la versione di Poroshenko, che è volato al fronte in mimetica per stringere le mani degli “eroi” ucraini, dopo aver annunciato un “ritiro pianificato” con le armi verso Artiomivsk, a 35 chilometri da Debaltsevo.

A suo avviso si tratta di un “colpo ai denti” ai ribelli, una dimostrazione che non c’era accerchiamento, come sostenevano i separatisti per rivendicare Debaltesvo sin dal vertice di Minsk, dove l’assegnazione della cittadina è rimasta un nodo insoluto nel braccio di ferro tra Putin e gli altri tre leader del formato Normandia (Merkel, Hollande e Poroshenko).  L’uscita delle colonne di tank, blindati e veicoli leggeri è stata vista dai giornalisti. Ma che si tratti di soldati arresi, fatti prigionieri o semplicemente ritirati, tutti in ogni caso apparsi in pessime condizioni, non muta la sostanza dei fatti: Kiev è stata costretta a cedere Debaltsevo.

Una sconfitta resa ancor più bruciante dalla provocazione lanciata ieri da Putin nella conferenza stampa a Budapest con il compiacente premier ungherese Viktor Orban: “E’ sempre brutto perdere, soprattutto se capita contro quelli che fino ieri facevano i minatori o guidavano trattori (i separatisti del Donbass, ndr), ma questa è la vita e la vita va avanti, inutile fissarsi su questo”.

Una battuta sgradita anche all’Occidente, convinto che quei minatori e quei trattoristi non sarebbero andati lontano senza gli aiuti militari russi, di cui oggi Londra ha fornito altre presunte prove con foto di avanzati sistemi antiaerei Pantsir-S1 (in codice Nato Sa-22).  Ancora ignoto il vero bilancio degli ultimi giorni di feroci combattimenti intorno a Debaltsevo. Se i ribelli sostengono di aver ucciso tra i 2.000 e i 3.000 soldati, Kiev ufficialmente ammette la morte di 22 uomini, di cui sei durante il “ritiro pianificato” da Debaltsevo, 150 feriti e solo qualche prigioniero. Ma alcuni media, anche ucraini, hanno visto all’obitorio di Artiomivsk alcune decine di cadaveri di soldati, alcuni in sacchi di plastica neri, e una lunga fila di bare di legno.

La presa di Debaltsevo è stata condannata fermamente dall’Occidente. “Una chiara violazione del cessate il fuoco”, hanno accusato la Casa Bianca e il capo della diplomazia Ue Federica Mogherini, la quale ha ricordato che Bruxelles “resta pronta a prendere misure appropriate nel caso in cui continuino i combattimenti e altri sviluppi negativi in violazione degli accordi di Minsk”.

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha accusato i ribelli di aver “messo a rischio” gli accordi di pace, sostenendo che truppe e mezzi russi “sono sempre attivi in Ucraina”.

L’offensiva ribelle è “nefasta per le speranze di pace”, ha commentato la cancelleria tedesca, sottolineando che in caso di nuova escalation “potrebbero essere necessarie” nuove sanzioni contro Mosca.

Ma proprio ieri la Russia ha invitato l’Occidente a cessare la guerra delle sanzioni e ad avviare un dialogo costruttivo, pur riservandosi il diritto di rispondere alle nuove sanzioni del Canada. In serata era fissata una nuova conference call tra Putin, Poroshenko, Merkel e Hollande.

Ma ora più di qualcuno comincia a chiedersi che cosa intendano fare i due leader europei dopo la violazione della tregua a Debaltsevo e il nuovo scacco subito da Poroshenko. Soprattutto dopo che la Merkel ha dichiarato che “faremo di tutto per continuare a poter dire: vogliamo che la Russia torni a essere un nostro partner. Non vogliamo agire contro la Russia, ma con essa”.

Coperti di polvere e senza più forza, a gruppi di decine i soldati ucraini lasciano la città, chi a bordo di camion, chi a piedi. E il loro racconto all’agenzia AP è drammatico. Come drammatica è per sua natura la guerra. Il dolore per le pesanti perdite subite è atroce tra i militari, ma ancora più forti sono i crampi per la fame. Mancano cibo e acqua. I loro corpi sono provati, offesi nella dignità, come racconta un soldato, nascosto per diverse ore all’interno di un bunker e nell’impossibilità di andare al bagno. Le ‘ferite’ del corpo si assommano a quelle dello spirito.

Nel ricordare la dura realtà del conflitto ai reporter tre soldati fumano nervosamente delle sigarette. Il freddo è intenso. Per riscaldarsi dal rigido inverno ucraino i soldati accettano qualche tazza di té caldo in tazze di plastica.

“Siamo molto felici di essere qui”, afferma uno di loro dallo sguardo che mostra i segni della fatica e del dolore. “Abbiamo sempre pregato e milioni di volte abbiamo detto addio alle nostre vite”. La battaglia che ha martellato Debaltsevo ha sfiancato il loro umore, e li ha segnati forse per sempre. La confusione regna totale. In molti tra quelli che stanno piegando in ritirata affermano di non avere ricevuto nessun aiuto o rinforzi dal governo e si sono dovuti muovere a piedi. Uno di loro, Nikolai, ha poi detto di non sapere effettivamente cosa stesse facendo il suo battaglione, se stesse arretrando oppure ripiegando altrove rispetto a Debaltsevo.

“Non lo so. I nostri comandanti non ci hanno detto cosa fare. Ci hanno solo comunicato di cambiare posizione perché la nostra unità era rimasta ferma per molto tempo e aveva subito pesante perdite”.    Scene di caos anche nei pressi di Vuhlehirsk, cittadina a 75 km a nord est di Donetsk, dove stazionano gruppi di ribelli, molti dei quali dicono di essere originari delle regioni orientali della Russia. Viktor Ponosov, uno di loro, racconta che le forze ucraine non avevano munizioni né cibo.

“Abbiamo sentito dire che molti soldati ucraini hanno chiamato i loro parenti e amici e hanno chiesto il loro aiuto”. L’anarchia regna sovrana, malgrado la tregua iniziata solo pochi giorni fa.

Foto: AP, Novorossia, Kate Geraghty

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