Contractors o mercenari contro Boko Haram?
Con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali, l’offensiva di Boko Haram nel nord-est del Paese si è fatta sempre più intensa e sanguinosa, tanto da far slittare il voto dal 14 febbraio al 28 marzo.
Organizzazione terroristica jihadista il cui nome deriva dalla locuzione in lingua hausa “l’istruzione occidentale è proibita”, Boko Haram, dopo aver proclamato il “Califfato” e l’alleanza con l’ISIS, sta concentrando i suoi sforzi sullo stato di Borno. Abubakar Muhammad Shekau, leader del gruppo, intende creare uno stato indipendente, retto dalla Sharia, in questa regione di cui già controlla circa 130 città/villaggi su di un’area vasta quanto il Belgio.
Con lo stesso modus operandi degli uomini di Al Baghdadi, i jihadisti nigeriani compiono stragi e massacri senza risparmiare nessuno, radono al suolo villaggi e chiese, rapiscono donne, le schiavizzano e vendono.
Ultima atrocità, l’utilizzo di bambine kamikaze! Una scia di violenza che ha provocato più di 10.000 morti dal 2009.
L’accanita resistenza dell’esercito regolare è riuscita nelle scorse settimane a fermare l’avanzata degli uomini di Shekau che si sono quindi concentrati sullo stato meridionale di Adamawa, al confine col Camerun; un bersaglio molto più soft per via della presenza di deboli milizie cittadine.
I Nigeriani, al 50% musulmani concentrati prevalentemente a nord e per un 40% cristiani stanziati nel sud del Paese, si trovano a dover scegliere tra il presidente uscente Goodluck Jonathan, cristiano e Mohammed Buhari, musulmano.
Entrambi si prefiggono di sconfiggere la minaccia jihadista, tuttavia, la partita si gioca ora a Maiduguri (capitale del Borno) e come dice il vescovo della città, monsignor Oliver Dashe Doeme: “Rischiamo di vedere Boko Haram conquistare l’intero nord-est prima della fine delle elezioni, a meno che non intervengano truppe straniere”. Le Forze Armate nigeriane, che contano circa 162.000 uomini con la riserva, sempre secondo il Monsignore, vedono la presenza di infiltrati e complici che favoriscono l’avanzata dei terroristi .
Gli fa eco un consigliere presidenziale lamentandosi di come i militari stiano gestendo la situazione. Frequenti infatti le ritirate senza colpo ferire, abbandonando armi, equipaggiamenti e mezzi alla mercé degli estremisti.
Risulta ormai chiaro che Boko Haram non costituisce un fattore destabilizzante solo per la Nigeria ma, direttamente o indirettamente, per tutta la regione del Lago Ciad; nel suo mirino si trovano infatti Ciad, Niger, Camerun e tutto il Sahel, come ribadito da Hiroute Guebre Selassie, inviato speciale ONU.
Per fermare l’avanzata jihadista, i capi di Stato dei Paesi dell’Unione Africana riunitisi ad Addis Abeba il 30 e 31 gennaio, hanno deciso di schierare 7.500 uomini (nella foto a sinistra truppe nigerine); misura che attende il beneplacito (e supporto economico!) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite .
Già prima del meeting dell’UA, il partito d’opposizione sudafricano Democratic Alliance spingeva per un deciso intervento militare e logistico a guida sudafricana: la prima potenza militare del continente .
Un’operazione che, come accaduto per i Paesi che stanno fronteggiando l’ISIS, potrebbe esporre la “Rainbow Nation” a rappresaglie e attacchi terroristici, afferma l’analista militare Helmoed Heitman.
Una soluzione a tale rischio, senza dover rinunciare ad un’adeguata e rapida risposta, potrebbe esser l’impiego di contractors. Diversi media hanno infatti riportato la notizia che ex membri delle Forze Armate sudafricane parteciperebbero ad un team multinazionale di circa 100 consulenti militari col compito di supportare ed addestrare i soldati nigeriani nelle operazioni contro il gruppo di Shekau.
Secondo Netwerk 24 , questo team avrebbe anche il compito di colpire leaders e combattenti dell’organizzazione terroristica, nonché liberare le studentesse ancora nelle loro mani. Un ruolo intermedio quindi tra il passivo – addestramento e logistica – ed uno decisamente più attivo prendendo parte direttamente alle ostilità. Oltre ai sudafricani farebbero parte del team anche britannici, indiani ed operatori di altri Paesi, in particolare Europa dell’est
Il comandante del team sostiene che non si tratti di mercenariato, bensì di un rapporto di lavoro basato su di un contratto – regolare e legale – col Governo nigeriano.
Non dello stesso parere i Ministri di Esteri e Difesa sudafricani che, oltre a negare ogni coinvolgimento del proprio governo, deplorano vivamente il progetto. Definiscono tali soggetti “mercenari” ed in quanto tali, passibili di arresto una volta rientrati in patria. Questo basandosi sul South Africa’s Regulation of Foreign Military Assistance Act, la legge “anti-mercenari”, creata per contrastare il flusso di ex militari che hanno partecipato ai più disparati conflitti, ultimi tra i quali Iraq, Afghanistan e Striscia di Gaza!
Notizie più recenti e precise indicano che tali operatori sarebbero impegnati ad addestrare gli uomini della Nigerian Air Force (NAF) all’utilizzo di elicotteri e cacciabombardieri recentemente acquistati.
Grazie a queste “cannoniere volanti” le Forze Armate di Abuja sarebbero riuscite a respingere i jihadisti da Maiduguri e a colpire le loro enclave negli stati di Yobe, Borno e Adamawa. Le tecnologie ed apparati all’avanguardia di cui sono dotati questi velivoli richiedono addestratori e piloti altamente qualificati di cui la NAF non dispone; così come non dispone delle tempistiche richieste per l’addestramento sollevando il sospetto che questi raid possano esser stati compiuti dagli “istruttori” stessi.
A gennaio, la IHS Janes’ aveva segnalato un blog – Beegeagle’s Blog – dove appaiono le fotografie di due elicotteri d’attacco Mi-35P , riconsegnati alla NAF dopo esser stati convertiti in Super Hind Mk III da una società sudafricana. Nella fattispecie, ne è stato riconfigurato il muso con l’installazione di una mitragliera da 20 mm (una Nexter M693/F2 o la versione su licenza della sudafricana Denel) ed una torretta elettro-ottica simile a quella prodotta dalla sudafricana ATE.
Un portavoce della Paramount Advanced Technologies (che ha acquistato la ATE) nega di aver installato il suo sistema sugli elicotteri nigeriani. Osservando meglio le fotografie, qualcuno sostiene si tratti in realtà di esemplari algerini.Resta il fatto che, da qualche settimana, le truppe anti-Boko Haram stanno accumulando discreti ed inaspettati successi.
La città di Baga (tristemente famosa per il massacro di gennaio) è stata liberata, il “body count” militare sarebbe a favore delle truppe governative ed il leader del gruppo jihadista finalmente individuato e prossimo alla cattura od eliminazione. Fattore determinante di questi sviluppi: un più efficace e preciso supporto aereo!
Il settore delle PMSC e del mercenariato sudafricano è molto sviluppato. Il passaggio dal regime dell’apartheid a quello democratico, ha comportato un considerevole ridimensionamento delle forze armate, lanciando sul mercato migliaia di operatori altamente addestrati e forgiati da sanguinosi conflitti. Sono infatti sudafricani nomi come Executive Outcomes, Erinys, Saracen International ecc.
Esistono sospetti che le autorità sudafricane fossero a conoscenza del contratto nigeriano e che gli stessi personaggi implicati fossero convinti di poter contare su di un laissez faire di Pretoria: un “lavoro sporco” del genere avrebbe potuto tornare utile a molti. Chi può esser contrario a fermare Boko Haram senza doversi invischiare direttamente in un pantano africano?
Come non ricordare l’efficace precedente della Executive Outcomes contro violenze e mutilazioni del RUF in Sierra Leone? La soluzione privata sarebbe stata preferibile anche per il presidente nigeriano, Goodluck Jonathan piuttosto di un intervento multinazionale in suo soccorso, proprio durante la campagna elettorale. La vicenda è però diventata di domino pubblico e considerata troppo politically uncorrect per godere di qualche appoggio.
Che l’Africa sia da decenni terreno d’azione di mercenari e compagnie militari e di sicurezza private non è una novità e la Nigeria non rappresenta un’eccezione!
In quello che alla luce di quanto sopra sta assumendo le caratteristiche di un conflitto d’altri tempi, il “dibattito etico-legale” che ruota attorno alla vicenda è strettamente legato all’utilizzo di parole come “mercenario”, “contractor”, “PMC” (Private Military Companies) e “PSC” (Private Security Company).
Tutti termini che spesso, per comodità o ignoranza, vengono considerati sinonimi ma che nella realtà ed in “legalese” sono diametralmente opposti e fanno la differenza.
Da una parte infatti si condannano e contrastano i mercenari ma dall’altra non si può prescindere dai servigi delle PMSC, ONG in primis!
Foto: IHS/Patrick Allen, AFP, Boko Haram, Esercito del Ciad, GidiPost
Pietro OrizioVedi tutti gli articoli
Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.