Il Califfato perde terreno ma tiene duro a Tikrit

Il capo della polizia federale irachena, generale Raed Shaker Jawdat, ha informato oggi il ministro dell’Interno, Mohammad Salem al Ghabban, che si è “conclusa con successo” la prima fase dell’offensiva lanciata dalle forze di Baghdad, appoggiate da volontari delle milizie sciite, per strappare la città di Tikrit al controllo dello Stato Islamico. Lo ha riferito in una nota lo stesso ministero, affermando che i miliziani dello Stato islamico sono stati “espulsi da 97 distretti e sotto-distretti nella provincia di Salahuddin” di cui Tikrit è il capoluogo.

“La prima fase ha portato alla eliminazione di decine di jihadisti e attentatori suicidi e alla distruzione di laboratori per la costruzione di bombe” ha sottolineato il generale Jawdat. Il ministro Ghabban è arrivato oggi a Samarra, 110 chilometri a Nord di Baghdad e 50 chilometri a Sud di Tikrit, per seguire da vicino le operazioni mentre fonti della sicurezza hanno detto che sono ripresi intensi i raid aerei della Coalizione internazionale a guida americana sulle postazioni dell’IS intorno a Mosul, 200 chilometri a Nord di Tikrit, che potrebbe essere l’obiettivo della prossima offensiva contro lo stato islamico in Iraq.

Nei giorni scorsi si erano registrati violenti scontri In tutta l’area circostante Tikrit, nelle mani dello Stato islamico dalla scorsa estate, in seguito all’offensiva governativa scatenata il 2 marzo per riconquistare la città.

Si è combattuto nel distretto di al-Dour, in quello di al-Zuhur e nell’area settentrionale di Qadisiya, oltre che vicino al Teaching Hospital, a sud di Tikrit. Come ha riferito un alto comandante iracheno,  Moen al-Kadhimi, l’avanzata dell’esercito iracheno verso la città natale di Saddam Hussein è stata rallentata dalle numerose bombe improvvisate disseminate sulla strada dai jihadisti.

Stando a quanto riferisce la tv satellitare al-Arabiya, le forze governative appoggiate da milizie tribali sarebbero riuscite il 3 marzo a prendere il controllo dell’incrocio strategico con le strade che conducono alle province di Salahuddin, Kirkuk e Diyala considerata “la piattaforma di lancio” delle offensiva dei jihadisti.

Secondo il “Comando delle operazioni  di Salhuddin” citate dall’emittente saudita, le forze lanciate da Baghdad sarebbero giunte ormai alla “periferia della città ed a pochi metri dall’accademia della polizia”.

Per contro, sui social media, internauti  che si definiscono “soldati del califfato” sostengono che l’offensiva governativa che conterebbe su “20 mila uomini” sarebbe stata respinta.

Secondo Baghdad le truppe e i miliziani sciiti impegnati nell’operazione sarebbero invece 30 mila appoggiati da aerei Sukhoi SU-25 ed elicotteri da attacco MI-35.

Il 3 marzo le forze irachene pare abbiano conquistato le alture di Hamrin, a pochi chilometri ad est della città come ha riferito “al-Sumaria News” citando fonti militari della provincia di Salahuddin.

La presa delle alture è stata possibile solo dopo intensi combattimenti tra forze irachene e jihadisti, con un bilancio di quattro miliziani uccisi, fra cui alcuni attentatori suicidi.

L’offensiva delle truppe di Baghdad contro l’IS consiste in una serie di manovre di accerchiamento per colpire le difese jihadiste lungo tre diverse direttrici (sud, est e nord).

Il 2 marzo i militari iracheni, massicciamente appoggiati dalle milizie sciite, hanno ripreso il controllo di un complesso residenziale di al- Dor e, secondo fonti stampa, della sede di un collegio femminile a soli due chilometri a sud di Tikrit. D

a nord, invece, le forze irachene sarebbero vicine alla liberazione del distretto di al Alam, a 17 chilometri dalla città natale del defunto raìs e avrebbero ripreso il controllo della base militare di Speicher, all’interno della quale nel giugno scorso i miliziani dello Stato islamico uccisero oltre 1.500 cadetti  delle forze aeree irachene.

Difficile comprendere quale sia la reale situazione sul terreno e se le forze di Baghdad si siano fermate nei sobborghi della città per riposare e rifornire le truppe in vista dell’assalto alla città o  se invece i jihadisti e le milizie tribali sunnite abbiano fermato l’offensiva .

L’esiguo numero di miliziani del Califfato rimasti uccisi in combattimento induce a ritenere che l’IS abbia cercato solo di rallentare l’avanzata dei governativi  per concentrare le sue forze nel centro urbano da dove è più difficile e sanguinoso snidarli e dove certamente sono stati predisposti depositi di armi, munizioni e cibo per resistere a oltranza.

Rilevante anche il fatto che l’offensiva su Tikrit sembra indicare crescenti diffidenze tra Baghdad e gli USA, accusati dagli iracheni di prendere troppo tempo per lanciare il contrattacco in tutti i territori invasi dai jihadisti nel nord dell’Iraq.

Di fatto il comando americano è stato informato solo all’ultimo momento dell’avvio dell’operazione guidata da ufficiali del corpo dei pasdaran iraniani e condotta  dal generale iraniano Ghasem Soleimani, comandante della Forza Al Qods dei Guardiani della Rivoluzione.

Gli iracheni hanno già tentato due volte di liberare Tikrit ma in entrambe i casi i militari sono stati fatti entrare in città per poi venire attaccati da più parti dai jihadisti che li hanno costretti a ripiegare.

La tattica dell’IS, che potrebbe venire replicata,  puntava a combattere tra le case dove i raid aerei sono meno precisi e soprattutto meno frequenti per il rischio che le bombe degli aerei della Coalizione uccidano civili.

Tikrit, 130 chilometri a nord di Baghdad, sarebbe difesa anche da molti ex militari iracheni dell’esercito di Saddam pronti a combattere fino all’ultimo uomo per impedire agli sciiti di conquistare la città anche nella consapevolezza che la popolazione sunnita potrebbe cadere vittima delle rappresaglie delle brigate Badr filo iraniane controllate dal Ministero degli Interni iracheno.

L’emittente televisiva al-Ghadeer, considerata vicina all’Organizzazione Badr, ha reso noto che lo Stato islamico ha dato il via a una campagna di esecuzioni di massa nei confronti dei combattenti che si rifiutano di difendere Tikrit  ma la notizia non è verificabile e potrebbe essere solo il frutto della propaganda sciita tesa a minare il morale dei difensori sunniti.

Fonti del Pentagono hanno in effetti rivelato che Washington è stata colta alla sprovvista dalla notizia dell’attacco in grande stile a Tikrit, offensiva priva di sostegno americano ma condotta invece con l’aiuto determinante dei pasdaran iraniani.

I risultati ridicoli conseguiti da sei mesi di campagna aerea della Coalizione a guida statunitense potrebbero aver indotto Baghdad ad affidarsi interamente all’Iran per l’appoggio necessario a riconquistare i territori perduti l’estate scorsa.

Del resto l’ambigua politica di Washington contro l’IS mostra tutti i suoi limiti anche in Siria dove il movimento armato più vicino agli statunitensi, l’Harakat al Hazm, si è disciolto dopo aver subito pesanti attacchi da parte del Fronte qaedista al-Nusra e i suoi miliziani sono confluiti nella milizia (non certo laica) di Jabhat al Shammiya composto da islamisti sunniti.

Una vicenda che lascia sconcertati specie tenendo conto che gli stati Uniti inizieranno in aprile l’addestramento in Turchia, Qatar e Arabia Saudita di 5 mila miliziani siriani “moderati” che dovrebbero combattere lo Stato Islamico.

Foto: TMNews, Reuters, Esercito iracheno, Organizzazione Badr

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