Le armi bosniache per Baghdad le prende il Califfo

Colpo di mano delle milizie dello Stato Islamico che si sono impossessate di ingenti quantitativi di armi e munizioni donate a Baghdad dalla Bosnia Erzegovina per combattere le milizie jihadiste. Secondo il sito di informazione Saff.ba (vicino alle posizioni dell’Islam più “conservatore”), durante le operazioni che hanno portato tra il 12 e il 14 marzo all’occupazione del quartier generale della 26a Brigata motorizzata dell’esercito iracheno nei pressi di Fallujah (provincia di al-Anbar), le milizie dello Stato Islamico hanno recuperato numerose scatole di proiettili incendiari calibro 12,7 x 108 millimetri B-32, ciascuna contente 104 pezzi, di fabbricazione bosniaca.

Alcuni esperti, infatti, sono riusciti a stabilire che le foto pubblicate su internet dallo Stato Islamico per celebrare la vittoria ritraevano proprio le munizioni prodotte a Konjic, cittadina a 50 chilometri da Sarajevo, e inviate dal governo della Bosnia alle forze lealiste irachene.

Come ricordato in questi giorni dai media dell’ex repubblica jugoslava, differentemente da quanto successo nelle fasi salienti dello scontro nell’Est dell’Ucraina, quando la forte contrarietà della Republika Sprksa aveva bloccato l’invio di munizioni alle forze di Kiev, in questo caso il Governo ha aderito alla coalizione di Stati che supportano la guerra al Califfato.

Nonostante l’“inconveniente” abbia lasciato interdetta parte dell’opinione pubblica (ma fatto felice la frangia più estremista della comunità wahabita bosniaca) Zekerijah Osmic, ministro della Difesa della Bosnia Erzegovina, ha confermato l’intenzione del suo Paese di fornire in ogni caso altre 572 tonnellate di munizioni all’Iraq, rispondendo così positivamente all’invito lanciato direttamente dagli Stati Uniti.

Nello specifico, secondo fonti ufficiali, Sarajevo dovrebbe offrire circa 15 milioni di colpi calibro 7,62×54 millimetri e 400mila cal. 14,5 millimetri, con la possibilità di effettuare nel prossimo futuro un’altra spedizione simile.

Durante una trasmissione televisiva della rete N1, Osmic ha aggiunto che la Bosnia si sta impegnando anche in una decisa riduzione del numero di munizioni e armi attualmente presenti all’interno dei suoi confini le cui eccedenze ammontano rispettivamente a circa 16mila tonnellate e a oltre 400mila pezzi.

Il piano prevede che entro il 2020 il Paese si liberi di oltre 2.400 tonnellate di materiale militare non necessario alle esigenze delle Forze Armate, sia attraverso la distruzione sia tramite vendite e  donazioni.

Indagando più a fondo è stato possibile scoprire che il bottino dell’ISIS è stato ben più ricco e non ha riguardato solo il materiale donato da Sarajevo ma anche parte della dotazione (camion, veicoli Hummer, armi) di origine statunitense come riferisce il sito Intelligence Briefs della 26a Brigata irachena sopraffatta secondo alcune fonti per la manifesta incapacità dei suoi comandanti.

Sul sito Nasher, uno di quelli più utilizzati dalla propaganda del Califfato, che aveva inizialmente pubblicato le immagini poi diffuse dai media bosniaci e riproposte in questo articolo, è stato possibile rinvenire numerose altre foto dalle quali si può constatare come nella stessa azione i combattenti dello Stato Islamico abbiano anche recuperato:
•    svariate cassette di traccianti .50 BMG
•    qualche centinaio di caricatori in metallo e plastica per Kalashnikov
•    un mortaio probabilmente di fabbricazione jugoslava e parecchie centinaia di granate (ad alto potenziale esplosivo, illuminanti, fumogeni) di diverso calibro

•    molti lanciarazzi RPG7 con relativi razzi e cariche
•    un’ambulanza della Mezzaluna Rossa
•    una dozzina di giubbotti antiproiettile con Molle-system dell’esercito iracheno
•    Una mitragliatrice tipo Šarac M53 (versione jugoslava dell’MG3), una mitragliatrice di supporto tipo Browning modificata, 3 canne di riserva con munizionamento vario
•    oltre 400 cassette di munizionamento ex-Patto di Varsavia, probabilmente 7,62×39 millimetri.

Le truppe dell’ISIS hanno quindi potuto mettere le mani su materiale certo datato e in condizioni non eccellenti ma comunque utile al tipo di guerra combattuta in Iraq e Siria.

(Hanno collaborato Federico Bianchini e I.B.)

Triestino, analista indipendente e opinionista per diverse testate giornalistiche sulle tematiche balcaniche e dell'Europa Orientale, si è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Trieste - Polo di Gorizia. Ha recentemente pubblicato per Aracne il volume “Aleksandar Rankovic e la Jugoslavia socialista”.

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