Ristrutturare… sembra facile

Il dibattito sulla rapida trasformazione della situazione geo-politica in Europa e nel Mediterraneo si fa sempre più pressante e ricco di spunti interessanti.
L’ultimo editoriale del Direttore Gaiani –”Meglio potercela cavare da soli, almeno nel “giardino di casa” – dipinge, con lo stile efficace e determinato dell’autore, un quadro assai realistico e condivisibile dell’evoluzione strategica in atto letteralmente alle porte di casa, una trasformazione caratterizzata dalla fine, o almeno dal forte allentamento, dei vincoli di solidarietà transatlantici  basati sulla condivisione di interessi ed ideali comuni, e dall’insorgere di nuove minacce alla sicurezza ed agli interessi vitali del Paese, rischi che solo la classe politica nazionale sembra non vedere.

Condivido in pieno, quindi, la premessa politico-strategica dello scritto, e gran parte delle conseguenti linee guida evolutive per il rinnovamento del nostro strumento militare.

Eurofighter-Typhoon-Storm-Shadow-Initial-Flight-Trials-1-foto-L.-CaliaroAl più, in un’ottica di esclusione di interventi in aree lontane che non collimino con i nostri interessi vitali,  personalmente sarei un po’ meno “marinaio” (giungerei persino a ritenere superfluo il mantenimento di una, peraltro modestissima, capacità aeronavale), mentre reputerei prioritario il ruolo dell’Aeronautica, di cui vedrei con favore un potenziamento ed un ulteriore spiegamento a sud, con una presenza stabile e numerosa in basi come quelle di Trapani e Pantelleria.

Ma davvero si tratta di diversità di opinioni trascurabili, che non inficiano minimamente, a mio modo di vedere, la validità dei provvedimenti suggeriti per fronteggiare la situazione internazionale venutasi a creare in prossimità delle nostre coste e frontiere, evoluzione strategica che ha creato un quadro a tinte assai fosche che imporrebbe, in un Paese normale, l’adozione di provvedimenti urgenti.
Un Paese normale: appunto.

Copia-di-Foto-7Il rapido deterioramento della situazione internazionale e la minaccia islamista hanno rapidamente spinto la Francia a rivedere la LPM, la Legge di Programmazione Militare, sospendere il piano di riduzione delle Forze Armate già in coso di attuazione e a rimodulare gli investimenti nel settore, che torneranno a crescere.

In Germania sono stati varati aumenti del budget della Difesa, in Gran Bretagna il Comitato Ristretto Difesa della Camera dei Comuni ha dichiarato formalmente superati i programmi di revisione e riduzione delle forze armate previsti nel piano SDSR 2010, i cui presupposti sono stati abbondantemente superati dagli eventi. Il Comitato ha quindi raccomandato il mantenimento di un livello di spesa militare pari al 2% del PIL, come previsto dalla NATO.

Un processo analogo nel nostro Paese appare semplicemente  impensabile: ignoranza e disinteresse regnano sovrani e nessuno oserebbe interrompere l’utilizzo delle Difesa come bancomat del governo, cui attingere per qualsiasi evenienza. L’unica certezza è il mantenimento del trend negativo degli investimenti.

E qui veniamo al punto dolente delle risorse: l’articolo  parte dal presupposto logico che i fondi risparmiati con alcune dolorose rinunce, prima fra tutte quella agli F-35, rimarrebbero alla Difesa, che li potrebbe impiegare per altri programmi ritenuti prioritari e, soprattutto, per ridar vita alla voce Esercizio, giunta a livelli colpevolmente ridicoli.

La perdurante crisi economica, la ricerca spasmodica di nuove entrate con cui finanziare l’ennesima manovra finanziaria, le ultime vicende, compresa quella annosa del patrimonio immobiliare, danno a mio avviso la certezza che qualunque risparmio verrebbe risucchiato nelle pieghe del bilancio complessivo dello Stato e presumibilmente suddiviso in mille rivoli, più o meno produttivi.

Anche l’urgente necessità di contrarre la forza complessiva, per reperire risorse a garantire maggiore operatività, risulta fortemente ostacolata dallo status giuridico del personale, in larga misura in Servizio Permanente. Ne consegue che qualunque contrazione numerica si possa realizzare, nei fatti, solo con estrema lentezza e con un progressivo grave innalzamento dell’età media dei militari.

C-27J-2-unpaved-stripOgni concreto intervento nel settore richiederebbe una legislazione speciale e, prima di generare risparmi, molti fondi aggiuntivi: davvero non vediamo quale parte politica potrebbe farsi carico di un programma così lungimirante ma impopolare.

In ogni caso l’esperienza insegna che anche  l’eterna proposta di ridurre la quantità per favorire la qualità e ottenere Forze Armate più piccole ma più efficienti, soluzione che tante volte è apparsa la panacea di tutti i mali del nostro apparato militare, si è nei fatti sempre vanificata: ogni riduzione dello strumento è stata sempre accompagnata da una corrispondente contrazione degli stanziamenti, non di rado in misura più che proporzionale.

Questo è sempre accaduto a partire dall’ormai “storica” Ristrutturazione dell’Esercito del 1975, per proseguire con i numerosi programmi di contrazione, riduzione, taglio e razionalizzazione che si sono succeduti negli ultimi quarant’anni. Pensare che oggi accadrebbe la stessa cosa mi rende forse un pessimista, o magari, come diceva qualcuno, solo un ottimista ben informato.

Foto: Alenia Aermacchi, Alberto Scarpitta, MBDA

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Nato a Padova nel 1955, ex ufficiale dei Lagunari, collabora da molti anni a riviste specializzate nel settore militare, tra cui ANALISI DIFESA, di cui è assiduo collaboratore sin dalla nascita della pubblicazione, distinguendosi per l’estrema professionalità ed il rigore tecnico dei suoi lavori. Si occupa prevalentemente di equipaggiamenti, tecniche e tattiche dei reparti di fanteria ed è uno dei giornalisti italiani maggiormente esperti nel difficile settore delle Forze Speciali. Ha realizzato alcuni volumi a carattere militare ed è coautore di importanti pubblicazioni sulle Forze Speciali italiane ed internazionali.

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