Piazza Caporetto: il nuovo libro di Stefano Magni
Oggi, 24 maggio, anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia nel 1915, è ordinabile online il romanzo breve “Piazza Caporetto” (Libri di Libertates, Milano 2015, pp. 145, euro 10). Come suggerisce il titolo (non esiste alcuna piazza dedicata alla nostra peggiore sconfitta) è una storia alternativa (ucronia) della Grande Guerra scritta dal giornalista Stefano Magni. La Prima Guerra Mondiale, contrariamente alla Seconda, non si presta molto alle ucronie. La Seconda, con il suo carattere apocalittico, fatta di grandi uomini e grandi battaglie decisive, ha dato spunto a una serie di storie controfattuali.
La Prima Guerra Mondiale, al contrario, è un conflitto fatto di piccoli eventi e piccoli uomini, di materiali e di attrito, di trincee e di risultati non decisivi. Finché una delle due parti non è collassata. Una guerra così si presta decisamente meno a grandi storie alternative, di quelle in cui si immagina un unico punto di divergenza che cambia la guerra e tutta la storia successiva.
Fare una storia alternativa credibile del 14-18 è sempre una scommessa difficile. Eppure è proprio la Prima Guerra Mondiale che ha plasmato tutto il secolo successivo.
La Seconda Guerra Mondiale, così come i regimi totalitari, la decolonizzazione e la guerra fredda, altro non sono che le sue conseguenze. Se vogliamo sbizzarrirci a cambiare la storia del Novecento, dunque, dobbiamo slacciare il nodo della Grande Guerra e riallacciarlo in altro modo.
“Piazza Caporetto” parte da una serie di grandi “se” del conflitto. Non cambia gli esiti di un singolo evento, ma di una serie di eventi, fra loro slegati, ma avvenuti quasi simultaneamente, in un unico mese di guerra dalla fine di ottobre alla fine di novembre del 1917: Caporetto, la Rivoluzione Russa, la presa di Gerusalemme e la battaglia di Cambrai. Eventi che sono risultati epocali, col senno di poi.
Stefano Magni non pretende di riscrivere il Novecento, ma si limita a suggerire, con una novella divertente e facile da leggere (anche per non addetti ai lavori), che le disgrazie della fine del 1917 non fossero affatto inevitabili.
In questa ucronia, il punto di divergenza è una discussione a porte chiuse apparentemente insignificante: nel settembre 1917, i tedeschi decidono di non intervenire al fianco degli alleati austro-ungarici sul fronte italiano, ma di lanciare l’ultima offensiva dell’anno sul fronte russo. E, da questo punto di divergenza, cambia tutto. Gli austro-ungarici, lasciati soli, vengono fermati a Caporetto con gravi perdite e l’impero, già debole, inizia a sfasciarsi.
L’offensiva austro-tedesca in Russia si conclude con un risultato tutt’altro che decisivo, ma in compenso dà all’esercito russo il giusto stimolo per tornare a combattere, sia contro il nemico esterno (i tedeschi), sia contro quello interno (Lenin e i bolscevichi) che si sta affacciando sulla scena proprio in quelle settimane cruciali. Allo stesso tempo, non essendo crollate né l’Italia, né la Russia, gli inglesi possono completare, con maggiore calma, sia l’offensiva in corso in Palestina, sia quella in preparazione sul fronte occidentale, a Cambrai.
Questa girandola di eventi, concentrati in un unico mese di storia (dalla fine di ottobre alla fine di novembre del 1917) ha determinato cambiamenti epocali, non solo per l’Italia, ma per la storia globale del Novecento. Nel bene o nel male, è da quel singolo mese di storia della guerra che nascono l’Urss e il comunismo mondiale, si gettano le basi della decolonizzazione, della nascita di Israele e della storia del conflitto in Medio Oriente così come lo conosciamo ancora oggi.
E’ in quel singolo mese di storia che Germania e Austria-Ungheria si illudono (nonostante il blocco navale, la fame, l’esaurimento delle risorse e l’ingresso degli Usa nel conflitto) di poter vincere ancora, giocando le loro carte nelle offensive del 1918 e perdendo tutto.
E’ da questa tardiva illusione di vittoria, frustrata un anno dopo, che possiamo comprendere sia la disintegrazione successiva dell’impero degli Asburgo che la nascita del nazismo in Germania. Paradossalmente, se avessero perso prima, la loro e la nostra storia successiva sarebbe stata più serena.
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