Anche i jihadisti del Caucaso aderiscono allo Stato Islamico
Askanews – I terroristi islamisti nel Caucaso russo hanno giurato fedeltà allo Stato islamico, secondo un video pubblicato online. Già circa 2.000 russi avrebbero combattuto nei ranghi del gruppo jihadista, in Siria e in Iraq, secondo fonti dei servizi segreti russi. “Noi proclamiamo la nostra fedeltà e obbedienza al Califfo”, noto come Abu Bakr al-Baghdadi, annuncia il principale gruppo di ribelli islamici, l’Emirato del Caucaso.
“Noi possiamo testimoniare che tutti i combattenti del Caucaso, della Cecenia, del Daghestan, dell’Inguscezia e della Kabardino-Balkaria sono uniti in questa decisione e non hanno divergenze” continua in russo, con sottotitoli in arabo.Martedì scorso il portavoce dello Stato Islamico, Abu Mohammed al-Adnani, si era “congratulato con i soldati della Stato islamico nel Caucaso”.
Abu Bakr al-Baghdadi “ha accettato la vostra fedeltà e ha nominato lo sceicco Abu Mohammad al-Qadari come governatore del Caucaso”, aveva detto in una registrazione. Questa è la prima volta che l’intera rivolta islamista nel Caucaso russo formalizza il suo sostegno all’IS. Il mese scorso il comandante della polizia speciale del Tagikistan, scomparso alla fine di aprile, è riemerso in un video su Youtube dove annunciava che si era unito all’organizzazione terroristica: il colonnello Gulmurod Khalimov in quel video di 12 minuti prometteva di portare la jihad in Tagikistan, Russia e Stati Uniti.
Sarebbero circa 5.000 i cittadini russi che combattono con lo Stato Islamico nelle file dei foreign fighters. L’allarme è stato lanciato dal Centro Antiterrorismo della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), la comunità che raggruppa dieci repubbliche ex sovietiche inclusa l’area del Tagikistan,del Kazakistan e dell’Uzebkistan, dove i reclutatori ceceni dell’IS stanno lavorando senza sosta per rimpinguare le fila dei combattenti in Siria e in Iraq.
“Secondo i servizi di sicurezza circa 2.000 cittadini con passaporto russo stanno combattendo per l’Isis – ha detto il capo del Centro antiterrorismo Andrei Novikov a Interfax – Per alcuni esperti il numero potrebbe avvicinarsi a 5.000”. Alcune cifre sono state confermate con prove documentali mentre altre sono ancora al vaglio dell’intelligence dei Paesi CSI (Armenia Azerbaigian, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan, Uzbekistan).
“Dobbiamo utilizzare inostri agenti e i nostri mezzi di controllo”, ha spiegato Novikov sottolineando che il lavoro di intelligence sta riguardando tutti i Paesi della Comunità. A preoccupare le autorità russe sono in particolare gli immigrati tagichi e uzbeki che si trovano sul territorio russo e sono facile preda dei reclutatori ceceni che lavorano per l’IS.
Secondo un recente rapporto dell’International Crisis Group negli ultimi tre anni tra 2.000 e 4.000 persone si sono spostate dal Tagikistan alla Siria e il Movimento islamico dell’Uzbekistan potrebbe unirsi al Califfato. “L’ISIS cerca insegnanti, infermiere, ingegneri, non soltanto combattenti”, secondo il report.
“In Russia gli immigrati sono lasciati ai margini della società, guadagnano poco e spesso in modo illegale e trovano conforto e motivazione nella religione”, continua ancora il rapporto spiegando l’attrattiva proposta dallo Stato Islamico che paga anche il viaggio per raggiungere Aleppo in molti casi. Un recente reportage del Guardian mostrava che per molti immigrati con passaporto russo il Califfato è la speranza di una nuova vita.
Nell’articolo del quotidiano inglese si raccontava la storia di una ragazza tagika e della sua famiglia che aveva ricevuto 30mila dollari per raggiungere Aleppo, dove era stata messa disposizione una casa con ogni comfort e un lavoro da ispettore per il marito.
Già a dicembre del 2013 l’ambasciatore siriano a Mosca aveva dato alcuni dati preoccupanti sul fenomeno parlando di 1.700 ceceni al soldo dello Stato Islamico. Il primo vicedirettore dei Servizi di sicurezza russi Sergei Smirnov aveva presentato ad aprile alcuni dati secondo cui 1.700 russi combattevano per il Califfato e altri 300 combattenti provenivano dal Tagikistan.
Il database del Centro Antiterrorismo CSI ha informazioni confermate a propositodi cittadini direttamente coinvolti negli scontri in Siria e in Iraq nelle file dell’Isis: “Ci sono 567 persone, oltre a quelle provenienti dalla Russia, sulla lista. E secondo le informazioni disponibili 61 sono rimaste uccise nelle ostilità”, ha aggiuntoNovikov.A preoccupare il Centro non è soltanto il lavoro di reclutamento di emissari ceceni dell’Isis nel Volga e nella stessa Mosca, mal’impatto di questa nuova ondata di entusiasmo verso il terrorismo nei Paesi CSI.
“La minaccia dell’espansione dell’IS sta avvicinando ai confini meridionali della Csi e sono statiregistrati scontri alla frontiera sud del Turkmenistan e nelGorno-Badakhshan.
I nostri analisti ritengono che l’addensarsi diforze antiterroristiche ai confini esterni dei Paesi Cis insiemealla volontà di attaccare questi Paesi possa complicare la situazione interna dei Paesi membri”.
Per evitare che le zone centroasiatiche e delle repubbliche ex sovietiche diventino territorio di pesca per il Califfato, haspiegato Novikov, la Russia e gli alleati della CSI stanno lavorando insieme rinforzando la frontiera meridionale.
“Leorganizzazioni terroristiche internazionali, che si sono modernizzate sul modello mercenario, si pongono come obiettivo di medio termine un cambiamento del modello amministrativo dell’intera regione, la frammentazione degli stati esistenti e la creazione di nuovi”. Le previsioni fatte in tal senso a proposito dell’IS e dei metodi di reclutamento, appena un anno fa “si stanno sfortunatamente verificando tutte”, ha concluso.
Foto: Reuters e Stato Islamico
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