Il Califfato continua ad espandersi
Mentre a Parigi il vertice della Coalizione non ha determinato nessun rafforzamento nell’intervento militare internazionale contro lo Stato Islamico, le milizie di Abu Bakr al-Baghdadi continuano ad avanzare in Siria. L’IS ha preso il controllo di cinque villaggi e sta avanzando verso la strategica città di Azaz, nei pressi del confine con la Turchia, mirando a tagliare così le vitali vie di rifornimento ai ribelli anti regime nella città di Aleppo.
Se riusciranno a impadronirsi di Azaz, da cui si controlla uno dei principali punti di passaggio tra Siria e Turchia, “prenderanno automaticamente anche il controllo di Aleppo” e allo stesso tempo rafforzeranno la loro capacità di ricevere rifornimenti di armi e combattenti attraverso la Turchia, ha detto Abu Muhammed, leader di un gruppo di ribelli, il Thuwar al-Sham che, come altri gruppi di miliziani ha chiesto il supporto areo della Coalizione denunciando supposte “intese” tra il regime di Assad e lo Stato Islamico.
Il colonnello Mohammed al Ahmed, portavoce della maggiore coalizione di ribelli ad Aleppo, la Jabhat al Shamiya, ha dal canto suo denunciato un “coordinamento” tra l’Isis e il regime di Damasco.
A dimostrarlo, sottolinea, ci sarebbe il robusto martellamento della regione compiuto nei giorni scorsi da parte delle forze aeree di Damasco con i famigerati barili-bomba anche se i raids dei Mig siriani si sono concentrati anche sulle postazioni dello Stato Islamico a Palmira.
Ciò nonostante gli Stati Uniti sostengono l’ipotesi di un’intesa tra Damasco e lo Stato Islamico. “Da tempo abbiamo visto che il regime evita le linee dell’IS”, ha affermato la portavoce del Dipartimento di Stato Marie Harf, mentre fonti diplomatiche statunitensi sostengono che ci sono informazioni secondo cui “il regime sta compiendo raid aerei a sostegno dell’avanzata dell’IS verso Aleppo”.
Secondo l’Ondus (ong con sede a Londra vicina ai ribelli anti-Assad) Tre giorni di intensi combattimenti nel nord hanno provocato almeno 75 vittime, 30 jihadisti e 45 ribelli. Nella provincia di Homs, nel centro della Siria, l’Isis ha conquistato alcune arterie stradali ritenute strategiche, a sud della città di Palmira.
I ceck-point nella regione e il villaggio di Basireh, tra Damasco e Homs, sono ora controllati dai jihadisti che hanno congiunto la regione di siriana di Palmira con quella irachena di al-Anbar.
L’ambiguità di una Coalizione che sembra più inefficace contro i jihadisti del Califfato ma protesa a indebolire i regimi sciiti di Damasco e Baghdad è stata denunciata ieri a Parigi dal premier iracheno, Haidar al Abadi, che ha scaricato sulle spalle della coalizione arabo-occidentale la responsabilità della catena di insuccessi contro i jihadisti.
Nei giorni scorsi Abadi aveva ammesso che l’esercito iracheno ha perso molte armi nell’ultimo anno, alcune delle quali abbandonate dai militari in ritirata e poi utilizzate dallo Stato Islamico. ”Abbiamo perso 2.300 Humvee solo a Mosul”, ha notato Abadi.
I veicoli militari non sono stati distrutti, ma abbandonati dai militari in ritirata e successivamente presi dai miliziani dell’Is. Oltre a questi, in mano ai jihadisti sono finiti carri armati, artiglieria, veicoli corazzati e altre armi.
Dopo la caduta di Mosul il 9 giugno dello scorso anno, gli Stati Uniti hanno approvato la vendita di altri mille Humvee all’Iraq per una cifra stimata di 579 milioni dollari. Non è chiaro quanti siano stati consegnati e qualche dubbio emerge anche circa le ultime forniture, tanto sbandierate a Washington di razzi anticarro AT-4.
Il Pentagono ne ha inviati in Iraq 2.000 ma ne hanno consegnato solo la metà a Baghdad mentre gli altri mille sono stati disseminati nei Paesi vicini (Giordania e Turchia?), ufficialmente per addestrare altre truppe irachene impegnate contro l’IS. Lo hanno riferito fonti del Pentagono.
I territori siriani e iracheni in mano al Califfato hanno raggiunto l’estensione di circa 300.000 chilometri quadrati, un’area grande quanto l’Italia. Le ultime offensive del Califfato in Iraq hanno portato a tre milioni il numero di sfollati iracheni secondo la stima del ministero delle Migrazioni dell’Iraq.
Il suo portavoce, Asghar Mousawi, si aspetta che “il loro numero aumenti con l’operazione militare mirata a liberare la provincia di Anbar”.
Secondo Mousawi, dopo la caduta di Ramadi il 17 maggio oltre 25mila persone hanno abbandonato le loro case per cercare rifugio a Baghdad.
L’offensiva per liberare Ramadi, promessa dal governo iracheno, sembra però arrancare. Malallah al Obeidi, responsabile del sub-distretto occidentale della città di Ramadi ha ammesso che “in generale siamo fermi davanti alle postazioni dell’IS, nonostante i ripetuti tentativi di sfondare le linee nemiche. Il governo federale deve però mantenere le promesse soprattutto per quanto riguarda gli aspetti umanitarie sanitari”.
Al-Obeidi ha denunciato una “grave carenza di cibo e forniture mediche”, mentre le tribù sunnite che combattono col governo “non percepiscono alcun stipendio da più di un anno e quattro mesi”.
Foto: Getty Images, Stato Islamico, Esercito iracheno, Aerinautica siriana
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