migranti in caserma: la retromarcia del Prefetto di Padova
Dopo aver annunciato non più tardi di due giorni fa che i migranti in arrivo prossimamente nel padovano avrebbero trovato accoglienza nelle caserme in uso alle Forze Armate, la Prefettura di Padova ha ora rilasciato una breve nota con cui annuncia che il progetto è per il momento sospeso.
Ecco il testo prefettizio: “Comunicato stampa n. 8 del 25.06.2015 – Accoglienza migranti – In relazione alle notizie apparse sugli organi di stampa nei giorni scorsi riguardo il possibile utilizzo di caserme in uso alle Forze Armate per l’accoglienza di migranti richiedenti asilo, si comunica che tale soluzione non è al momento perseguibile”.
La questione sembrerebbe quindi ridimensionarsi e tornare nell’alveo delle ipotesi, o delle soluzioni percorribili, o degli studi di fattibilità. Fate voi. Ogni definizione va bene purché si collochi la soluzione prospettata dal Prefetto di Padova – alloggiare i migranti nelle caserme in uso – come una mera possibilità che comunque sia, prima di poter essere attuata, necessita di un attento esame, a cominciare dalla sua compatibilità con le norme esistenti se non, addirittura, prevedendo l’emanazione di norme “ad hoc” per sollevare i malcapitati comandanti da problemi di ogni genere, in particolare da quelli attinenti la sicurezza dell’infrastruttura di cui hanno una diretta e personale responsabilità.
Subito dopo è anche necessario siano fissate precise disposizioni ministeriali perché vi sono aspetti amministrativi di non secondaria importanza – come l’uso dei materiali e il loro deterioramento, o la distribuzione di pasti – in cui certo non è pensabile che ogni comandante faccia a modo suo improvvisando regole magari in contrasto con la normativa vigente che in questa materia, come si sa, colpisce duro, perché va direttamente a toccare il portafoglio di quelli su cui ricade la responsabilità del servizio.
Evidentemente il Prefetto padovano ha cercato di trovare quella che ai suoi occhi si presentava come la strada più semplice e più praticabile, le maledette caserme. In effetti di strutture vuote nel nord-est ce ne sono un’infinità, ma si è subito visto che in realtà questa è una soluzione che non porta da nessuna parte dato che, nella maggioranza dei casi, si tratta di caserme abbandonate anche da decenni, fatiscenti, oggetto di vandalismi (come i casi trevigiani delle caserme “Salsa” o “Tombolan-Fava”, addirittura divenuta per un certo periodo “Centro Sociale”) e comunque prive di requisiti igienico-sanitari abitativi.
Ecco allora la nuova soluzione. Certamente sempre le caserme ma, anziché in quelle vuote, alloggiare i migranti in quelle in uso. Se ci vivono i militari, allora i requisiti abitativi devono esserci per forza. Giusto. Ma forse anche no, perché le soluzioni, quali che siano, devono prima considerare la loro concreta fattibilità e non trasformarsi in scorciatoie semplici, veloci, e in carico a qualcun altro.
Fabio RagnoVedi tutti gli articoli
Padovano, classe 1954, è Colonnello dell'Esercito in Ausiliaria. Ha iniziato la carriera come sottufficiale paracadutista. Congedatosi, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza ed è rientrato in servizio come Ufficiale del corpo di Commissariato svolgendo incarichi funzionali in varie sedi. Ha frequentato il corso di Logistic Officer presso l'US Army ed in ambito Nato ha partecipato nei Balcani alle missioni Joint Guarantor, Joint Forge e Joint Guardian.