Marò: le (amare) considerazioni dell'ammiraglio Veri
Lasciando la direzione del Centro Alti Sudi per la Difesa e concludendo allo stesso tempo una brillante carriera militare che lo ha visto guidare nel 2011 le forze navali della NATO nel conflitto libico (Operazione Unified Protector), l’ammiraglio di squadra Rinaldo Veri si è tolto qualche sassolino dalle scarpe.
Nel suo discorso ha evidenziato la necessità di adottare una mentalità interforze e non ha risparmiato critiche ai tagli di bilancio che a fronte di risparmi irrisori penalizzano la formazione. La vera stoccata Veri l’ha tirata concludendo il suo intervento quando ha ricordato la vicenda (ormai dimenticata anche dai media ) di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
“Non posso congedarmi oggi senza un pensiero dedicato ai nostri due marò Girone e Latorre, cui rivolgo in questo momento il mio più affettuoso saluto e la mia sentita vicinanza, con l’accorato auspicio di una pronta soluzione della delicata vicenda. e ciò in una duplice veste.
Quella di marinaio ma anche di chi possiede origini indiane, che mi v edono soffrire per questa angosciosa situazione. un mio rimpianto risiede proprio nel non aver potuto, mettendo a profitto queste mie origini, contribuire alla causa, pur possedendo il vantaggio inconfutabile di conoscere la realtà sociale, culturale e relazionale con la gente e le istituzioni di quel Paese”.
Nato a Bombay nel 1952 da madre indiana e padre italiano, Veri ha vissuto in India 14 anni e non ha mai perso i contatti, anche ad alto livello, con quel Paese. L’ammiraglio, che aveva messo più volte a disposizione la sua competenza in materia (l’ultima nel novembre scorso) fin dall’inizio della vicenda dei due marò semplicemente “non ha ottenuto risposta” come ha detto in un’intervista al quotidiano Il Tempo.
Nessuno dei tre governi succedutisi a Roma dal 2012 a oggi lo ha mai preso in considerazione. Un vero peccato soprattutto tenendo conto della figuraccia rimediata dall’Italia grazie anche alla dilettantistica improvvisazione che ha contraddistinto le figure che hanno tentato di gestire il dialogo con Nuova Delhi. Probabilmente i vertici politici non potevano accettare di affidare il caso a un militare, per giunta di una forza armata così coinvolta nel caso come la Marina.
L’intervento di Veri avrebbe potuto fare la differenza? Lui ritiene di si. “Sia all’inizio, sia quando al governo in India è arrivato il premier Modi. In quel momento, pur non avendo la pretesa di dire che avrei risolto la situazione, ormai incancrenitasi, avrei potuto facilitare la negoziazione. Diciamo che avevo delle persone che potevano arrivare a lui, degli amici indiani che conoscevano Modi e la parte politica a cui appartiene. Avrebbero potuto avere la loro influenza. Posso dire, senza alcun tema di smentita, che avrei potuto essere un ottimo facilitatore”.
Anche se l’ammiraglio ritiene che “la possibilità di successo è calata perché mese dopo mese la situazione si è fatta più difficile”, oggi che Veri ha lasciato il servizio attivo sarebbe utile che a Roma qualcuno riflettesse sull’opportunità di affidargli un incarico ad hoc per cercare di risolvere la crisi con l’India e riportare definitivamente a casa Latorre e Girone. Sempre che non si preferisca continuare ad affidarsi all’improvvisazione con i risultati che abbiamo visto finora.
Twitter @GianandreaGaian
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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.