La "svolta" di Obama in Siria: meno di 50 berretti verdi

Barack Obama ha deciso di inviare “meno di 50 uomini delle forze speciali” in Siria: sarebbe questa la “svolta” statunitense nel conflitto siriano da tempo nell’aria.

Per la prima volta il presidente Obama ha autorizzato il dispiegamento unità di forze speciali nel nord della Siria, militari che “non avranno compiti di combattimento ma che saranno equipaggiati per essere in grado di difendersi”. A prima vista nulla di eccezionale, anche gli istruttori italiani che a Erbil addestrano i peshmerga curdi hanno le armi per difendersi pur non avendo compiti di combattimento

.La Casa Bianca ha infatti precisato che “la nostra strategia sulla Siria non cambia” ma i Berretti Verdi (o altri corpi delle Special Forces) avranno il compito “aiutare a coordinare le locali forze di terra e gli sforzi della Coalizione” contro il Califfato.

Facile quindi intuire che si occuperanno di “marcare” bersagli per i raid aerei (a Incirlik stanno arrivando anche cacciabombardieri F-15 E oltre ai 12 A.-10 da attacco già presenti) e fungeranno da consiglieri militari per le milizie della Brigata dei Rivoluzionari di al-Raqqa (Liwa Thuwwar al-Raqqa), movimento laico (anche se fino al 2013 era alleato dei qaedisti del Fronte a-Nusra) affiliato all’Esercito Libero Siriano (ESL) attivo nella provincia di Raqqa e alleato delle Forze di difesa Popolare curde (YPG).

Lo ha confermato un portavoce del movimento, Mahmud al Hadi, spiegando che il reparto americano arriverà nella provincia di Raqqa “al momento giusto” per lanciare un’offensiva che comincerà “prossimamente” con l’obiettivo di liberare la capitale del Califfato.

Un obiettivo perseguibile solo muovendo insieme le poche centinaia di uomini della Brigata Rivoluzionaria di al-Raqqa (a sinistra il loro simbolo) con le migliaia di miliziani curdi dell’YPG che hanno difeso Kobane e hanno già cercato senza successo di attaccare da nord la capitale del Califfato. In questo caso l’intervento americano può essere interpretato in competizione con i russi che hanno già cercato di aggregare i curdi siriani alla “loro coalizione” anti terrorismo.

Per contrastare l’iniziativa di Mosca gli Stati Uniti hanno paracadutato il 13 ottobre 50 tonnellate di armi e munizioni all’YPG il cui ruolo non è però ostile a Bashar Assad. Anzi, ad Hasaka e in altri settori le milizie curde combattono fianco a fianco con i militari di Damasco contro gli uomini dello Stato Islamico.

Inoltre gli “spetsnaz” schierati da Mosca a Latakya avrebbero tra i loro compiti l’eliminazione o la cattura di Abu Bakr al-Baghdadi. Un’operazione che, se avesse successo, darebbe ulteriore lustro al ruolo russo in Medio Oriente.

L’ipotesi che forze speciali russe e statunitensi competano in Siria per colpire l’Isis non è poi così improbabile anche se non si può escludere la sorpresa di una spettacolare azione congiunta russo-americana contro il Califfato una volta raggiunta un’intesa sul futuro assetto della Siria. Intesa per ora lontana come è emerso anche al vertice di Vienna in cui tutti hanno convenuto solo sulla necessità che la Siria non venga smembrata.

Ieri il ministro degli esteri russo, Serghei Lavrov, ha criticato a Vienna la decisione di Obama di mandare forze speciali in Siria perché l’intervento è fuori dal quadro del diritto internazionale: non è autorizzato dall’Onu né è stato chiesto dal governo di Damasco. “Noi ci pronunciamo perché in qualsiasi caso, avendo un nemico comune, si trovi un modo per interagire nella lotta contro di esso in modo legittimo”, ha spiegato Lavrov.

“Credo che né gli Usa né la Russia vogliano uno scivolamento del conflitto in Siria verso una guerra per procura”. Washington del resto supporta già con forniture di armi, in particolare i missili anticarro, le milizie dell’ESL che combattono accanto a salafiti, fratelli musulmani e qaedisti dell’Esercito della Conquista per fermare le offensive delle truppe di Damasco coadiuvate da pasdaran iraniani e milizie sciite hezbollah e irachene con l’appoggio dei jet russi.

Anche in Iraq gli statunitensi vogliono essere più incisivi, un’esigenza imposta dalla decisione del parlamento iracheno di approvare l possibilità di chiedere ai russi di colpire l’ISIS sul proprio territorio con i cacciabombardieri basati in Siria.

Anche a Baghdad verrà costituita una task force di forze speciali da impiegare insieme ai droni per colpire i leader del Califfato mentre verrà incrementata l’assistenza militare a Giordania e Libano. Le forze speciali americane hanno già condotto missioni segrete o di recupero ostaggi in Siria e Iraq contro l’ISIS: il loro dispiegamento a tempo pieno al fronte potrebbe determinare successi ad alta visibilità ma non certo decisivi anche a causa della consistenza puramente simbolica dei reparti impegnati.

Foto US DoD, Stato Islamico, AP

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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