Lo "RPG-gate" e il fallimento dei ribelli moderati siriani
Mentre i rinforzi iraniani giungono in Siria ed i russi continuano con i raid aerei, diventa sempre più evidente il fallimento del programma americano di addestramento ed equipaggiamento dei cosiddetti ribelli “moderati”.
Le cause principali di questa debacle sono pressoché note ma stanno emergendo i retroscena di un affare occulto stile Iran-Contras che vi ha potenzialmente contribuito: una partita di armi difettose, un contratto multimilionario con un’ambigua società privata, la misteriosa morte di un contractor americano e una triangolazione per l’acquisto di missili dalla Bielorussia. Una concatenazione di elementi degna di un thriller hollywoodiano!
A dicembre il Presidente Obama aveva richiesto ed ottenuto dal Congresso 500 milioni di dollari per addestrare ed equipaggiare l’opposizione siriana per combattere l’ISIS. Otto mesi dopo, dei 3.000 previsti per il 2015, solo 54 ribelli erano stati addestrati e schierati sul campo.
Attaccati da Jabhat al-Nusra (gruppo legato ad Al Qaeda), sono stati fatti prigionieri o sono entrati a farne parte cosicché il Generale Lloyd Austin, comandante di CENTCOM si è trovato a riferire che “solo 4 o 5 guerriglieri stanno effettivamente combattendo in Siria”. I 75 elementi del secondo gruppo sono passati immediatamente con al-Nusra portandole in “dote” 6 camion di armi e munizioni fornite da Washington.
Nel programma di addestramento ed equipaggiamento, come riportato da BuzzFeeNews, risulta fortemente attiva la piccola e sconosciuta Purple Shovel LLC . Costituita nel 2010 come Service-Disabled Veteran-Owned Small Business – attività imprenditoriale di piccole dimensioni avviata da reduci e/o invalidi per causa di servizio a cui vengono riconosciuti determinati contributi statali è specializzata in servizi logistici in ambienti ostili e di crisi umanitarie.
Il fondatore, Benjamin Worrell ha lavorato per il controspionaggio dello U.S. Army dal 1993 al 2001 per poi diventare un contractor del Governo e di società terze a partire dal 2005. Nei suoi confronti e della moglie è stata presentata istanza di fallimento personale nel 2008; procedura chiusa nel luglio 2012. La società del Delaware era solita operare con appena sei dipendenti ed un giro d’affari annuo al di sotto dei 2 milioni di dollari: tipica realtà aziendale utilizzata da CIA e Pentagono per le loro operazioni.
Purple Shovel si è aggiudicata due contratti dello U.S. Special Operation Command per supportare la Combined Joint Interagency Task Force-Syria (CJIATF-S), incaricata dell’addestramento ed equipaggiamento dei siriani. Il primo, del valore di 31milioni, è terminato a luglio ed aveva per oggetto l’addestramento e fornitura di equipaggiamento in generale; un contratto ad attribuzione diretta, senza gara d’appalto sebbene sia solitamente una procedura sconsigliata dalla legge federale.
L’altro, da 28,3 milioni, è stato ottenuto mediante gara d’appalto e prevedeva la fornitura di “armi di fabbricazione straniera e munizionamento”. Nella fattispecie: 12.640 granate autopropulse perforanti PG-7VM, 26 lanciatori spalleggiabili RPG-7, 6.240 proiettili anticarro PG-9Vs, 72 cannoni senza rinculo tipo SPG-9s, 700 missili anticarro filoguidati Konkurs e 36 lanciatori.
Alla fornitura sarebbe collegato un tragico evento accaduto il 6 giugno 2015 in Bulgaria. In un poligono nei pressi di Anevo, un’esplosione ha ucciso un contractor americano, Francis Norwillo e ferito altri due. Norwillo, ex Navy Seal ed esperto armiere, congedatosi dalla Marina era entrato nel mondo delle Private Military Companies; assunto da SkyBridge Tactical – subcontractor di Purple Shovel – per addestrare altri contractors e soldati americani che avrebbero poi addestrato i siriani, stava “familiarizzando” con i sistemi d’arma del programma.
Le granate autopropulse fornite dalla Regulus Global, ottenute a sua volta dalla bulgara Algans Ltd, erano state prodotte nel 1984, pertanto ormai instabili e a rischio esplosione o malfunzionamenti. Un rapporto ufficiale del governo bulgaro sull’accaduto sarà pronto solo a dicembre ma SOCOM si è affrettato a negare che i contractors stessero lavorando al progetto.
Tre lotti di granate sarebbero stati restituiti, rallentando il piano di armamento ed obbligando i fornitori bulgari alla sostituzione con prodotti più recenti. Vista la proliferazione di guerre e l’ampio utilizzo di armamenti dell’ex Patto di Varsavia, le capacità produttive bulgare e di altri Paesi dell’Est sono al limite, perciò l’impresa si è rivelata alquanto ardua.
Ed ecco che entra in campo ”l’ultimo dittatore d’Europa”. Il bielorusso Aleksandr Lukašenko, filorusso e già fornitore di armi di Assad, ha governato il suo Paese per più di vent’anni col pugno di ferro. Continue violazioni dei diritti umani e sanzioni della comunità internazionale hanno reso il Paese off-limits per i commercianti d’armi a stelle e strisce.
Nonostante questo, al Pentagono e a Foggy Bottom avrebbero deciso di chiudere un occhio concedendo a Purple Shovel la licenza necessaria ad acquistarvi i 700 missili Konkurs. Formalmente, ciò avverrebbe tramite una società bulgara che poi trasferirebbe il tutto alla società del Delaware. La notizia sarebbe stata confermata anche da un’ammissione del tenente comandante Matthew Allen, portavoce di SOCOM. Sebbene Purple Shovel abbia lamentato imprecisioni da parte di BuzzFeedNews, a causa del vincolo di segretezza imposto dal contratto governativo non ha potuto fornire chiarimenti o precisazioni.
Come riportato sull’ultimo numero del Time, una delle ragioni del fallimento della strategia americana sui ribelli siriani è dovuta al ritardo con cui questa è stata avviata. Se Obama si fosse mosso nel 2012 come caldeggiato dalla Clinton e da Panetta, avrebbe trovato sicuramente un maggior numero di moderati da arruolare. Inoltre, avendo indirizzato l’azione unicamente contro l’ISIS, si è pregiudicato il 90% di potenziali reclute: i ribelli vogliono combattere i lealisti e viceversa, l’ISIS viene dopo!
Se aggiungiamo la mancanza di leadership, di esperienza, di motivazione e di intelligence accompagnate da un timido appoggio aereo, difficilmente il risultato avrebbe potuto essere diverso. Il programma continua comunque, con alcune correzioni e modifiche.
I problemi relativi alla fornitura di armi hanno fatto emergere ancora una volta un circuito dissimulato di soggetti ed interessi pubblici e privati che si intrecciano sempre più nella concretizzazione delle scelte di politica estera in questo caso degli Stati Uniti.
I sopraccitati armamenti, sulla cui consegna ancora non si hanno informazioni precise, sarebbero molto utili per eliminare i mezzi corazzati che gli estremisti hanno sottratto agli eserciti in ritirata, oppure contro i loro VBIED (veicoli kamikaze blindati) che utilizzano per sfondare le linee governative o della resistenza.
Ancora, il difficoltoso reperimento di certi armamenti sui mercati globali ne lascia trasparire dinamiche e peculiarità. Gli Stati Uniti sono infatti uno dei principali acquirenti di AK-47 ed altri armamenti russi da riversare in Iraq, Afghanistan ed altri contesti conflittuali; questo perché risultano preferite alle armi occidentali, perché possono occultare “interferenze” occidentali e perché sono decisamente economiche, versatili e resistenti.
Una fornitura di armi senza intoppi, forse, non avrebbe evitato a Washington la figuraccia fatta, ma se pensiamo all’importanza dell’operazione Balak per il neonato Israele durante la guerra del 1948, porsi qualche interrogativo è lecito.
Durante la guerra del 1948, con il beneplacito dell’URSS, lo Yishuv – l’insediamento ebraico prima della proclamazione di Israele – ricevette dalla Cecoslovacchia armi, aerei ed addestramento, nonostante l’embargo ONU. I primi quantitativi di armi giunsero in tempo per rompere l’assedio arabo di Gerusalemme; nella ventennale commemorazione dell’operazione, Ben Gurion ebbe a dire: “Le armi cecoslovacche salvarono lo Stato di Israele, […] e senza queste armi non saremmo sopravvissuti”.
Foto: Reuters, Deviant Art, Stato Islamico
Pietro OrizioVedi tutti gli articoli
Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.