Caschi blu italiani aggrediti in Libano

Caschi blu italiani nel Sud del Libano subiscono da alcune settimane aggressioni e intimidazioni: in almeno tre occasioni mezzi e militari italiani sono stati aggrediti da uomini armati privi di uniforme ma che agiscono in un’area strettamente controllata dalle milizie scite Hezbollah.

Martedì scorso durante un pattugliamento non lontano dal quaartie generale di Unifil, a Naqoura, un suv è spuntato all’improvviso, sbarrando la strada al mezzo italiano mentre un altro veicolo 4×4 lo ha avvicinato da dietro per impedire agli italiani di disimpegnarsi in retromarcia.

Gli aggressori hanno esploso in aria diverse raffiche di kalashinikov. Secondo le ricostruzioni il soldato italiano in ralla, addetto alla mitragliatrice ha rispettato le regole d’ingaggio e ha risposto esplodendo colpi di pistola prima in aria poi davanti ai piedi degli aggressori che no0n hanno esitato a rispondere con il fuoco diretto dei kalashnikov.

A quel punto i militari si sono rinchiusi nel mezzo blindato senza poter impedire agli assalitori di salire sul tetto portando via la mitragliatrice e i giubbotti antiproiettile lasciati nel bagagliaio esterno prima di fuggire sparando altre raffiche in aria.

L’episodio non sarebbe isolato. Nel silenzio di Roma quello di martedì sarebbe il terzo atto di aggressione e intimidazione rivolto ai militari italiani nel Sud del Libano in poche settimane.

Lo scorso 11 novembre c’è stato un assalto simile. Due Lince di pattuglia sono stati circondati dalla folla nel centro di uno dei borghi di frontiera devastati durante l’invasione israeliana del 2006.

Una trentina di persone sono sbucate all’improvviso. Alcune sono salite sul tetto di un Lince, picchiando il militare alla mitragliatrice e minacciandolo con un coltello. I soldati italiani hanno sparato in aria, ma la folla non si è dispersa. Solo dopo lunghi minuti di tensione, gli aggressori hanno deciso di andarsene.

All’inizio del mese un Suv con a bordo un ufficiale italiano è stato inseguito al tramonto da due auto misteriose. Uno dei veicoli si è poi avvicinato, esplodendo diversi colpi di fucile prima di scappare.

Tutte da decifrare le intimidazioni al contingente italiano, che con 1.100 militari è il più numeroso tra quelli schierati all’estero e tra quelli che compongono Unifil. Scartata la pista dei terroristi dello Stato Islamico, gli atti intimidatori sono quasi certamente da attribuire a Hezbollah che già in passato  non aveva esitato a bloccare mezzi di Unifil e a puntare le armi contro gli italiani.

L’attacco si inserisce in una situazione di crescente tensione in Libano, minacciato dalla presenza alle frontiere e da cellule interne dell’Isis. La settimana scorsa lo Stato Islamico ha rivendicato un doppio attentato suicida in un quartiere del sud di Beirut, roccaforte di Hezbollah, che ha provocato 45 morti e quasi 200 feriti.

Ma qualche incidente e avvenuto neigiorni scorsi anche nel sud del Libano, dove altri soldati dell’Unifil in missione di pattugliamento sono stati circondati da qualche decina di uomini in un villaggio e uno di loro è stato minacciato con un coltello.

Il comando della forze dell’Onu, affidato al generale italiano Luciano Portolano, ha aperto un’inchiesta sull’accaduto anche se è evidente il tentativo di mantenere la vicenda a basso profilo.  Parlando con l’ANSA, il portavoce della forza dell’Onu, Andrea Tenenti, ha parlato genericamente di “un incidente che ha coinvolto un mezzo Unifil del contingente italiano”. Il generale Portolano, “condanna l’episodio insieme con le autorità libanesi”, ha aggiunto Tenenti.

I membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu hanno ribadito il loro appoggio a Unifil e hanno rinnovato l’appello a tutte le parti per il rispetto “scrupoloso” degli obblighi a tutela della sicurezza dei caschi blu e del resto del personale dell’Onu. Lo si afferma in una dichiarazione dei Quindici dopo il briefing della speciale coordinatrice Onu per il Libano, Sigrid Kaag, sullo stato di attuazione della risoluzione 1701.

Analizzando l’accaduto di martedì scorso, fonti militari evidenziano l’inadeguatezza delle regole d’ingaggio imposte ai caschi blu in Libano di fronte ad atti di aggressione e attribuiscono a carenze addestrative dovute ai continui tagli al bilancio della Difesa la figuraccia rimediata dagli alpini che si sono fatti sottrarre senza reagire armi ed equipaggiamento.

Alcuni elementi restano poi inspiegabili nell’episodio di martedì scorso. Perché il Lince era isolato quando solitamente le pattuglie sono composte da almeno due mezzi? E se il secondo mezzo era nei dintorni perché non è intervenuto?

Sulla “ralla” del Lince vengono  montate solitamente mitragliatrici Minimi calibro 5.56 o MG-42 calibro 7,62 che per cadenza di tiro e precisione sono in grado di far fronte ad attacchi come quello verificatosi. Perché il mitragliere era autorizzato solo a sparare con la pistola quando gli uomini da affrontare imbracciavano Ak-47?

Infine, una volta che i militari si sono barricati nel Lince avrebbero potuto comunque disimpegnarsi travolgendo i più leggeri veicoli civili che bloccavano la strada, Il Lince  ha un peso di 6,3 tonnellate con un motore diesel a quattro cilindri da 190 hp con una trazione integrale permanente. Può facilmente spostare un pick – up o un mezzo commerciale.

Foto Brigata Alpina Taurinense

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