La Cina acquista 24 Sukhoi Su-35

Sarà stato certamente uno dei temi più trattati di questa rubrica l’affaire dei Su-35 alla Cina; ebbene, secondo il CEO di Rostech Sergey Chemezov all’agenzia di stampa russa TASS, il contratto per l’acquisto di 24 Su-35 da parte di Pechino è stato finalmente siglato.
La Cina diventa pertanto il primo paese straniero ad acquistare questo caccia multiruolo nonostante l’interesse mostrato in questi ultimi anni da Brasile, Venezuela e Indonesia.

A proposito di Indonesia, giova ricordare che la notizia circa l’acquisto di una squadriglia di Su-35 per sostituire i vetusti F-5E/F non è ancora da smentire poiché il 18 novembre l’ambasciatore indonesiano in Russia Djauhari Oratmangun ha riferito che una commissione congiunta russo-indonesiana sulla cooperazione tecnico-militare discuterà a breve l’acquisto dei Su-35 alla fine di novembre a Jakarta.

Per dovere di cronaca sul numero di Su-35 ordinati dalla Cina, è doveroso riportare le cifre che i due paesi avevano proposto all’inizio dei dialoghi per la conclusione dell’affare: Pechino aveva proposto l’acquisto di soli 4 esemplari mentre Mosca aveva stabilito la vendita di non meno di 48 caccia Sukhoi; la cifra finale stabilita (che rende l’idea di come la contrattazione protratta negli anni sia stata decisamente discussa e travagliata) non deve ingannare o far pensare che nel complesso si tratti di una vendita di pochi esemplari: ricordiamo infatti che nel 2010 la Cina stava trattando l’acquisto di 14 caccia navali Su-27SK (Flanker-D, conosciuto anche come Su-33), la Russia si oppose allora motivando che l’ordine avrebbe dovuto essere di almeno 24 aerei: il numero essenziale per recuperare i costi di produzione del Flanker navale.

Come sappiamo, il Su-27K fu realizzato per la Marina russa in soli 24 esemplari a prescindere dall’ordine cinese che per l’appunto non è mai andato in porto; pertanto considerando l’ordine di Stato russo per i Su-35, la vendita di (ulteriori) 24 caccia ad un paese terzo significa innanzitutto un ingresso di valuta straniera in un momento in cui la Russia comunque è sottoposta a sanzioni che hanno indebolito l’economia nazionale; inoltre tale vendita potrebbe costituire un richiamo ad altri paesi del bacino del sud-est asiatico a dotarsi del caccia in questione (in primis Indonesia).

Soddisfazione dunque da parte di Chemezov, che avrebbe dichiarato testualmente all’agenzia russa:  “Le lunghe trattative per la fornitura di Su-35 in Cina sono state completate, abbiamo firmato il contratto”.

Considerato che il costo di un esemplare di Su-35 si aggira all’incirca sugli 85.000.000 di dollari, è desumibile che il valore dell’intero contratto siglato tra Mosca e Pechino superi di poco la considerevole cifra di 2 miliardi di dollari.

Estremamente soddisfatto secondo i media russi anche il governatore del Territorio di Chabarovsk, poiché sarà la società KNAAPO (Komsomolsk-on-Amur Aircraft Production Association) ad assolvere la realizzazione dei 24 caccia richiesti dalla Cina.

Secondo Vassily Kashin, Ricercatore Senior del Centro per l’analisi di strategie e tecnologie con sede a Mosca, la produzione dei velivoli sarebbe iniziata anche prima della firma del contratto finale: – “In questo modo l’ordine non starà in coda agli esemplari già ordinati dalla Difesa russa; quindi è probabile che vedremo operare le prime consegne già dal prossimo anno e quelle finali non oltre metà del 2018, se non addirittura entro la fine del 2017”.

“L’affare – ha proseguito Kashin – non includerebbe i trasferimenti di tecnologia dal momento che i russi avrebbero concordato di utilizzare alcuni equipaggiamenti locali come i cockpit cinesi”.

Analizzando la questione non saranno certamente 24 Su-35 a ridisegnare l’equilibrio strategico del sud-est asiatico, ma appare evidente come siano immediati i timori dei paesi vicini, ma anche degli Stati Uniti, dell’opportunità di clonare tecnologie russe allo stato dell’arte (tra cui i motori AL-117S) che potrebbero fornire un ausilio notevole alla realizzazione dei nuovi caccia di quinta generazione cinesi.

Le opinioni della stragrande maggioranza degli analisti del settore è a senso unico. Jesse Sloman e Lauren Dickey in un’intervista al magazine The Diplomat affermano che: – “I nuovi programmi aeronautici cinesi sono apparentemente in un limbo; alcuni analisti pertanto hanno sostenuto che un acquisto di AL-117S sarebbe il modo più veloce per i cinesi di mettere le mani su un turbofan adatto per il J-20.

Dal momento che la Russia non è disposta a vendere il nuovo motore come prodotto stand-alone, la PLAAF dovrà acquistare il Su-35 e dunque l’AL-117S come parte di un sistema d’arma completo”.

Pechino avrebbe avuto difficoltà nel progettare e costruire un motore a reazione abbastanza potente per i suoi nuovi prototipi da combattimento di quinta generazione, il Chengdu J-20 e lo Shenyang J-31; entrambi i velivoli infatti stanno continuando a volare con i vecchi motori a reazione di fabbricazione russa (il J-20 con il Saturn AL-31 e J-31 con il Klimov RD-93).

Ci sono state segnalazioni sul fatto che la Cina abbia lavorato sullo sviluppo di una versione migliorata del turbofan AVIC WS-13 Taishan, un derivato del russo Klimov RD-33, ma con risultati decisamente altalenanti.

Il turbofan militare di fabbricazione cinese più avanzato attualmente in uso è il WS-10, che però, secondo alcuni rapporti, sarebbe stato giudicato insoddisfacente.

Pertanto l’acquisto di Su-35 da parte della Cina sarebbe da considerare come un affare sia per la Liberation Army Air Force Popolare (PLAAF) che per la fiorente industria militare aerospaziale cinese.

Interessante anche la visione di Conn Hallinan, un editorialista di Foreign Policy In Focus, il quale avrebbe analizzato l’acquisto dei Su-35 in chiave geostrategica: – “Il presidente Obama è stato in Asia di recente e ha annunciato 250.000.000 $ di vendite di hardware militare in vari paesi del Sud-est asiatico: Indonesia, Giappone, Filippine, Vietnam e Malesia. Ora, quello che vedono i cinesi è che dall’India alla Corea del Sud e Giappone, gli Stati Uniti li hanno circondati di potenziali avversari.

L’acquisto dei Sukhoi Su-35 è sicuramente una prima risposta a tutto questo. In questo momento il Su-35 è quanto di meglio possa ottenere l’aviazione cinese: è più veloce di un F-35, ha una portata maggiore rispetto ad esso ed è più flessibile in termini di utilizzo operativo; non ha la capacità stealth, ma la capacità di azione furtiva è sopravvalutata in ogni caso”.

Roger Cliff, membro del Consiglio Atlantico interpellato sulla questione, ha risposto senza tanti giri di parole che: – “Suppongo che il motivo per cui [i cinesi] stiano acquistano 24 caccia Su-35 sia quello di entrare in possesso di alcune tecnologie in esso incorporate. La cellula di base del Su-35 non è poi così diversa da quella del Su-27 o del Su-30 che la Cina peraltro possiede, quindi è desumibile che siano interessati ad altri aspetti del Su-35 come la spinta vettoriale, il suo radar Irbis-E, piuttosto che il suo IRST…”.

Douglas Barrie, membro senior dell’Istituto Internazionale per gli Studi Strategici per il settore aerospaziale militare con sede a Londra, valuta l’acquisto anche come una grande possibilità di portare a compimento lo sviluppo del nuovo J-11D, ovvero la versione aggiornata del Su-27 sviluppato su licenza dalla cinese Shenyang nel 1996; accordo che cessò dopo la costruzione di 95 esemplari su 200 previsti poiché l’intesa prevedeva che avionica, radar e motori fossero di provenienza russa.

Tuttavia, dopo la scoperta della produzione dei primi 95 modelli dotati di avionica e sistemi di volo cinesi, Mosca annullò il suddetto rapporto. “Oltre all’accesso delle tecnologie del motore del Su-35, – secondo Barrie – un settore in cui la Cina per altro continua tutt’oggi a beneficiare della tecnologia straniera, il pacchetto di armi per il Su-35 potrebbe essere altrettanto interessante”.
Ancora Vassily Kashin Ricercatore Senior del Centro per l’analisi di strategie e tecnologie con sede a Mosca, ha dichiarato a tal proposito che: “Nel medio termine, lo sviluppo di questa famiglia [dei J-11] è molto più importante per la Forza Aerea cinese dei loro programmi di quinta generazione stealth J-31 e J-20.

L’utilizzo in un reggimento dei 24 Su-35 fornirà gli elementi essenziali al fine di capire quale direzione dovranno intraprendere in futuro per la scelta della loro flotta di caccia pesanti, cosa possono realizzare in sede o cosa devono chiedere a Mosca per lo sviluppo di ulteriori tecnologie”.

Roger Cliff, autore del China’s Military Power: Assessing Current and Future Capabilities è invece molto più scettico sui timori espressi dalla maggioranza degli analisti: – “Il solo acquisto di parti di tecnologie comunque non trasmette nell’immediato la capacità di farsele da soli. Il miglior esempio di questo tipo è il motore AL-31 installato nel Su-27 e nel Su-30. La Cina ha avuto accesso a quella tecnologia per oltre vent’anni e apparentemente sta ancora lottando per cercare di realizzare un proprio motore turbofan ad alte prestazioni”.

In conclusione solo il futuro potrà stabile con certezza quali saranno le reali intenzioni nonché le reali capacità da parte dei cinesi nelle procedure di sviluppo di particolari tecnologie aeronautiche utili al fine di rendersi totalmente autonomi nella realizzazione di un velivolo militare. Considerazioni che del resto sono le stesse di quelle di altri paesi emergenti come India e Brasile ad esempio.

Il Su-35 (“Flanker-E” per la NATO) è un caccia monoposto di generazione “4++”, versione multiruolo del Su-27 dotato come tutta la famiglia dei Flanker di capacità operative a lungo raggio.
È spinto da due motori Saturn AL-117S con vettori di spinta TVC (thrust vector control) e combina un’elevata manovrabilità con la capacità d’impegnare in modo efficace diversi bersagli simultaneamente utilizzando tramite i suoi 12 punti di aggancio esterni, un’ampia selezione di armi aria-aria e aria-terra.

Foto Sukhoi e Aeronautica Russa

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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