Attacco a Ramadi, l'Isis perde terreno in Iraq

Dopo mesi di lenta offensiva le forze governative irachene hanno lanciato nelle ultime ore un attacco da più direzioni su Ramadi avanzando verso il centro della città che dal maggio scorso è nelle mani dell’Isis, ma dove sono ancora trincerati centinaia di miliziani del ‘Califfato’ e molti civili rimangono intrappolati.

“Riconquisteremo Ramadi “nelle prossime 72 ore”, ha affermato ieri Sabah al Noman, portavoce delle forze di élite anti-terrorismo.

L’offensiva dell’esercito di Baghdad nel capoluogo della provincia di al-Anbar gode del supporto aereo della Coalizione internazionale a guida americana e dell’aeronautica irachena. Secondo fonti militari di Baghdad, una forza congiunta di truppe di terra, unità anti-terrorismo e polizia ha strappato all’Isis i quartieri di Thubbat, Geraishy e Al Bakr.

Ma Eid Ammash, portavoce del Consiglio provinciale di al Anbar, ha detto che i miliziani dell’Isis trincerati nel centro della città “trattengono decine di civili catturati mentre cercavano di lasciare la città, e intendono usarli come scudi umani”.
Molte zone della città sono minate e questo rallenta l’avanzata dei militari iracheni, Il capo di Stato maggiore dell’esercito iracheno, generale Othman al-Ghanemi, non ha nascosto che la “completa liberazione” di Ramadi richiederà alcuni giorni”.

Domenica scorsa aerei militari iracheni avevano lanciato su Ramadi volantini in cui si invitava la popolazione a lasciare la città entro 72 ore, indicando le vie di fuga. In molti, però, non hanno fatto in tempo a mettersi in salvo, e i combattimenti delle ultime ore stanno provocando anche vittime civili.

Fonti locali citate dalla televisione panaraba Al Jazira hanno detto che almeno otto persone, tra i quali diversi bambini, sono stati uccisi nei bombardamenti aerei su un’area residenziale nel nord della città. Sempre nella zona settentrionale, 14 soldati e miliziani sciiti loro alleati sono rimasti uccisi da un’autobomba condotta da un kamikaze.   Ramadi, situata cento chilometri a ovest di Baghdad, è di importanza strategica nella guerra contro l’Isis, perché attraverso di essa passano le vie di collegamento con la Siria e la Giordania.

La provincia sunnita di Al Anbar è tra le più turbolente dell’Iraq fin dai tempi dell’occupazione americana. Qui al-Qaeda aveva organizzato alcune delle sue roccaforti e a partire dal gennaio del 2014  l’Isis si è impadronita di vaste porzioni di territorio, assicurandosi una contiguità con le parti della Siria sotto il suo controllo.

Situata a un centinaio di chilometri da Baghdad, la riconquista di Ramadi sarebbe la maggiore vittoria delle truppe governative dal 2014; e avrebbe un enorme impatto simbolico e strategico: allontanerebbe infatti la minaccia jihadista da Baghdad e spianerebbe la strada alle forze governative verso Mosul. La città che un tempo contava circa 300mila abitanti- è a maggioranza sunnita, ma con una significativa presenza di sciiti, che però sono in gran parte fuggiti. Secondo fonti irachene, al momento al suo interno rimangono trincerati tra i 250 e i 300 jihadisti.

Contemporaneamente all’offensiva su Ramadi le forze speciali statunitensi hanno dato il via a un’operazione per tagliare le linee di rifornimento dell’Isis tra la Siria e l’Iraq. Lo ha annunciato il portavoce della Coalizione internazionale a guida Usa, Steve Warren, spiegando che il premier iracheno Haider al-Abadi ha approvato l’impiego degli operatori militari. I militari opereranno principalmente nell’area di Tel Afar, che si trova a circa 60 chilometri dal confine siriano e a una cinquantina da Mosul.

Il loro obiettivo sarà prevenire che dal paese vicino possano arrivare rinforzi o rifornimenti ai miliziani dell’Isis in previsione della massiccia offensiva militare sulla città o che qualcuno riesca a fuggire e si diriga verso Raqqa, roccaforte dello Stato Islamico in Siria.

Parallelamente, si occuperanno di smantellare la rete di contrabbando di petrolio e reperti archeologici che passa proprio da questa zona. Attaccare le finanze del Califfato è diventato strategico per gli attori internazionali, in quanto limiterà drasticamente le capacità operative, logistiche e organizzative della formazione terroristica.

In Iraq l’Isis attualmente appare sulla difensiva perché sembra aver perso la capacità propulsiva che, nel maggio del 2014, gli consentì di conquistare un terzo del Paese.

Negli ultimi mesi ha perso Tikrit, e a ottobre, Baiji con la sua grande raffineria, grazie all’offensiva delle forze governative e delle Unità’ di Mobilitazione Popolare, coalizione di milizie sciite che invece rimangono a margine dell’operazione a Ramadi, perché la loro presenza sarebbe mal vista dai molti sunniti presenti nell’area.

In autunno l’Isis ha perso Sinjar e con essa anche un’importante via di approvvigionamento  tra Iraq e Siria; esta subendo l’offensiva dei peshmerga curdi nella provincia di Ninive.

L’istituto di ricerche britannico IHS Jane’s, ha calcolato che l’Isis ha perso nel 2015 il 14% del territorio conquistato nel 2014: l’istituto che si avvale di informazioni tratte dalle reti sociali e da fonti tanto in Iraq che in Siria, ritiene chela zona controllata dall’Isis si è ridotta di 12.800 chilometri quadrati tra il 1 gennaio e il 14 dicembre 2015 rispetto ai 78 mila chilometri quadrati controllati alla fine dell’anno scorso.

Il gruppo continua a controllare 78mila chilometri quadrati

Secondo questa ricerca, le principali perdite subite dagli uomini del Califfato nell’anno in corso hanno interessato ampie fasce del confine settentrionale della Siria con la Turchia, tra cui il valico di frontiera di Tal Abyad, che è stato il punto di accesso principale di jihadisti dalla Turchia verso la capitale di fatto del Califfato, Raqqa.

Le altre perdite sostanziali si sono verificate in Iraq: la città di Tikrit (capoluogo della provincia di Salhuddine), Baiji, dove sorge la principale raffineria del Paese ferocemente contesa, e un tratto della strada principale tra Raqqa e Mosul, conquistata dalle forze curde lo scorso mese di novembre.

L’Isis, secondo il rapporto, ha dovuto spostare i suoi uomini dalla prima linea del fronte con le forze curde nel Nord dove ha subito dure sconfitte, a Palmira e Ramadi.

Un dato che potrebbe indicare che per il Califfato il territorio curdo è considerato di minore importanza rispetto alla conquista in Siria e Iraq di territori tradizionalmente sotto controllo arabo-sunnita.

L’infografica pubblicata da IHS mostra che l’attività dell’Isis in aree al di fuori del suo controllo sono fortemente concentrate attorno a Baghdad e Damasco e molto meno in territorio curdo.

Le forze curde siriane risultano di gran  lunga i vincitori nel 2015. Le unità di difesa del popolo curdo (Ypg) sono infatti riuscite ad ampliare del 186% il territorio sotto il loro controllo con la conquista di 15.800 chilometri quadrati.

Le forze curde controllano oggi quasi tutte le aree tradizionalmente appartenenti a ‘Rojawa’, ovvero il Kurdistan siriano.

Motivo per cui le forze curde sono oggi il principale componente delle “Forze Democratiche siriane” (SDF), una coalizione di recente costituzione sulla quale si fa affidamento come elemento chiave per una campagna di terra che gli Stati Uniti vorrebbero lanciare per sconfiggere definitivamente il Califfato nel 2016.

(con fonti Ansa, Askanews, AGI e Il Velino)

Foto: AP, Reuters, YPG, Stato Islamico, AFP, Getty Images, Iraqi Army

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