I DUBBI DI ROMA SULL’F-35

Grande confusione sotto il cielo degli F-35 italiani dopo i fatti accaduti a cavallo del vecchio e nuovo anno. Confusione (e inquietudine) tra gli attori in gioco per il complicarsi degli ultimi passaggi contrattuali e per le incertezze sul prosieguo di una spesa influenzabile – almeno nel breve periodo – dagli oneri imposti dagli impegni che attendono la Difesa a sud della Sicilia.

Dopo la (pare momentanea) esclusione del nostro Paese dall’ultima tranche di produzione annuale a basso rateo del Joint Strike Fighter (i 57 esemplari compresi nel 9° lotto, LRIP-9), commissionata dal Pentagono a Lockheed Martin il 3 novembre con un preliminare Undefinitized Contractual Action – al quale a tutto gennaio non aveva ancora fatto seguito il

contratto conclusivo, calendarizzato peraltro nel programma in autunno -, l’Italia risulta assente anche nell’acquisto dei“long-lead items per i 94 aerei dell’11° lotto (LRIP-11), il cui contratto di acquisto definitivo (aiutiamoci con la tabella a sinistra) cadrà nel 2017.

Tirando le somme, nei due LRIP in questione appaiono come paesi acquirenti oltre agli Stati Uniti vari partner e semplici clienti, ma non l’Italia. Che pure, come risulta dalla pianificazione del nostro Stato Maggiore (vedi l’altra tabella), figura(va?) tra essi.

Le performance del programma

Nel 2015, a 14 anni dal suo avvio il programma di sviluppo del velivolo strike di quinta generazione di Lockheed Martin, al di là del raggiungimento dei vari step pianificati, non ha migliorato granché le sue performance generali.

L’“Air System F-35” in ragione di una complessità senza precedenti, pur se con 170 velivoli ormai in servizio (considerati dai detrattori più accaniti dei meri “prototipi”), fatica a conseguire accettabili livelli di “availability” (l’efficienza di linea è poco sopra il 50 per cento).

Non lo dice la campagna di stampa anti-F-35, l’ha dichiarato al Congresso nell’ottobre scorso il capo del programma generale Chris Bogdan, che tra le altre cose ha ammesso che gli aerei già affluiti ai reparti necessitano, e continueranno ad aver bisogno per almeno altri due anni e mezzo, di continui interventi di modifica e miglioramento per essere davvero “combat capable”; complici, ha spiegato, i limiti dei due block di software oggi disponibili (2B e 3i).

Il risultato è che non si sa quando la (teoricamente) taumaturgica produzione in grande serie attraverso la stipula degli economicamente più vantaggiosi “Multiyear contract” potrà partire, non potendosi prevedere con ragionevole certezza quando il programma potrà soddisfare i requisiti prescritti dalla legge americana di una “effettiva stabilità del progetto” e di corrispondenti “rischi associati non eccessivi”.

La riprova è che i lotti di produzione annuale a basso rateo, che all’inizio dovevano essere solo 6, nel tempo sono diventati 11 e oggi si parla di portarli a 14, pur cercando di raggrupparne i relativi contratti almeno due alla volta, come accadrà con i LRIP-9 e LRIP-10.

Pe i nuovi ordini si aspetta la “Revisione Strategica” del Libro Bianco

Non è dato sapere se la mancanza di ordinativi italiani nei contratti dei lotti 9° e 11° dipenda anche da questi fattori – e non parliamo dei costi, che tardano a ridursi: se e quando l’Italia ordinerà il suo primo STOVL, non spenderà meno di 150 milioni di dollari (e di euro, al cambio attuale) per il puro acquisto.

Intanto, per capire se quella riportata da alcuni media nazionali sia davvero una “brusca battuta d’arresto”, abbiamo sentito il Segretariato Generale della Difesa e precisamente la Direzione di programma JSF. Ecco le informazioni ricevute:

1)     Come è arcinoto, finora l’Italia si è impegnata per 8 esemplari dell’aereo americano, precisamente 6 dei lotti 6° e 7° e 2 dell’8°. Si è proceduto ad acquistare gli “extra long-lead items” e i “long-lead items” (i primi sono quelli che l’Italia ordina ancor prima dei secondi per poter rifornire per tempo gli scali di assemblaggio di Cameri) per gli aerei che dovremmo ordinare rispettivamente nei lotti 9° e 10°, e da ultimo gli “extra long-lead items” per quelli dell’11°; non ancora però i pur necessari long-lead items di quest’ultimo lotto, acquistati invece sotto Natale dagli USA e da altri partner.

2)    Tutto l’iter contrattuale per i 6 aerei dei due lotti 9° e 10° (tre F-36A e altrettanti F-35B STOVL), che come abbiamo detto saranno accorpati, dovrebbe comunque concludersi a cavallo fra febbraio e marzo. Prima, però, si dovranno attendere le risultanze della Revisione Strategica del Libro Bianco della Difesa presentato nella primavera scorsa.

Risultanze che dovevano essere pronte a sei mesi dall’uscita del Libro, quindi a ottobre, ma che verosimilmente non vedranno la luce prima che la politica decida quali nuovi impegni nei teatri operativi medio-orientali e mediterranei la nostra Difesa dovrà assumersi nell’anno appena iniziato.

Alla Direzione del programma JSF abbiamo anche chiesto se nel frattempo la sospensione degli ordinativi italiani porterà a una corrispondente pausa nelle attività produttive nello stabilimento militare di Cameri. Risposta: probabilmente no, perché in attesa dei 6 ulteriori aerei, Alenia Aermacchi, proprio per non interrompere le sue attività, porta avanti nuove lavorazioni per proprio conto. In qualche modo, a suo rischio.

Le priorità della Difesa quest’anno sono altre

Per l’acquisto dei nuovi esemplari del JSF Segredifesa produrrà una ripianificazione finanziaria almeno della prima parte dell’intero procurement, che consegnerà allo Stato Maggiore della Difesa.

Questo a sua volta dovrà reperire i relativi stanziamenti in sede politica. Ma è qui – absit iniuria verbis – che casca, anzi cascano gli asini.

Se l’opposizione in Parlamento, almeno quella di sinistra e il Movimento 5 stelle, esulta per la (supposta) momentanea moratoria del programma, dalla compagine di Governo arrivano indiscrezioni di segno diverso rispetto a quanto prospettata Segredifesa:

1)     La “riflessione” sull’opportunità di ulteriori acquisti di F-35 dopo i primi 8, quindi già a partire dai 6 aerei dei lotti 9° e 10°, non è ancora terminata.
2)     Quest’anno per il programma del JSF le priorità di spesa per la Difesa, dati i pochi fondi a disposizione, molto probabilmente saranno rivolte alla FACO di Cameri, che ha continuamente bisogno di nuovi investimenti anche per avviare gli interventi infrastrutturali necessari a consentirle fra due anni di cominciare a operare pure come centro europeo di manutenzione, revisione e modifica (MRO&U).Nell’allegato “TABELLA n. 11 – Stato di previsione del Ministero della Difesa per l’anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018” della legge di Stabilità, si vede come gli impianti della base piemontese richiedano oneri per svariate centinaia di migliaia di euro.

3)    Quanto più in generale al denaro da destinare quest’anno alla Difesa, si dovranno aspettare le correzioni di bilancio di febbraio-marzo (il “bilancino” in gergo) per capire dove poter allocare le risorse in questo programma.

A questo proposito, qualcuno nel Partito Democratico si spinge addirittura a escludere che nel 2016 si possano firmare i contratti di acquisto per quei 6 nuovi aerei. In questo modo si produrrebbe un “buco” da dover comunque riempire più avanti, se si vuole confermare l’impegno a comperare “solo” 38 aerei dal 2015 al 2020 per conseguire i risparmi chiesti due anni fa da una parte del Parlamento. Dimenticando però che quei “soli 38 F-35” continuamente prospettati come misura risparmiosa, altro non erano in realtà che la nuova pianificazione varata nel febbraio 2012  dall’allora ministro Di Paola quando tagliò il procurement da 131 aerei a 90!

L’imbarazzo dell’Aeronautica e della Marina

Lockheed Martin, dicono nella capitale, è un po’ nervosa, ma risulterebbe comunque intenzionata a procurare ugualmente anche per il nostro Paese le parti di aereo del LRIP-11 per le quali avremmo dovuto rispettare, come gli altri clienti stranieri del suo velivolo, la pianificazione concordata a suo tempo, ma che non risultano ancora ordinate (tanto, prima o poi verranno buone).

Palpabili anche l’imbarazzo e l’umor nero dell’Aeronautica e della Marina, non fosse altro per la difficoltà di pianificare da un lato gli assetti che dovranno rendersi disponibili sulle basi americane per l’addestramento di piloti e specialisti, e poi su quelle nazionali, e dall’altro la calendarizzazione dell’uscita dalla linea degli aerei da combattimento che gli F-35 tricolori dovranno rimpiazzare.

Per non parlare della scaletta temporale delle modifiche e degli upgrade dell’intero “Air System F-335”. Un puzzle sempre più difficile da comporre, che contrasta un ottimismo solo di facciata.

Foto Lockheed Martin

 

Tabella 2  – La pianificazione di quattro anni fa con il totale ridotto da 131 a 90 aeroplani, e un massimo di 38 aeroplani da acquistare entro il “buy year” 2020. Rispetto a questo programma sono stati ordinati 3 velivoli anziché 2 nel LRIP-7 e ne sono previsti 2 anziché 3 nel LRIP-9.

Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli

Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.

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