Il Pentagono vuole l’Italia in guerra contro l’IS
Per sconfiggere l’Isis i partner dell’America, Italia compresa, devono fare di più, valutando anche la possibilità di attacchi aerei contro lo Stato Islamico. La richiesta sarebbe arrivata direttamente dal Pentagono, il mese scorso, attraverso una lettera del segretario alla Difesa Ashton Carter a Roberta Pinotti e agli altri colleghi dei Paesi che partecipano alla coalizione contro l’Isis.
In un passaggio della lettera, secondo quanto riporta il sito Wikilao, Carter scrive: “Facendo riferimento alle nostre conversazioni durante la mia visita a Roma di inizio ottobre, spero che in futuro l’Italia considererà di contribuire con raid (strike capability) nella lotta contro l’Isis” in Iraq. E’ questo uno dei passaggi della lettera
inviata dal Segretario alla Difesa. Le difficoltà nella guerra al Califfato, che stenta a concludersi nonostante mesi di raid, hanno condotto gli Stati Uniti a considerare l’ampliamento delle operazioni militari, soprattutto aprendo un altro fronte in Libia dopo la Siria e l’Iraq, con gli europei in prima linea.
Un’indicazione di questa nuova strategia potrebbe essere la lettera inviata da Carter alla Pinotti, datata primo dicembre, di cui ha dato inizialmente notizia il New York Times, in cui il capo del Pentagono ha spiegato di “apprezzare profondamente l’impegno dell’Italia in questa lotta”, rilevando tuttavia che “c’è ancora molto da fare”.
Secondo il segretario alla Difesa Usa gli italiani, che hanno guidato l’addestramento delle forze di polizia irachene poi impiegate nel prendere il controllo delle città riconquistate dallo Stato Islamico, possono aiutare la coalizione inviando più addestratori e personale aggiuntivo per aiutare nelle operazioni di sorveglianza, intelligence e ricognizione. Ma anche, secondo il passaggio diffuso da Wikilao, valutando la possibilità di colpire le milizie del Califfato.
Sulla Libia, Washington ha già fatto sapere che conterà “sull’esperienza, le risorse e le capacità dell’Italia” in quel teatro di crisi così vicino alle nostre coste. Il governo italiano, da parte sua, si è sempre detto pronto ad assumere un ruolo di leadership in un eventuale intervento militare, a condizione che sia richiesto da un governo riconosciuto.
E venerdì ieri, da Berlino, il cancelliere tedesco Angela Merkel, dopo un incontro con il premier Matteo Renzi, ha reso noto che Italia e Germania potranno mandare missioni militari per addestrare le forze di sicurezza libiche, ma nella vicina Tunisia, vista la situazione ancora molto instabile nel Paese, dove il governo di unità nazionale fatica a mettersi in moto.
Sul fronte libico, sempre secondo quanto rivelato da Wikilao, le speranze di risolvere la crisi presentando ai deputati di Tobruk un nuovo governo di unità nazionale sono flebili, a detta di alcuni analisti, gli stessi che osservano i ‘dietro le quinte’ sul terreno.
E sul terreno – viene spiegato – “si va formando fra l’altro un fronte consistente di oppositori, determinati ad avversare qualsiasi cosa venga prodotta grazie agli sforzi di questi mesi”. Quel che è peggio: “con ogni mezzo”.
Politicamente viene data come prossima la formazione di un nuovo organismo alternativo al governo nato dopo le intese di Shikrat. Al suo vertice potrebbe porsi Aguila Saleh Issa, attuale presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk.
L’iniziativa – riferiscono fonti qualificate – verrebbe “perlomeno guardata con favore da consiglieri turchi e qatarini”.
Si fa inoltre notare che a Tripoli l’ingegner Khalifa al-Ghwell – premier dell’esecutivo che si è contrapposto a quello di Abdullah Al-Thinni – avrebbe rafforzato il suo peso nel cartello delle milizie che lo sostenevano e che oggi contano quasi trecento veicoli armati.
Nouri Abu Sahmain, berbero di Zuara e promotore di mille trame, ha stretto un patto di ferro con il leader islamista misuratino Salah al-Badi per contrastare ogni accordo a lui non gradito, anche con attacchi a personalità di spicco dell’UNSMIL (la missione ONU in Libia che ha però base in Tunisia), come evidenziato da alcuni warning riguardanti nello specifico il generale Paolo Serra, consigliere militare dell’inviato di Ban Ki Moon, Martin Kobler.
Figura centrale rimane poi quella di un altro islamista, Abdelhakim Belhadj, che ha esercitato tutta la sua influenza (“anche economica”, si sottolinea) per attrarre sulle sue posizioni importanti milizie, come quelle del controverso Haitham al-Tajuri.
(con fonti Ansa e Wikilao)
Foto: AM e Ktcc
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