Libia: lo Stato Islamico punta sul petrolio

I miliziani dello Stato islamico hanno preso Bin Jawad e puntano su Sidra e Ras Lanuf, probabili obiettivi dell’offensiva lanciata da alcuni giorni contro le milizie tribali di Ibrahim Jodram che difendono i terminal petroliferi del Golfo della Sirte.

Ieri mattina i combattenti fedeli al Califfato hanno bombardato a colpi di mortaio il terminal petrolifero di Sidra, 150 chilometri a est di Sirte considerato tra i più importanti del Paese e attaccato il 4 gennaio da un commando suicida. Nello scontro sono morte quattro guardie della sicurezza, due civili ed è stato incendiato un deposito di stoccaggio.

Lo stesso gruppo jihadista ha spiegato che l’attacco è stato respinto dalla sicurezza locale ed è stato lanciato da un commando di quattro terroristi, due libici e due africani, tutti morti nei combattimenti.

Lo Stato islamico ha fatto partire il 3 gennaio una colonna di uomini da Sirte per occupare il porto di Bin Jawad e la vicina città di Ras Lanuf, situata a circa 30 chilometri da Sidra e che ospita una raffineria di petrolio, un complesso petrolchimico e il terminal degli oleodotti di Defa-Ras Lanuf, Amal-Ras Lanuf e Messla-Ras Lanuf.

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite risalente a metà novembre, lo Stato islamico conta tra i 2.000 e i 3.000 combattenti in Libia. Nonostante i ripetuti attacchi contro le installazioni petrolifere il rapporto afferma che lo Stato islamico non avrebbe “la capacità di conquistare, mantenere e gestire i campi petroliferi e le raffinerie del pase”.

Al contrario, secondo la NATO la situazione della sicurezza in Libia è sempre più preoccupante e lo Stato islamico starebbe consolidando le sue posizioni.
Il think-tank britannico Ihs Country Risk valuta che con la conquista della cittadina costiera libica di Bin Jawad lo Stato islamico in Libia “ha ora espanso e connesso alla ‘mezzaluna petrolifera’ il territorio controllato attorno a Sirte”.

Gli attacchi segnalati sempre lunedì a Sidra e al vicino (circa 25 km) terminal di Ras Lanuf “sono parte della dichiarata strategia del gruppo di isolare e controllare gli asset energetici in Libia”, scrive l’Ihs. “Probabilmente” gli attacchi di lunedì sono stati solo “operazioni diversive” per evitare un contrasto alla presa di Bin Jawad. La sua conquista “probabilmente consentirà al gruppo di accrescere le sue forze e raggiungere la massa critica necessaria a lanciare un’offensiva mirata al controllo del bacino della Sirte”, si afferma nella valutazione del senior analist Ludovico Carlino.

La “mezzaluna petrolifera” libica come noto è il complesso di quattro terminal sparsi su una fascia costiera di circa 200 chilometri da Sidra ad Agedabia: enormi “rubinetti” dal quale, prima della crisi libica, veniva esportata la maggior parte del greggio prodotto nel deserto del paese (1,6 milioni di barili ai tempi d’oro).

Bin Jawad è comunemente considerata la “porta” alla mezzaluna petrolifera libica.

Non è un caso che proprio in questa regione vengano segnalate le presenze di forze speciali britanniche e francesi che potrebbero anticipare  un intervento militare contro le forze dello Stato Islamico.

Foto: Libya Today, Stato Islamico, Reuters

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