Caos in Libia: il generale Serra nel mirino
Situazione politica caotica in Libia dopo il no del Parlamento di Tobruk (con il voto contrario di 89 deputati sui 104 presenti dei 188 eletti nel giugno 2014) alla fiducia del governo di riconciliazione nazionale presieduto da Fayez al-Sarraj. L’esecutivo varato in Tunisia sotto gli auspici delle Nazioni Unite avrebbe molti nemici anche a Tripoli al punto che prende piede l’ipotesi di non farlo insediare subito nella capitale libica.
Secondo il sito Wikilao, solitamente ben informato, come sedi “alternative e provvisorie” si parla di Ghadames, prossima ai confini con Algeria e Tunisia, e di Ghat, sempre a ridosso della frontiera, ma più a sud, nel Fezzan. I piani di medio periodo prevedono tuttora l’insediamento del governo a Tripoli, con la protezione della città attraverso un sistema di fasce concentriche che garantirebbero la sicurezza anzitutto delle sedi istituzionali e delle infrastrutture strategiche, come il porto e lo scalo di Mitiga.
La capitale libica – nei piani della comunità internazionale – dovrebbe essere protetta da un contingente a guida italiana di migliaia di uomini, concentrati prevalentemente nel centro della città. In una cintura più esterna dovrebbero essere gli stessi libici a garantire la sicurezza e a co-gestire il processo di ammassamento delle armi pesanti che teoricamente dovrebbero essere consegnate dalle diverse milizie.
Il comando dell’operazione verrebbe probabilmente affidato al generale Paolo Serra, consigliere militare dell’inviato dell’ONU in Libia, Martin Kobler. Sempre Wikilao ha riferito di un allarme specifico per la sicurezza del generale italiano, già indicato come “nemico” da un minaccioso comunicato di al-Qaeda nel Maghreb Islamico. Serra sarebbe nella lista dei possibili obiettivi stilata in una serie di incontri ai quali hanno partecipato personaggi contrari agli accordi del mese scorso a Shikrat.
Il braccio operativo del piano di attacco – secondo quanto riportato da fonti sentite da Wikilao – sarebbe formato da elementi di diversa provenienza, anche geografica.
Ve ne sarebbero alcuni arrivati in Libia dall’estremo oriente. A tramare contro le intese marocchine sono indicati, fra gli altri, il leader islamista Nouri Abu Sahmain alla testa della milizia Libya Revolutionaries Operations Room (LROR) e il falco radicale misuratino Salah al-Badi, che avrebbe messo a disposizione le milizie del fronte Alba della Libia a lui fedeli per “contrastare attivamente” il governo di unità nazionale e tutti coloro che lo appoggiano.
Negli incontri sarebbe stato anche deciso di installare il quartier generale delle operazioni di questa alleanza islamista anti-intesa in uno dei penitenziari di Tripoli.
La nascita del governo di riconciliazione nazionale avrebbe dovuto dare alla Libia un solo esecutivo per fronteggiare l’avanzata dello Stato Islamico (IS) ma il risultato è invece che ora l’ex colonia italiana di governi ne ha ben tre: quello di al-Sarraj ancora in Tunisia e i due governi rivali di Tobruk e Tripoli.
Per accontentare tutte le fazioni politiche e tribali libiche al-Sarraj aveva nominato ben 32 ministri ma Tobruk contestava un ‘eccessiva presenza di figure legate al governo islamista di Tripoli (in mano ai fratelli Musulmani) mentre l’esercito libico pretendeva il riconoscimento del ruolo di guida militare del generale Khalifa Haftar alla testa delle operazioni contro tutti i movimenti islamisti e per questo inviso a Tripoli.
Nella stessa seduta e con la stessa maggioranza il Parlamento di Tobruk ha inoltre abrogato l’articolo 8 dell’accordo di riconciliazione nazionale, firmato nel dicembre 2015 a Skhirat in Marocco, che attribuiva al nuovo governo di al-Sarraj il potere di nominare i vertici militari e delle forze di polizia.
Norma che avrebbe di fatto esautorato il generale Haftar in questi giorni attaccato anche da una fazione dei suoi uomini come il colonnello Mohammed al Hijazi, che a sorpresa a accusato Haftar di essersi appropriato di fondi dell’esercito e uno dei suoi figli di fornire armi ai qaedisti di Ansar al-Sharia, milizia combattuta ferocemente a Bengasi dall’esercito guidato dallo stesso Haftar.
A Tripoli il governo islamista guidato dai Fratelli Musulmani del partito Giustizia e Libertà hanno espresso il loro sostegno ad al-Sarraj ma hanno anche promesso il raddoppio della paga alle proprie milizie per scoraggiarne l’adesione al nuovo governo di riconciliazione.
Il 20 gennaio un influente deputato libico, Abu Bakr Beira, aveva definito improbabile che la Camera dei rappresentanti Tobruk si “piegasse alle pressioni internazionali” dando la fiducia al nuovo governo che – ha precisato – “è senza senso e non ha sostegno in Cirenaica”.
Il caos istituzionale libico mette in imbarazzo la comunità internazionale inclusi Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Italia che da tempo valutano un intervento militare di stabilizzazione in Libia per arginare lo Stato Islamico.
Secondo fonti citate ieri dal Times di Londra forze speciali statunitensi e britanniche sarebbero già da tempo all’opera nella base di Benina, nei dintorni di Tobruk, per addestrare e assistere i militari fedeli ad Haftar.
Notizia che, se confermata, lascerebbe intendere che gli anglo-americani non hanno interesse a sostenere realmente al-Sarraj e puntano invece sulle forze di Tobruk per fermare i jihadisti i quali non stanno certo stare con le mani in mano.
Continuano a trapelare notizie dell’afflusso a Sirte di volontari per rimpolpare le fila dello Stato Islamico da Sahel e Marocco mentre il giornale panarabo Asharq al-Awsat ha riferito ieri circa i progetti di fusione fra i gruppi islamisti.
“Documenti segreti hanno rilevato che quadri dell’IS, miliziani libici di al-Qaeda e Fratelli Musulmani contano di fondersi in un Consiglio della Shura unificato” ha scritto il quotidiano pubblicato a Londra che parla di risposta islamista alla nascita del governo di riconciliazione nazionale.
La notizia va presa da un lato con cautela poiché Asharq al-Awsat è di proprietà saudita e molto vicino ai regnanti di Riad, interessati ad accomunare i Fratelli Musulmani a IS e al-Qaeda. Dall’altro però già da tempo sono emersi, soprattutto sul fronte di Bengasi, segnali di un’alleanza tra la milizia qaedista Ansar al-Sharia e lo Stato Islamico per combattere le forze di Tobruk guidate da Haftar.
Foto: AP, Ansa, AFP e Reuters
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