Gli americani tornano in prima linea in Afghanistan
Entro la fine di febbraio gli Stati Uniti dispiegheranno nella provincia di Helmand (Afghanistan meridionale) un battaglione di 800 militari in appoggio alle forze di sicurezza afghane fortemente impegnate dai talebani.
Lo riferisce il quotidiano britannico Guardian ricordando che da tempo in questa strategica provincia (dove britannici e poi statunitensi hanno combattuto duramente per 15 anni) sono in corso intensi scontri e che gli insorti hanno realizzato progressi sul terreno nonostante intensi bombardamenti aerei statunitensi.
Il Guardian sostiene che le forze governative controllerebbero solo tre dei 14 distretti di Helmand, fra cui quello del capoluogo Lashkargah dopo che il comandante del 215° Corpo dell’esercito (Afghan National Army) è stato rimosso per corruzione
Il dispiegamento delle truppe dell’esercito americano comunque, conclude il giornale, non porterà il totale delle forze statunitensi in Afghanistan oltre i 9.800 effettivi previsti né prevede una modifica all’accordo bilaterale sulla sicurezza firmato da Afghanistan e Stati Uniti, in base al quale la attuale Missione ‘Resolute Support’ della Nato non prevede l’intervento nei combattimenti dei militari stranieri ma solo attività di formazione, consulenza e assistenza.
L’iniziativa di Washington conferma l’incapacità delle forze di Kabul di far fronte da sole all’offensiva talebana e la necessità di rinforzarle nuovamente con unità da combattimento occidentali, come più volte evidenziato da Analisi Difesa.
Resta da vedere se l’invio di truppe da combattimento sarà limitato alla provincia di Helmand e a forze statunitensi o se verrà richiesto un nuovo contributo in tal senso anche agli alleati della Nato.
L’attuale situazione dimostra in ogni caso quanto azzardato sia stato il progressivo ritiro delle forze alleate che presidiavano il Paese asiatico.
Del resto che la situazione afghana sia grave lo ammettono anche i vertici dell’Amministrazione statunitense.
“C’è rischio per l’Afghanistan di un tracollo politico nel 2016” ha sostenuto ieri nel corso di un’audizione davanti ad un Comitato del Senato americano James Clapper, direttore della National Security Agency (Nsa).
L’accordo politico raggiunto dopo le elezioni presidenziali del 2014 (fra il presidente Ashraf Ghani ed il coordinatore del governo Abdullah Andullah, ndr) sta collassando e l’Afghanistan deve far fronte a una grave carenza di risorse finanziarie e ad accresciute minacce da parte dei talebani.
Gli ha fatto eco Vincent Steward, capo della Defense Intelligence Agency, secondo cui le forze di sicurezza afghane sostengono continue sfide da parte dei talebani che, sfruttando il ritiro delle truppe da combattimento della Nato, stanno limitando il controllo del governo sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda gli sforzi in corso per cercare di rilanciare i colloqui di pace con i talebani, Steward ha sottolineato che “non è affatto chiaro se le parti potranno davvero raggiungere un qualche accordo”.E Clapper ha concluso dicendosi “poco ottimista” sulla possibilità che il dialogo possa partire perché i talebani non hanno dato la sensazione di voler rinunciare alla loro principale condizione per negoziare che è quella del ritiro delle truppe americane dal territorio afghano.
Foto: Noorullah Shirzada/AFP/Getty Images, UK Mod e Isaf, Reuters, Afghan National Army
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