La classifica delle potenze militari di global firepower

Global Firepower è un sito che riporta ed aggiorna con una certa frequenza una sorta di graduatoria mondiale basata sulla potenza militare di ciascun paese. Non si tratta naturalmente di un elenco con una veste di ufficialità o attendibilità assoluta. Molto più semplicemente, è un utile data-base che attinge a fonti pubbliche ed eterogenee come il “CIA World Factbook”  o “Wikipedia”, a contributi giornalistici ed anche a stime quando i dati non siano noti.

Le informazioni sono quindi elaborate in base ad una cinquantina di diversi fattori liberamente determinati (con esclusione dell’armamento nucleare) estrapolando quel che il sito definisce il “Power-index”, cioè un coefficiente di “potenza”, in base al quale viene stilata una graduatoria di 126 paesi in ordine decrescente di “potenza militare”.
Le risultanze dell’ultimo aggiornamento (2 febbraio 2016) danno naturalmente come primo paese gli Stati Uniti seguiti da Russia e Cina, e pongono subito l’interessante questione su quale sia il reale divario tra i vari paesi, perlomeno in termini puramente astratti.

Come si è detto la valutazione prende esclusivamente in riferimento armamenti e mezzi convenzionali. Di conseguenza, il fattore numerico viene a giocare un ruolo determinante e può anche dar luogo ad alcune sorprese, come ad esempio il fatto che la Russia risulti prevalente sugli USA in numero di carri armati (15.398 contro 8.848) anche se, in termini assoluti, considerando complessivamente le diverse tipologie di corazzati/meccanizzati/semoventi, gli USA godono di una leggera superiorità (circa 50 mila mezzi contro 47 mila russi).

Anche la Cina supera gli USA in numero di carri (9.150), pur avendone meno della Russia, e disponendo complessivamente di un minor numero di corazzati comunque intesi (sopra i 15 mila). Per le forze aree (velivoli di ogni tipologia, sia ad ala fissa che elicotteri) non vi sono invece sorprese: gli USA surclassano di gran lunga gli antagonisti (13.444 americani contro 3.547 russi e 2.942 cinesi).

Si tratta comunque di dati puramente numerici, che non tengono conto delle caratteristiche qualitative di armamenti ed equipaggiamenti in uso né del loro stato di avanzamento tecnologico e quindi della concreta differenza che ne deriverebbe in caso di confronto sul campo di battaglia. Ad esempio, secondo il sito “warfare.be”, la massa di carri russi è costituita da antiquati T-72, di cui circa 2.300 in servizio e 8.000 accantonati a vario titolo, mentre del carro da battaglia T-90 sarebbero in servizio soltanto 550 esemplari.

Inoltre, sempre riguardo la difficoltà di una realistica comparazione, andrebbe considerata l’appartenenza di uno Stato a un “blocco militare”, per quanto anche questo elemento, specie nelle aree di crisi, si dimostri spesso sopravanzato da situazioni contingenti, quali il sorgere di nuove eterogenee “coalizioni” o impreviste alleanze (si pensi alla lotta all’ISIS o alla neo-nata alleanza militare turco-saudita).

Tra gli elementi di valutazione utilizzati da “Global Firepower” compare naturalmente il budget militare, anche in questo caso considerato in termini assoluti. Sotto questo profilo, la graduatoria cambia. Al primo posto vi sono come sempre gli Stati Uniti (il cui budget, da solo, supera quello assommato dei 12 paesi che lo seguono nella graduatoria) quindi la Cina e poi, abbastanza inaspettatamente, Arabia Saudita, Regno Unito, Russia, Giappone e India.

Le cose cambiano ulteriormente considerando un altro indice economico denominato PPA (Purchasing Power Parity o “parità di potere d’acquisto”). In questo caso al primo posto compare la Cina seguita dagli Stati Uniti e quindi, abbastanza distanziati, India, Giappone, Germania e Russia.

Si tratta comunque, conviene ripeterlo, di dati puramente quantitativi.

Ciò non toglie che abbiano comunque una loro valenza poiché, in altri ambiti, costituiscono una sorta d’indicazione a cui poi seguono i veri processi d’analisi che, di norma, tendono alla comparazione di un basso numero di elementi, in funzione, molto spesso, di definire il “trend” o direzione verso cui si stanno orientando le scelte di un dato paese. Per fare un esempio, nel 2014 l’Arabia Saudita ha scalzato l’India dalla posizione di primo paese importatore d’armi al mondo. Un concreto e serio elemento di valutazione che ha poi dimostrato la sua piena attualità quando, nel marzo 2015, i sauditi hanno dato il via all’operazione “Decisive Storm” intervenendo militarmente nello Yemen.

Sempre restando in termini di spesa, secondo un recente report realizzato sotto l’egida dell’European Defence Agency da un pool di centro-studi (“Defence Budgets and Cooperation in Europe – Developments, Trends and Drivers”)

, nel 2016 la spesa militare in Europa – senza distinzione tra paesi membri o meno della NATO – subirà un incremento lordo complessivo dell’8,3%. Si tratta di un incremento senza precedenti in quanto il “trend”, da vent’anni a questa parte, è sempre andato verso una diminuzione, ed appare tanto più significativo se lo si rapporta all’attuale generalizzata situazione di stagnazione economica anche se la spesa militare, se assorbita dal mercato interno, può andare incontro alle esigenze della produzione industriale nazionale, con positive ricadute anche sul piano dell’occupazione.

Nell’analisi di dettaglio, risulta comunque che l’incremento di spesa non è uniforme ma si concentra in particolare nell’area dell’Europa centro-orientale in cui un gruppo di sette paesi (Cechia, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania) aumenterà mediamente la spesa di circa il 20%.

Per i paesi dell’Europa sud-orientale (Bulgaria, Croazia, Cipro, Romania, Serbia, Slovenia) l’aumento sarà invece di circa il 9%, mentre per quelli dell’Europa occidentale mediamente del 2,7%. In controtendenza, nel senso di una stabilità di spesa rispetto al passato, Italia, Grecia e Svezia.

Quali significati possono attribuirsi a questi dati? Sono segnali dell’avanzare di uno stato di crisi in Europa? Secondo il report, tutto questo si collega principalmente a quel che ormai viene definita “l’aggressione russa”, per quanto di questa pretesa minaccia russa all’Europa sia difficile scorgere concretamente le avvisaglie.

E’ pur vero che la Russia ha intrapreso anch’essa un piano di ammodernamento senza precedenti che ha visto, oltre all’acquisizione di nuovi mezzi (T-14 Armata), nuovi equipaggiamenti e sofisticatissimi sistemi d’arma (S-400 Triumph, missile Kalibr), anche la riorganizzazione dell’intera struttura militare, con la creazione di nuovi comandi, nuove unità e dispiegamento di truppe anche nelle estreme aree circumpolari.

Un ammodernamento inoltre molto accelerato e che ha dato pieno riscontro nell’intervento in Siria, obbligando il Presidente Obama ad ammettere che la Russia, da lui giudicata soltanto due anni fa niente più che una “potenza regionale”, è in realtà la seconda potenza militare mondiale, obiettivamente in grado essere comparata con la potenza statunitense nell’attesa che la Cina, che ha avviato anch’essa un programma di ammodernamento militare senza precedenti, si affacci sulla scena.

Foto: US DoD. Ministero Difesa Russo, AFP, Reuters, Sukhoi, Lockheed Martin, Ministero Difesa Francese

Padovano, classe 1954, è Colonnello dell'Esercito in Ausiliaria. Ha iniziato la carriera come sottufficiale paracadutista. Congedatosi, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza ed è rientrato in servizio come Ufficiale del corpo di Commissariato svolgendo incarichi funzionali in varie sedi. Ha frequentato il corso di Logistic Officer presso l'US Army ed in ambito Nato ha partecipato nei Balcani alle missioni Joint Guarantor, Joint Forge e Joint Guardian.

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