Cinque anni di guerra in Siria
Più di 270 mila morti e almeno la metà della popolazione costretta a lasciare la propria casa. Cominciata cinque anni fa, la rivolta in Siria contro il regime di Bashar al Assad si è trasformata in una guerra devastante che coinvolge direttamente o indirettamente, tutti i Paesi della regione, l’Europa, Russia e Stati Uniti.
L’Osservatorio siriano dei diritti umani (organizzazione vicina ai ribelli anti-Assad sostenuti dall’Occidente), dispone di una vasta rete di fonti in Siria e ha accertato oltre 271 mila morti. Tra loro ci sarebbero 79.106 civili, cifra che comprende – secondo un bilancio aggiornato al 23 febbraio 2016 – 13.500 bambini e 8.760 donne. Circa 55 mila i caduti delle forze regolari siriane più 38 mila tra le milizie filo governative 5 mila tra le forze straniere libanesi (un migliaio i caduti Hezbollah), iraniane (oltre 300 i pasdaran uccisi) e volontari sciti iracheni, pakistani e afghani e circa 1.600 curdi delle forze di difesa popolare (Ypg).
Tra le forze ribelli le perdite ammonterebbero a circa 88 mila unità tra i quali 44 mila combattenti stranieri più 8.000 caduti tra le fila dello Stato Islamico.
Non sono invece incluse le migliaia di dispersi dei quali si ignora la sorte, gli oppositori nelle carceri del regime e i membri delle forze lealiste catturati dai ribelli e dai gruppi jihadisti, tra i quali lo Stato Islamico.
In un rapporto pubblicato a febbraio, gli inquirenti delle Nazioni Unite hanno affermato che migliaia di persone detenute in diverse zone hanno perso la vita e hanno accusato il regime di Damasco di ‘sterminio’ dei prigionieri. Secondo un’organizzazione umanitaria siriana, 177 ospedali sono stati distrutti e circa 700 membri del personale sanitario uccisi dal 2011.
L’ong francese Handicap International ha riferito di un milione di feriti (dati aggiornati al 7 marzo 2016). In un Paese che aveva 23 milioni di abitanti prima del conflitto, 13 milioni e mezzo di persone hanno dovuto trasferirsi o hanno perso la casa a seguito del conflitto.
Secondo l’Onu (dati aggiornati al 12 gennaio 2016).”Almeno 250mila bambini vivono in condizioni di brutale assedio in zone (…) divenute veri carceri a cielo aperto”, ha denunciato l’ong Save the Children (marzo 2016).
Più di 450 mila persone vivono al momento in città e villaggi assediati secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite ai diritti umani. La guerra ha inoltre spinto 4,7 milioni di persone a fuggire dal Paese, “la più grande popolazione di rifugiati per un solo conflitto in una generazione”, ha affermato nel luglio 2015 l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr).
La Turchia ne ospita 2/2,5 milioni, il Libano ne accoglie un milione e 200mila, secondo le fonti ufficiali. Oltre i due terzi dei rifugiati che vivono in questo Paese sono in condizioni di “povertà estrema”, secondo l’Onu. In Giordania, sono circa 630mila i rifugiati registrati presso l’Unhcr ma le autorità stimano il numero reale in oltre un milione. In Iraq sono rifugiati 225mila siriani,137mila in Egitto. In tutti i Paesi dove sono ospitati devono far fronte alla povertà, a problemi sanitari e a tensioni crescenti con le comunità locali e sono in aumento i siriani che raggiungono l’Europa.
In Siria i sistemi di istruzione e sanità sono in rovina e le esportazioni sono crollate di oltre il 90 per cento dall’inizio della guerra. Il Paese è sottoposto a pesanti sanzioni internazionale, mentre il ministero del Petrolio ha evidenziato che le perdite dirette e indirette nel settore energetico si attestano a 58 miliardi di dollari (52 miliardi di euro).
Nel 2015, una coalizione di 130 ong ha denunciato che la Siria vive in pratica senza luce, visto che a causa della guerra l’83 per cento della rete elettrica non funziona più.
Queste le vicende che hanno cadenzato la guerra.
15 marzo 2011 – Iniziano manifestazioni senza precedenti contro il regime. Alcuni piccoli cortei sono dispersi con la forza a Damasco, ma è soprattutto a Deraa(sud) che il movimento acquista portata, in seguito agli arresti e alle torture di giovani sospettati di aver scritto slogan antiregime sui muri. Washington, Parigi e Londra condannano la “repressione violenta dei manifestanti”, mentre il regime denuncia una “rivolta armata di gruppi salafiti”. La contestazione prima si radicalizza, con appelli alla caduta del regime, poi si allarga.
17 luglio 2012: L’Esercito siriano libero (ESL), principale componente della rivolta che dalle sue basi in Turchia unisce i civili che hanno imbracciato le armi ai disertori dell’esercito, lancia la battaglia di Damasco, ma il regime controlla con fermezza la capitale e la difende. Tre giorni dopo, i ribelli lanciano la battaglia di Aleppo (nord) conquistando alcuni quartieri.
30 aprile 2013 – Hassan Nasrallah, leader degli Hezbollah, riconosce che i suoi combattenti sono schierati al fianco del regime. Assad infatti fa parte della comunità alawita (10 per cento della popolazione),espressione dell’islam sciita, mentre la maggior parte della popolazione è sunnita.
21 agosto 2013 – Sono attaccate due zone controllate dai ribelli nei pressi di Damasco. Il regime è accusato di aver usato il gas sarin e di aver provocato, secondo Washington, la morte di 1.400 persone. A settembre, un accordo russo-americano sullo smantellamento dell’arsenale chimico siriano ferma in extremis la minaccia di raid di Washington.
14 gennaio 2014 – Le milizie jihadiste dello Stato Islamico in Iraq e nel Levante (Isil) conquistano la città di Raqqa (nord) dopo combattimenti con i gruppi ribelli rivali.
Si tratta del primo capoluogo di provincia a sfuggire completamente dal controllo del regime.
A fine giugno, l’Isil decide di assumere la denominazione di Stato Islamico e annuncia la creazione di un”Califfato” nelle zone conquistate in Siria e nel vicino Iraq. Nel 2013 le milizie jihadiste, in particolare salafiti, fratelli musulmani e membri del Fronte al Nusra (filiale siriana di al-Qaeda), riescono a rafforzare la propria presenza nel nord grazie agli aiuti dei Paesi arabi del Golfo Persico assorbendo gran parte delle milizie che si riconoscevano nell’Esercito Siriano Libero.
9 maggio 2014 – La città Vecchia di Homs, nel centro del Paese e soprannominata dagli oppositori “capitale della rivoluzione”, torna in mano all’esercito siriano dopo un assedio di due anni e durissimi combattimenti. I ribelli se ne andranno poi dall’ultimo quartiere di Homs a fine 2015.
26 gennaio 2015 – L’Isis è cacciato da Kobane, alla frontiera con la Turchia, dopo più di quattro mesi di feroci combattimenti guidati dalle forze curde con il sostegno dei raid della Coalizione anti Isis sotto comando degli Stati Uniti. I curdi rappresentano il 15 per cento della popolazione siriana .
28 marzo 2015 – La Coalizione jihadysta Esercito della Conquista si impadronisce di Idlib, nel nordovest del Paese. A maggio Assad ammette che le sue truppe hanno subito alcune sconfitte, mentre a luglio parla di una “carenza di risorse umane” nell’esercito.
30 settembre 2015 – La Russia, alleata del regime, intraprende una campagna aerea contro i gruppi “terroristici”, tra i quali l’Isis. Ma i ribelli e gli occidentali accusano Mosca di prendere di mira soprattutto le altre organizzazioni ribelli e non l’Isis. L’esercito riuscirà, con l’appoggio dell’aviazione militare russa, a riconquistare numerose regioni strappandola soprattutto alle milizie jihadiste dell’Esercito della Conquista che riuniscono qaedisti , salafiti e fratelli musulmani.
27 febbraio 2016 – Propiziato da russi e americani, un accordo di cessazione delle ostilità senza precedenti entra in vigore tra il regime e i ribelli, favorendo il rilancio dei negoziati inter-siriani. Restano fuori dall’intesa l’Isis, il Fronte al Nusra e due raggruppamenti di miliziani salafiti che controllano più del 50 per cento del territorio della Siria e costituiscono almeno l’’80 per cento delle forze che combattono il regime di Bashar Assad.
(con fonte AFP/Askanews)
Foto Pravda, SANA, AFP
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