I dubbi di Israele sull’F-35

Israele, Stati Uniti a parte il più accanito sostenitore del rivoluzionario F-35, starebbe rivedendo almeno in parte le sue convinzioni. Ad affermarlo, citando fonti governative e militari, sono alcuni organi di stampa di Gerusalemme, secondo i quali la Heyl Ha’Avir/Israel Air Force vorrebbe dotarsi, almeno in parziale alternativa, di nuovi caccia multiruolo Boeing F-15I “Raam” da affiancare ai 25 che schiera dal 1997 equipaggiandoli con sistemi elettronici prodotti dall’industria locale più avanzati ancora di quelli che già fanno di quella israeliana la variante più dotata del modello d’origine F-15E “Strike Eagle”.

an-f-15i-raam-taking-off-from-hatzerim-giovanni-collaMeglio questa soluzione – almeno per il breve/medio termine – che “trovarsi con decine di Joint Strike Fighter molto costosi ma con funzionalità limitate”, riporta Israel National News.

Questo fino a quando il “sistema F-35” non entrerà pienamente a regime, non monterà cioè l’ultima delle 4 release previste per la prima versione del post-sviluppo del software, la Block 4, imbarcabile secondo l’ultimo rapporto DOT&E del Pentagono solo intorno al 2025 e sperabilmente non votata solo alla mera correzione delle disfunzioni dei block di software precedenti. Un traguardo ancora lontano questo, che verosimilmente preoccupa un po’ tutto il partenariato del programma oltre ai semplici acquirenti del JSF come Israele.

Il Pentagono ha risposto no a una richiesta ufficiale da parte dell’esecutivo guidato da Benjamin Netayahu di F-15I con cui equipaggiare uno, forse due nuovi squadron da attacco: niente nuovi “Strike Eagle” e neppure le bombe “bunker buster” che venivano richieste a corredo.

Meglio altri Joint Strike Fighter, ha rilanciato il Segretario alla Difesa Ashton Carter (critico del programma quando era agli “acquisti”), fruttando magari le forniture supplementari di armi che Washington potrebbe accordare a Gerusalemme (come contropartita dell’accordo sul nucleare con Teheran) col nuovo pacchetto di aiuti militari che seguirà quello attuale, valido fino al 2018.

israelif35Gerusalemme ordinò 19 F-35I “Adir” nel 2010; i primi due arriveranno entro dicembre e i rimanenti nel 2017 e 2018. L’anno scorso ha poi ordinato ulteriori 14 esemplari, promettendo di comprarne altri 17.

Nel frattempo, però, con l’inasprirsi della guerra in Siria e soprattutto dopo l’entrata in campo della Russia, le cose per gli Israeliani sono cambiate. La decisione di Mosca di dispiegare sulla base siriana di Latakia moderni sistemi missilistici superficie-aria S-400 (subito utilizzati per il targeting dei velivoli turchi e della Coalizione anti-Isis a guida statunitense) ha di fatto eroso la superiorità aerea degli assetti occidentali in gioco e in particolare di quelli statunitensi, con riflessi diretti anche nel campo israeliano.

imagesUna erosione che potrebbe diventare qualcosa di più tangibile constatando come in aggiunta alla deterrenza dagli S-400, la presenza in teatro di caccia russi Sukhoi Su-30M possa interdire (come è già avvenuto una prima volta a ottobre) i cieli siriani (e libanesi) ai velivoli della Heyl Ha’Avir, i quali per anni hanno goduto della più assoluta impunità negli spazi aerei oggi teatro di operazioni cui anche Mosca partecipa.

L’F-35 non è ancora nelle basi del Negev, e gli esemplari che cominceranno ad affluirvi saranno e resteranno relativamente immaturi fino al primo decisivo upgrade (Block 4), operando fino ad allora in uno stato di latente provvisorietà; lo stesso del resto varrà per gli altri Paesi del programma. Israele in buona sostanza dovrà contare nel breve periodo ancora su F-15I e F-16I “Sufa”, da ammodernare convenientemente.

Two_F-15I_Raam1Da qui l’intenzione di votarsi di nuovo a quello che verosimilmente è ancora l’aereo da combattimento multiruolo occidentale più efficace e “strategico” nell’intero scacchiere medio-orientale, la versione multiruolo dell’F-15, che gli Israeliani hanno reso negli anni via via più efficace, e che dal canto loro le forze aeree Saudite metteranno a breve in servizio in una configurazione notevolmente upgradata.

Difficile prevedere se questo re-innamoramento israeliano per l’anziano bireattore già di McDonnell Douglas interromperà la partecipazione (importante anche dal punto di vista industriale) al programma JSF. Quelle stesse fonti governative e militari hanno però messo a fuoco un preoccupante paradosso: gli irrinunciabili vantaggi promessi dal JSF potrebbero alla fine costituire un elemento di debolezza fino a rivelarsi un vero tallone d’Achille per la Heyl Ha’Avir.

Israeli_F15Per due motivi. Il primo è la sudditanza tecnico-operativa di ogni flotta estera di F-35 (evidentemente anche di quella largamente “personalizzata” dall’industria israeliana) nei confronti degli Stati Uniti, che custodiscono la chiave per il funzionamento e i necessari upgrade del sistema di supporto logistico ALIS attraverso cui passa anche la formulazione dei dati di missione, e sul cui suolo opereranno i relativi siti di riprogrammazione.

Una leva (anche politica) assai importante per Washington, che persino un “alleato di ferro” come Israele teme possa tradursi in un inaccettabile super-potere. Il secondo motivo è la stessa vulnerabilità intrinseca in termini di cyber-warfare di una catena tecnico-operativo-logistica che ha come fulcro un sistema informatico globalizzato che “gira” sul Web, affidandosi in massima parte a collegamenti sottomarini per definizione mal difendibili.

1248097690Diminuzione del potere aereo americano nell’area medio-orientale e vulnerabilità/dipendenza da Washington dell’F-35 appaiono in definitiva come altrettanti motivi di inquietudine per Israele. Che non esclude, se il prossimo presidente americano non sarà più filo-israeliano dell’attuale, di voltare almeno una spalla agli alleati storici d’oltre Atlantico per rivolgersi più a Oriente, per lo meno nel settore dell’aviazione da combattimento.

C’è già una prima avvisaglia: Gerusalemme starebbe proponendo a New Dheli di costruire insieme un nuovo caccia ispirato a quel “Lavi” di Israel Aircraft Industries che Washington impedì di fatto all’alleato di sviluppare e produrre.
Sarà interessante sondare le reazioni degli otto partner interazionali del programma JSF e degli altri acquirenti alle novità che vengono da Israele.

Foto Lockheed Martin, IDF, Combat Gear, Janetairline e Haaretz.

Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli

Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.

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