Serraj sbarca ad Abu Sittha: caos a Tripoli
Il premier designato del governo di unità nazionale Fayez Al Sarraj è sbarcato ieri nei pressi di Tripoli, dove ha proclamato l’entrata in funzione del proprio esecutivo nato sotto l’egida dell’Onu nonostante le resistenze di consistenti fazioni nella capitale.
Oltre che da auguri e incoraggiamenti della comunità internazionale, con l’Italia in prima fila, il suo ingresso a Tripoli è stato accompagnato da minacce di arresto da parte del governo non riconosciuto ma insediato da quasi due anni nella capitale, che ha fatto appello “a tutti i rivoluzionari a schierarsi contro questo gruppo di intrusi”.
E nella serata di ieri alcuni gruppi armati hanno sparato dei colpi in aria con le anti-aeree montate sui pick-up per impedire ai sostenitori del governo di unità di radunarsi nei pressi di piazza dei Martiri.
Uomini armati hanno preso il controllo della tv al-Nabaa. Le trasmissioni sono state interrotte e il personale evacuato. Al Nabaa è una tv vicina alle autorità di Tripoli, che si oppongono al premier Al Serraj, sostenuto dalla comunità internazionale.
Con lo spazio aereo chiuso dal governo di Tripoli, Sarraj è arrivato via mare da Tunisi, a bordo di una motovedetta della Marina proveniente da Misurata, e si è insediato nella base navale di Abu Sittha che utilizzerà come “quartier generale temporaneo in attesa che sia garantita la sicurezza in un’altra sede a Tripoli”, come ha annunciato un suo portavoce.
Il colonnello Abdel Rahman al Tawil, capo della commissione sicurezza del Consiglio di presidenza, ha assicurato che “nessuna forza straniera ha partecipato all’operazione” anche se pare che aerei e navi militari italiani, europei e statunitensi siano presenti non lontano dalla costa.
Col chiaro intento di rendere meno incendiario l’arrivo, il portavoce ha sostenuto che ad entrare è stato “il consiglio presidenziale” guidato da Sarraj, ossia il nucleo dell’esecutivo, “e non il governo di intesa nazionale” vero e proprio.
Questo peraltro si era visto negare la fiducia per la quinta volta ieri dal parlamento riconosciuto internazionalmente a Tobruk, dove c’è un terzo premier, anch’egli ostile al governo di unità nazionale. Sarraj ha comunque annunciato che “il governo di accordo nazionale ha preso le proprie funzioni dalla capitale, Tripoli” e ha esortato i libici a “unire gli sforzi” per “contrastare Daesh”, lo Stato Islamico, che ha conquistato il centro del Golfo della Sirte.
Il premier ha d’altra parte ribadito che la sharia (la legge islamica) resta la fonte del diritto, così come previsto dagli accordi di Skhirat del 17 dicembre scorso.
“Ci auguriamo che il governo Sarraj possa ora lavorare nell’interesse della Libia e del popolo libico”, ha commentato il premier Matteo Renzi, mentre il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha sottolineato che si tratta di “un altro passo avanti per la stabilizzazione della Libia”: un obbiettivo per il quale “l’Italia è stata sempre in prima linea, con numerose iniziative diplomatiche”.
L’Onu, attraverso il suo inviato speciale Martin Kobler, ha ricordato che il mondo è “pronto ad assicurare il necessario sostegno e assistenza”.
E l’Alto rappresentante europeo Federica Mogherini ha affermato che la Ue ha pronto un pacchetto di “aiuti sostanziali da 100 milioni di euro”. Sarraj si è visto però mettere in guardia dal ‘premier’ del governo di Tripoli, Khalifa Ghwell, che da giorni ha dichiaratolo stato di emergenza nella capitale. “Il suo ingresso è illegale” e ora “ha due opzioni”, ha minacciato: “Consegnarsi alle autorità o tornare a Tunisi”.
Gli schieramenti delle diverse milizie che sostenevano il governo di Tripoli (il Fronte Alba della Libia) rispetto al governo Serraj non è ben definito: dai Fratelli Musulmani ai salafiti dell’ex qaedista Abdel Hakim Belhadjdi alle milizie di Misurata sembrano dominare le fratture.
La loro composizione potrebbe favorire l’accorpamento del governo islamista della capitale nell’esecutivo Serraj mentre il rischio opposto è che Tripoli diventi di nuovo in campo di battaglia (in cui potrebbero inserirsi anche milizie tribali e le forze di Zintan fedeli al governo laico di Tobruk che avevano promesso di liberare la capitale) e Serraj sia costretto a tornare in Tunisia .
Il Segretario di Stato Usa, John Kerry,ha espresso sostegno aSerraj affermando che “il Governo può finalmente cominciare il suo lavoro sui temi politici, economici, umanitari e di sicurezza della Libia” mentre il portavoce del Dipartimento di Stato, John Kirby, ha aggiuto: “Siamo contenti che Serraj sia a Tripoli”. Molto dipenderà anche dalle indicazioni provenienti da Turchia e Qatar, sponsor del governo di Tripoli legatoi ai fratelli Musulmani.
L’insediamento di Serraj a Tripoli potrebbe rendere più vicino un intervento militare internazionale contro lo Stato Islamico , con il coinvolgimento di forze italiane. Tema al centro degli incontri di Matteo Renzi negli Stati Uniti ma toccato ieri marginalmente anche dal nuovo capo di stato maggiore dell’Aeronautica, generale Enzo Vecciarelli (nella foto sotto).
Circa l’impiego dei bombardieri Tornado in Libia il genberale ha dichiarato che “il nostro compito è prepararci. Posso assicurare che tutte le Forze armate sono pronte ad intervenire laddove e come il Governo riterrà opportuno”.
Secondo La Stampa – il Governo potrebbe cedere di fronte al pressing americano, che Obama potrebbe esercitare sul premier Renzi nell’incontro che i due leader avranno domani. Un’opzione – quella dei Tornado in azione in Libia – che implica comunque un passaggio parlamentare e che, in ambienti militari e della Difesa, viene definita “per ora non all’ordine del giorno”.
Sull’impiego di piccoli nuclei di forze speciali per “azioni mirate” sul terreno, altra opzione ventilata, arriva invece un no comment: un recente decreto prevede che il premier possa autorizzare l’Aise, il servizio segreto esterno, ad impiegare gli incursori per le proprie operazioni di intelligence.
Secondo alcuni analisti vi sarebbero già alcuni team in azione in Libia, ma il Governo – comprensibilmente – ha sempre smentito. “L’impiego dei militari italiani in quello scacchiere procede su due binari paralleli. E allo stato nulla è cambiato”, spiega una fonte che conosce bene il dossier.
“Il primo è quello del concorso alla stabilizzazione della Libia e la posizione è chiara da tempo: l’Italia è pronta ad assumere la leadershisp di una missione umanitaria di ricostruzione, a patto però che abbia una legittimazione internazionale e che ci sia la richiesta di un governo libico riconosciuto da tutte le parti in causa.
Lo stesso generale Vecciarelli, nel suo breve colloquio con i giornalisti, ha fatto capire che l’approccio italiano in Libia è tutt’altro che offensivo. In primo luogo perché “in Libia non c’è un nemico, ma un popolo da aiutare a trovare la propria sicurezza. E’ l’Italia è pronta a fare la sua parte”.
(con fonte Ansa)
Foto: Difesa.it, AFP, Reuters e AP
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