Al-Sarraj chiede aiuto per prendere i pozzi petroliferi
Da il Mattino del 26 aprile 2016
Dopo aver tergiversato nel chiedere aiuti alla comunità internazionale il neo premier libico Fayez al-Sarraj ha rotto gli indugi preoccupato dalle minacce ai pozzi e terminal petroliferi situati nel Golfo della Sirte tra Sidra e Mersa el-Brega, ai confini tra Cirenaica e Tripolitania.
Il Consiglio presidenziale del governo di Concordia nazionale, guidato da al-Sarraj, ha chiesto ieri all’Onu, ai Paesi europei e a quelli africani confinanti “aiuti per proteggere” le risorse petrolifere del Paese esprimendo in un comunicato profonda preoccupazione per i rapporti ricevuti dalla Compagnia Nazionale Petrolifera (Noc) e dalle forze di sicurezza su possibili attacchi a installazioni petrolifere, anche marittime.
La richiesta non contiene espliciti riferimenti a interventi militari internazionali ma avverte circa il rischio di “probabili attacchi terroristici contro alcuni siti petroliferi off-shore per far fallire il progetto di riconciliazione nazionale” e invita i Paesi confinanti “a rafforzare la cooperazione con le autorità libiche ed intensificare i controlli alle frontiere”.
Il rapporto della Noc riferisce di un coordinamento tra seguaci dell’ex regime di Gheddafi e gruppi ribelli africani come il sudanese “Giustizia e uguaglianza” (di matrice islamista e attivo nella regione del Darfur) per attaccare installazioni petrolifere libiche”. L’allarme lanciato da al-Sarraj (nella foto sopra) non chiarisce l’entità della minaccia e sembra avere un valore soprattutto politico.
Il richiamo ai seguaci del regime di Gheddafi sembra riferirsi il fatto che molti appartenenti alla tribù al-Qaddafya di Sirte sono oggi affiliati allo Stato Islamico (IS) che ha acquisito anche il supporto di molte milizie jihadiste africane, incluse probabilmente quelle sudanesi.
La possibilità che queste forze conducano attacchi contro le installazioni petrolifere in mare è però piuttosto limitata anche se da Sirte lo Stato Islamico potrebbe armare barchini esplosivi o motoscafi per azioni di pirateria, rese peraltro difficoltose dal controllo esercitato su quelle acque dalle flotte europea e italiana.
Più consistente il rischio di attacchi terrestri nel Golfo della Sirte e nell’entroterra dove negli ultimi mesi la Petroleum Facilities Guard (Pfg) ha respinto numerosi attacchi dell’IS pur non potendo impedire che diversi depositi di stoccaggio del greggio venissero incendiati dai razzi dei jihadisti.
La Pfg è la milizia pagata dalle compagnie per proteggere terminal e pozzi nella cosiddetta “mezzaluna petrolifera” del Golfo della Sirte. guidata dal discusso Ibrahim Jadhran, ex leader indipendentista della Cirenaica e fino a ieri fedele al governo laico di Tobruk e alleato del generale Khalifa Haftar(foto a fianco) che combatte tutte le forze islamiste.
Due settimane or sono Jadran ha però annunciato il sostegno al governo di al-Sarraj ed è rimasto ferito negli scontri di sabato a sud di Mersa el-Brega in cui le Pfg e l’esercito di Haftar hanno ingaggiato battaglia con una colonna dello Stato Islamico in fuga da Derna (città da cui l’IS è stato cacciato nei giorni scorsi da altre milizie di matrice islamista) e diretta probabilmente a Sirte.
Anche l’inviato speciale dell’ONU per la Libia, Martin Kobler, aveva lanciato l’allarme nei giorni scorsi in un’intervista precisando che lo Stato islamico punta a espandersi verso sud al fine di controllare parte delle risorse petrolifere.
Non si può escludere che la richiesta di aiuto formulata da al-Sarraj, forse non a caso in concomitanza col vertice del G5 ad Hannover, abbia quindi l’obiettivo di assumere il controllo dei pozzi della “mezzaluna petrolifera” sottraendoli al governo di Tobruk che esporta greggio a proprio vantaggio e il cui parlamento non ha ancora votato la fiducia l’esecutivo di al-Sarraj.
In ogni caso resta improbabile un ruolo diretto dell’Italia nella difesa dei pozzi del Golfo della Sirte, troppo lontani dai nostri interessi energetici in Libia concentrati in Tripolitania occidentale. Roma si è resa disponibile a partecipare alla protezione della Missione dell’Onu quando si traferirà a Tripoli ma la priorità nella cooperazione con al-Sarraj è rivolta a far cessare i flussi di immigrati clandestini.
“La linea di fondo è quella di un rapporto molto forte con il governo Sarraj e quando formalizzerà le sue richieste troverà nell’Italia un partner sensibile” ha detto ieri Matteo Renzi in un’intervista aggiungendo però dopo il vertice G5 di Hannover che i pozzi petroliferi per i quali il governo libico ha chiesto aiuto e protezione “non sono pozzi di Eni”.
Più probabile quindi che a dare una mano a difendere le infrastrutture petrolifere in Cirenaica intervengano Francia e Gran Bretagna che hanno proprie compagnie coinvolte in attività estrattive nella regione e che già schierano (a basso profilo) forze speciali e consiglieri militari al fianco delle truppe di Khalifa Haftar.
Pur sostenendo ufficialmente al-Sarraj, Londra e soprattutto Parigi sono i più importanti partner di Tobruk insieme a Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Le forze di Haftar hanno ricevuto sabato oltre un migliaio di veicoli, 400 dei quali blindati prodotti negli Emirati o in Egitto e sbarcati insieme a carichi di munizioni nel porto di Tobruk per sostenere la prossima offensiva tesa a prendere Derna, consolidare il controllo di Bengasi e della “mezzaluna petrolifera” per poi attaccare lo Stato Islamico a Sirte.
L’operazione metterebbe in ombra il governo di al-Sarraj che per ora controlla le sedi di cinque ministeri a Tripoli (dove molte milizie sono ancora ostili alla sua presenza) ed è appoggiato da forze islamiste quali Fratelli Musulmani e Salafiti che Haftar considera “terroristi” tanto quanto lo Stato Islamico.
Foto: AP, AFP, TMNews
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.