In Libia l’ONU sostiene la sharia
da Libero Quotidiano del 6 aprile 2016
Il futuro della Libia sarà islamista. Forse avverso allo Stato Islamico ma comunque di ispirazione islamista al punto che la sharia sarà “l’unica fonte del diritto”.
Lo ha detto nei giorni scorsi il premier Fayez al Sarraj (nella foto a lato) precisando che “cercheremo di salvaguardare i principi” tra cui in particolare “l’attaccamento alla sharia in quanto fonte di ogni legislazione mentre tutto quello che è contrario alla legge islamica sarà privo di valore”.
Una dichiarazione rilasciata il 30 marzo nella base navale di Abu Sittha (nei pressi di Tripoli) e fatta pervenire all’ANSA del Cairo da fonti vicine al premier designato libico.
Il rispetto della sharia è il quinto dei 32 “principi” sanciti dall’accordo di Skhirat (Marocco) del 17 dicembre scorso su cui si basa il nascente esecutivo, accordo in cui si parla anche di democrazia, diritti umani e politici che però difficilmente potranno venire applicati e rispettati se la legge coranica sarà l’unica fonte del diritto.
Curioso che all’ONU e nelle capitali europee non abbiano dato peso a questo “dettaglio”, soprattutto tenendo conto che nel 1947 al Palazzo di Vetro venne promulgata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che, non a caso, nessun Paese islamico sottoscrisse perché non aderente ai principi della sharia.
La data in cui al-Sarraj ha ribadito il ruolo guida della legge coranica sharia è importante per comprendere come sia riuscito ad acquisire il supporto delle forze politiche e delle milizie più forti della Tripolitania che fanno capo a Fratelli Musulmani e Salafiti che sostenevano il governo di Tripoli guidato da Khalifa Ghwell.
Dopo aver intimato ad al-Sarraj di tornarsene a Tunisi, Ghwell ha perso il supporto delle forze islamiste ed è fuggito a Misurata. Lo stesso 30 marzo l’inviato dell’Onu, Martin Kobler (nella foto a sinistra), è riuscito a sbloccare la situazione a favore del nuovo governo dopo un summit a Istanbul in cui ha incontrato i responsabili dei principali partiti della Tripolitania inclusi quelli islamisti.
Emerge quindi con chiarezza il ruolo fondamentale della Turchia e del Qatar, fino a ieri sponsor del governo islamista di Tripoli, nel favorire l’insediamento di al-Sarraj. Molto probabile che Ankara e Doha abbiano valutato più conveniente influenzare direttamente il governo targato Onu invece di quello non riconosciuto e rivale dell’esecutivo laico di Tobruk.
Del resto non è un caso che i turchi abbiano riaperto per primi e a tempo di record l’ambasciata a Tripoli, nè che sia sempre Ankara a mediare lo scontro tra le diverse anime dell’islamismo libico che in parte ancora non riconoscono al-Sarraj, come ad esempio il Gran Muftì al Sadeq al Gheriani.
La figura diplomatica più rilevante oggi in Libia, o almeno in Tripolitania, è senza dubbio l’inviato del governo turco, Amrallah Ishlar, che ha incontrato tutte le diverse fazioni facendo la spola tra Tripoli, Misurata e Tobruk.
La deriva islamista che sembra prendere il nuovo governo libico, sotto l’influenza di turchi (e con i petrodollari del Qatar) lascia spazio a molte perplessità.
Innanzitutto circa la possibilità di trovare un’intesa con il governo laico di Tobruk e l’esercito guidato dal generale Khalifa Haftar (nella foto sopra) che in Cirenaica combattono con l’appoggio del Cairo e di Parigi tutti i jihadisti: lo Stato Islamico, i qaedisti di Ansar al-Sharia e le milizie dei Fratelli Musulmani. Non si può quindi escludere che la spaccatura porti a una scissione di fatto tra una Tripolitania vicina a Turchia e Qatar e una Cirenaica filo egiziana.
Il ritorno della Tripolitania sotto l’influenza turca (come era prima dell’invasione italiana del 1911) non risponde certo agli interessi di Roma anche se i buoni rapporti tra Italia e Qatar (dagli investimenti dei fondi dell’emirato nel Belpaese all’acquisto di armi made in Italy) potrebbero offrire garanzie alle attività dell’ENI in quella regione incluso il terminal del gasdotto Greenstream di Melitha.
Lecito anche avere dubbi circa la volontà del nuovo governo di fermare rapidamente i flussi di immigrati clandestini diretti in Italia, anche a causa dell’influenza della Turchia che sull’immigrazione illegale ha ricattato finora con successo l’intera Europa.
Il nuovo governo libico non sembra neppure avere fretta di chiedere l’aiuto militare occidentale e di combattere lo Stato Islamico (che controlla una vasta area a est e a ovest di Sirte), al punto che Ahmed Miitig, uno dei quattro vice di al-Sarraj, ha posto la guerra all’IS come ultima di quattro priorità dell’esecutivo.
Del resto anche lo Stato Islamico, come al-Sarraj e i suoi alleati Salafiti e Fratelli Musulmani, ritiene che la sharia debba essere l’unica fonte del diritto.
Foto: AP, AFP, Stato Islamico, Reuters
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.