Direttiva ue sulle armi: la posizione di Anpam

Come oramai noto, in data 18 novembre 2015 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica della Direttiva 91/477/CEE (già modificata dalla Direttiva 2008/51/CE) riguardante il controllo, l’acquisizione e detenzione di armi civili.

L’ANPAM (Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni Sportive e Civili), aderente a Confindustria, e le Federazioni Europee ad essa collegata, IEACS ed AFEMS, negli ultimi anni hanno lavorato con la Commissione europea per individuare le lacune della Direttiva e per ottimizzarne il testo, con l’obiettivo di uniformare i sistemi tecnici e di polizia in tutti i paesi dell’UE 28. Tutte le attività si sono svolte in piena condivisione tra le parti, confrontandosi su argomenti di buon senso e utili a combattere il traffico illecito di armi in Europa.

ANPAM è una delle realtà associative più presenti a livello nazionale, europeo ed internazionale in quanto da sempre partecipa attivamente a tutti i tavoli di confronto tecnici e legislativi. Anche per questo nel 2014 il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), ha adottato la raccomandazione del comitato delle Organizzazioni non governative (NGO’s) di conferire all’Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni Sportive e Civili lo status consultivo “speciale”.

Tornando al contesto europeo c’è da dire che la proposta di revisione, prevista dalla stessa Direttiva, è stata inasprita immotivatamente dalla Commissione europea a seguito degli atti di terrorismo in Francia. La finalità delle nuove proposte sarebbe quella di sostenere gli Stati nel proteggere i cittadini europei e nell’impedire che criminali e terroristi abbiano accesso alle armi.

ANPAM ritiene che alcune delle previsioni (quale la proibizione di alcune tipologie di armi) contenute nella proposta della Commissione, che è stata elaborata sull’onda emotiva seguita ai recenti tragici fatti di Parigi, se approvate danneggerebbero inutilmente il comparto industriale e l’attività di milioni di utilizzatori sportivi, senza per contro fornire alcun valore aggiunto in termini di Pubblica Sicurezza.

L’industria italiana dedica grande attenzione alla revisione della direttiva armi, in quanto  produce il 28% delle armi civili europee e da sola il 50% della produzione di armi sportive a canna liscia per le attività venatorie e il tiro al volo.

Nel 2012 l’UE ha recepito completamente il Protocollo ONU sulle armi con la pubblicazione del regolamento 258/2012 e quattro anni prima, ossia nel 2008, aveva  ampiamente rivisto la Direttiva Armi.

Pertanto ciò che non è assolutamente condivisibile è l’accostamento della lotta al terrorismo con la revisione della direttiva, che riguarda il comparto produttivo civile delle armi, tra i più controllati e regolamentati nel mondo a livello continentale.

Durante l’audizione parlamentare in Commissione IMCO del 15 marzo scorso abbiamo avuto la possibilità di rappresentare le possibili soluzioni sostenibili, prendendo spunto da quanto avviene in Italia da svariati anni, al fine di evitare inutili restrizioni.

Sottolineando quanto non appare giustificato, in quanto mosso da infondate questioni ideologiche, la cui unica conseguenza sarebbe quella di penalizzare il comparto produttivo e gli utilizzatori legalmente autorizzati.

Riteniamo preoccupante che si stia affrontando revisione della direttiva con un approccio politico teso più a dare delle risposte alla pubblica opinione, quando invece si dovrebbero costringere gli Stati membri a vigilare affinché tutti i singoli sistemi di controllo recepiscano in modo puntuale le disposizioni in materia

. È di tutta evidenza che, in un contesto comunitario, tanti più stati membri non adempiono in modo adeguato le prescrizioni unitarie, tante più rischiose zone grigie si creano. Pertanto l’ANPAM ritiene che adottare restrizioni ingiustificate amplierebbe il gap tra i paesi europei dando vita ad un sistema ancora più disomogeneo, ove sarebbe più facile sviluppare attività criminali.

“Crediamo che la Commissione europea più che aspirare a dare delle risposte teoricamente restrittive – ha commentato a tale proposito il direttore dell’ANPAM Mauro Silvis (nella foto sopra) – dovrebbe impegnare maggiori risorse umane e strumentali per verificare lo stato dell’applicazione della disciplina legislativa nei vari stati membri, intervenendo duramente nei vari casi di inadempienza.

Ci auguriamo che il Governo italiano partecipi attivamente alle discussioni del Consiglio UE, chiedendo e ottenendo l’attuazione di quanto posto in essere negli ultimi decenni in Italia, – ha chiuso Silvis – visto che il nostro Paese ha ampiamente dimostrato di essere all’avanguardia nella legislazione in materia di armi civili in Europa, anche per evidenti motivi storici e produttivi”.

Proprio a causa della rilevanza della produzione nazionale, la legislazione di settore risulta particolarmente avanzata.

Per esempio, l’Italia all’inizio del 2000 aveva già previsto una disciplina sulla corretta disattivazione delle armi; in Europa, nonostante la direttiva del 2008 prevedesse la necessità di emanare tali norme a livello europeo, il relativo regolamento è stato pubblicato solo nel dicembre del 2015, dopo gli attentati di Parigi, mentre nella proposta della CE di novembre 2015, attualmente in discussione, si propone addirittura di vietare il possesso delle armi disattivate.

Già nella sua prima formulazione, nel 1991, la direttiva comprendeva una definizione di una categoria alquanto problematica di armi detenibili dai privati, la categoria B7: Le armi da fuoco per uso civile semiautomatiche somiglianti ad un’arma da fuoco automatica.

Nonostante le numerose richieste interpretative degli stati membri sul criterio della “somiglianza”, la CE è rimasta silente per oltre 25 anni. Ovviamente gli stati membri in questo ampio lasso di tempo hanno trovato nella propria legislazione una soluzione bilanciata e sostenibile per far detenere tali tipologie di armi con un sistema più o meno restrittivo. Oggi la Commissione europea, senza nemmeno produrre alcuno studio di valutazione dell’impatto, in modo poco lungimirante e democratico, ne propone semplicemente la proibizione, piuttosto che dedicarsi all’individuazione dei criteri che contemperino correttamente le esigenze di sicurezza degli stati membri con le istanze di produttori e utilizzatori.

“L’ANPAM – ha commentato infine il presidente Stefano Fiocchi  (nella foto a sinistra) – oltre a rinnovare la completa disponibilità alle istituzioni europee e parlamentari per qualsiasi iniziativa che possa far comprendere le reali criticità in essere e le possibili soluzioni, si augura che prevalga il buon senso, e che le iniziative politiche siano tese non più ad approvare restrizioni immotivate e dannose per l’Italia e l’Europa, ma a uniformare con convinzione l’applicazione della legislazione esistente.

A livello nazionale, – ha concluso Fiocchi – desideriamo rivolgere un appello al Governo ed alle istituzioni competenti, affinché giochino un ruolo da leader per la tutela degli interessi nazionali e promuovano la realizzazione a livello europeo di un assetto normativo simile a quello italiano, che da decine e decine di anni contrasta in modo concreto e con risultati importanti il traffico illecito di armi”.

L’ANPAM IN CIFRE

IL DATO SPORTIVO
Il 2016 è anno di Olimpiadi e si spera di confermare i risultati delle ultime tre edizioni dei Giochi, quando tutte le medaglie in palio nel Tiro a Volo sono state vinte usando fucili italiani, e nella maggior parte dei casi anche con munizioni tricolori. Dopo Pechino 2008 e Atene 2004 (quando con 6 specialità le medaglie furono 18 su 18) anche a Londra il settore armiero sportivo italiano ha fatto registrare un risultato pieno, completato dal dato allargato delle finali, dove tutti i 30 ammessi (6 per specialità) usavano fucili italiani.

I DATI ECONOMICI
L’Italia ha 2.264 imprese produttrici di armi, munizioni e accessori; fornitori specializzati di beni e servizi; fornitori generici; ausiliari e retail con 11.358 addetti diretti. La produzione annua è di oltre 600 mila armi e poco meno di un miliardo di cartucce e munizioni ed il valore del settore è pari a 800 mln di euro.

VALORE SETTORI COLLEGATI: totale di Euro 3.840.042.696
(ovvero quei settori collegati a quelle attività che vengono svolte con l’uso delle armi, ovvero le attività sportive di tiro e quelle di caccia. il dato risulta dalla somma di:
spesa totale sostenuta dai cacciatori   Euro        3.050.479.347
spesa totale sostenuta dai tiratori       Euro           789.563.348

ADDETTI OCCUPATI COMPLESSIVAMENTE:  Totale 94.264
Addetti settore + fornitori                                            11.358
Effetto occupazionale indotto del settore                      9.995
Addetti settori collegati                                                 42.889
Effetto occupazionale indotto dei settori collegati     30.022

L’EFFETTO ECONOMICO INDOTTO: Totale    Euro   7.913.971.205
Ovvero il valore indotto agli altri settori calcolato in base alle tavole delle interdipendenze settoriali (matrici input-output)
Valore settore                                                  Euro     755.258.105
Effetto economico indotto del settore           Euro     630.640.517
Valore dei settori collegati                              Euro   3.840.042.696
Effetto economico indotto settori collegati   Euro   2.688.029.887

Foto: EPA, ANPAM e AFP

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