IL COMANDO ITALIANO IN IRAQ ELEVATO A GENERALE DI BRIGATA

Con l’arrivo a Erbil del reparto della Brigata Friuli per le operazioni di Personnell Recovery (130 militari con 4 elicotteri NH-90 e 4 elicotteri da attacco A-129D Mangusta) e delle prime aliquote del contingente, sulla base del 6° reggimento bersaglieri, destinato a schierarsi presso la Diga di Mosul, il comando delle forze italiane assegnate alla Coalizione contro lo Stato Islamico (Operazione “Inherent Resolve”, per l’Italia “Prima Parthica”) è stato elevato dal rango di colonnello a quello di generale di brigata.

Durante la visita del generale Marco Bertolini (nella foto d’apertura) a Erbl, l’8 giugno scorso, si è infatti tenuto l’avvicendamento alla testa delle forze italiane. I nominativi degli ufficiali come di tutti i componenti del contingente italiano impegnato contro l’Isis restano segreti così come i loro visi vengono oscurati nelle foto per scongiurare il rischio di rappresaglie in Italia da parte di terroristi ed estremisti islamici

A quanto risulta ad Analisi Difesa il nuovo comandante (ritratto nella foto a sinistra al fianco del generale Bertolini) che ha assunto la guida delle forze nazionali nella Coalizione è un generale di brigata considerato molto vicino al Capo di stato maggior della Difesa, il generale Claudio Graziano.

L’elevazione del rango del comando è resa necessaria dall’incremento degli assetti militari nazionali in Iraq che, includendo i 260 militari dell’Aeronautica basati in Kuwait con 7 velivoli (4 cacciabombardieri AMX che hanno da pochi giorni sostituito altrettanti Tornado, 2 droni Reaper e un’aerocisterna KC-767A), si avvicinerà ai 1.500 effettivi quando sarò completato il dispiegamento presso la Diga di Mosul.

Per i prossimi sei mesi sarà italiano anche il comando degli istruttori militari del KTCC (Kurdish Training Coordination Center) che cura l’addestramento delle forze curde e il cui vertice viene alternato su base semestrale tra Italia e Germania.

Gli addestratori italiani della Task Force “Erbil”, circa 200 uomini e donne inquadrati nella coalizione costituita da 7 nazioni europee (Italia, Germania, Gran Bretagna, Norvegia, Finlandia, Olanda e Ungheria) nel Kurdistan iracheno, rappresentano una componente fondamentale per l’addestramento delle forze curde.

Lo testimoniano gli oltre 4.500 peshmerga, che a partire da gennaio 2015 sono stati addestrati sulle procedure di fanteria, sulle procedure contro ordigni esplosivi improvvisati (counter IED), sul tiro indiretto con artiglierie e mortai e molti altri settori.

Il Washington Post ha dedicato un lungo articolo al ruolo italiano in Iraq e in particolare alla missione di addestramento della poolizia irachena effettuata dai Carabinieri a Baghdad.

Da quando nel giugno 2015 è iniziato il programma attuale, ricorda il quotidiano, i Carabinieri hanno addestrato oltre 3mila poliziotti iracheni e altri mille verranno addestrati nel corso dell’estate.

I militari italiani sono già stati impegnati in Iraq in missioni di addestramento a partire dal 2004, fino al ritiro nel 2011 insieme alle altre forze straniere.

Poi, il ritorno lo scorso anno a Camp Dublin, la struttura allestita nel 2007 a ridosso dell’aeroporto di Baghdad. Questo ritorno, scrive il Post, dal sapore di “deja-vu”, è un esempio “del ruolo dei Paesi europei nella lotta contro lo Stato Islamico”.

Inoltre, “sottolinea il ruolo spesso sottovalutato degli europei nello sforzo militare a guida Usa in Iraq”.

Mentre le autorità italiane hanno cercato di mantenere un “profilo basso” per la missione in Iraq a causa del “sentimento dell’opinione pubblica in patria, prosegue il Post, “il contributo militare italiano quest’anno è destinato a diventare il secondo in termini quantitativi dopo quello degli Stati Uniti”.

Infatti, le forze speciali italiane svolgono ruolo di “consiglieri” per le unità di elite della polizia, mentre il governo, ricorda il Post, prevede di inviare “500 militari” a guardia dei lavori di riparazione della diga di Mosul che verranno eseguiti dal Gruppo Trevi.

Foto Difesa.it e KTCC

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