“CHE COSA FARE IN CASO DI ATTACCO TERRORISTICO”

“Che cosa fare in caso di attacco terroristico” (2016) è l’ultimo di quattro fortunati libri di Gianpiero Spinelli –Contractor (2009), Heat (2011) e Caveira (2014) – attraverso i quali ha messo a disposizione di appassionati e curiosi la sua pluriennale esperienza diretta  in sicurezza  ed antiterrorismo: Da contractor del Dipartimento della Difesa USA in Iraq ad istruttore e consulente delle forze di sicurezza brasiliane alla vigilia dei Giochi Panamericani e Mondiali di Calcio, oltre ad altri importanti incarichi per istituzioni italiane ed europee.

Colpito sempre più duramente in Siria e Iraq, lo Stato Islamico è tornato progressivamente a dedicarsi alla guerriglia e al terrorismo. Per mantenere il proprio prestigio, valsogli un costante afflusso di reclute e finanziamenti, DAESH ha deciso di punire l’Occidente con attentati sempre più frequenti, atipici e tragicamente spettacolari. Quella che fino a Gennaio 2015 con Charlie Hebdo sembrava una remota possibilità – il coinvolgimento in un attentato –  oggi non è più percepita come tale, facendo sorgere uno spontaneo e preoccupante interrogativo: “Che cosa fare in caso di attacco terroristico?”

Questo manuale, volutamente agile in lunghezza – un centinaio di pagine – e linguaggio, è indirizzato a qualunque cittadino, ormai bersaglio preferenziale dello stragismo jihadista; non per trasformarlo in un eroe, bensì in un soggetto consapevole, un sensore passivo ed ausiliario alle forze dell’ordine. Ciò trasmettendo dei comportamenti e procedure antiterrorismo elaborate sotto la sigla di ATPBP (Anti-Terrorism Behaviour & Perfomance skills).

Il maggior vantaggio del terrorista è l’effetto sorpresa che può essere ridotto – se non addirittura eliminato – grazie alla consapevolezza d’azione, alla non sottovalutazione della minaccia, alla sostituzione della paura psicotica con una paura intelligente, alla fiducia nella propria intelligenza, vigilanza ed istinto di sopravvivenza.

Ogni cittadino può quindi fare la differenza per sé stesso e per gli altri, anche solo osservando e riferendo situazioni quotidiane alterate.

Quella di Spinelli non è una novità; oltre alla volontà di diffondere nozioni ed accorgimenti che possono salvare vite, vi è una provocazione affinché siano le nostre istituzioni a prendere le redini di una campagna di sensibilizzazione, così come altri Paesi hanno già fatto da tempo.

Nel nostro Paese infatti, preferiamo pensare che il nemico non colpirà e che, in caso, non capiterà certamente a noi; per pigrizia istituzionale o per timore di disseminare il panico si diffonde un senso di falsa sicurezza, disinformazione e ignoranza di procedure di sicurezza.

Nei quattro capitoli e nelle premessa e conclusioni di cui si compone il manuale, Spinelli fornisce un quadro sufficientemente ampio su tutti gli aspetti che caratterizzano l’odierna minaccia terroristica: molecolarità, metodi lo-fi (a “bassa fedeltà”; terrorismo non particolarmente fino o elaborato ma pur sempre letale), soft targets, lupi solitari, attacchi combinati ecc. Fa chiarezza sulla figura dei Foreign Fighters e degli Homegrown Terrorists, contestualizza e descrive il processo di radicalizzazione indicandone segnali distintivi fisici e sociali che dovrebbero far drizzare le antenne a polizia e cittadini.

Descrive diverse tipologie di attentato dando alcuni consigli pratici – a volte apparentemente banali ma che durante il panico e la concitazione possono perdere la loro disarmante evidenza nel più oscuro oblio –   per sopravvivere, per non intralciare o farsi colpire durante eventuali blitz di forze speciali: sequestri o prese di  ostaggi, autobombe, attacchi chimici, active shooters, ecc. Indica date, giorni, mesi e ricorrenze simboliche in cui potrebbero compiersi attentati, così come un elenco di Paesi a rischio da evitare o in cui è vivamente consigliato adottare determinate precauzioni e mantenere un baso profilo, evitando così spiacevoli conseguenze.

Decisamente interessanti alcuni punti che meritano di essere posti in evidenza.Mentre si tende a descrivere i terroristi come pazzi o psicopatici, l’autore è uno dei pochi ad indicarli come persone estremamente intelligenti, preparate e motivate con una propria e naturale emotività durante l’azione ed un accentuato timore del fallimento: Essi non hanno paura di morire, bensì di fallire! Uno squilibrato sarebbe solo controproducente alla causa e le statistiche lo dimostrano.

Ancora, il particolare riferimento ad un’arma tanto letale quanto comune e diffusa: il coltello. Ad ogni attacco terroristico le istituzioni europee minacciano giri di vite sulle armi da fuoco – legalmente detenute, il cui ruolo nel bilancio di vittime di Eurolandia è a dir poco microscopico – trascurando la pericolosità di questo utensile domestico; vedasi “intifada dei coltelli”, la strage nella metro di Pechino del 2014 o ciò che è appena sucesso in Giappone.

Decisamente premonitrici le indicazioni su come scegliere il tavolo nel ristorante di un Paese a rischio e l’importanza di non dischiararsi atei; vedasi attacco a  Dacca, Bangladesh.

Le tanto libertine abitudini di Boulel, il franco-tunisino responsabile delle 84 vittime di Nizza potrebbero essere il frutto della Taquiya, la tattica citata da Spinelli ed adottata da gruppi radicali per dissimulare la propria fede ed agire indisturbati: essa consente ad un musulmano di mangiare carne di maiale, bere alcolici, condurre una vita sessuale promiscua ecc. pur di difendere la propria causa.

Oppure i continui sopralluoghi sulla Promenade des Anglais con i quali l’attentatore si è “esposto” per la preparazione della strage e che, se giustamente interpretati, avrebbero potuto evitare la realizzazione del sanguinoso progetto.

Le nostre abitudini e libertà individuali e collettive non possono essere sacrificate al terrore – è stato oltretutto dimostrato che misure draconiane non sono sufficienti ad eliminare la minaccia terroristica – tuttavia possiamo cambiare approccio, con un ruolo più attivo dei cittadini come già avviene negli Stati Uniti, Israele e Svizzera.  Spinelli descrive 5 anelli di protezione del sistema-Paese:

1. Intelligence

2. Polizia

3. Forze armate

4. Sicurezza sussidiaria (privata)

5. Cittadini.

Secondo l’autore nella nostra società manca un sufficiente ed adeguato coinvolgimento degli ultimi due; essendo quello odierno un nemico interno, esso ne è purtroppo consapevole.

Quello che possiamo fare è lavorarci senza formule magiche eccessivamente lunghe o complesse, ma istruzioni semplici da leggere e memorizzare per non rimanere delle “vittime senza chance”; l’ignoto spaventa, ma sapere cosa fare in caso di emergenza è un antidoto alla paura. Una maggior consapevolezza sulle modalità d’azione dei terroristi può inoltre aiutarci a capire ciò che stiamo osservando e denunciarlo senza temere di sembrare dei visionari: l’immaginazione dei terroristi non ha limiti e “improbabile” – da realizzare –  non significa “impossibile”!

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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