LA NATO A VARSAVIA RISPOLVERA LA GUERRA FREDDA

Il summit di Varsavia salva le apparenze ma non nasconde le profonde spaccature tra l’asse anglo-americano con i partner dell’Est Europa e le potenze continentali europee.

Al centro di un dibattito la “minaccia” russa sull’Europa, percepita come concreta in Polonia e Paesi Baltici, ingigantita dagli anglo-americani che grazie alla nuova guerra fredda vedono l’opportunità di far decollare di nuovo le spese militari ma considerata una pura provocazione nei confronti di Mosca da Germania, Italia e Francia che ritengono invece prioritaria la lotta al terrorismo islamico.

Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO ha definito “un punto di svolta” l’accordo raggiunto sul potenziamento delle forze Nato sul “fronte orientale”: in realtà appena “quattro robusti battaglioni multinazionali” da schierare a tempo pieno in Polonia, Lettonia, Estonia e Lituania a guida USA, britannica, tedesca e canadese.

Forze a cui si aggiungerà nel 2018 una brigata meccanizzata statunitense dislocata in Polonia dove è operativo anche lo scudo antimissile voluto dagli USA (che ha una base anche in Romania) e che tanto irrita Mosca.

I battaglioni alleati a Est rappresentano solo una forza simbolica, troppo piccola per arginare un’eventuale invasione russa, minaccia che peraltro sembra esistere solo nella paranoia degli ambienti Nato che per farvi fronte hanno predisposto un corpo d’intervento rapido di 40 mila soldati da mobilitare in pochi giorni.
Al via libera al dispiegamento dei 4 reparti si sono contrapposte dichiarazioni distensive.

Mentre il presidente francese Francois Hollande ha insistito nell’affermare che “Mosca non è un avversario ne’ una minaccia”, lo stesso Stoltenberg ha detto che “non è prevista una nuova guerra fredda” mentre alla vigilia del summit il ministro degli esteri tedesco Frank Walter Steinmeier aveva ammonito la Nato dal determinare un’escalation con Mosca a causa delle esercitazioni “Anakonda” in Polonia e il ministro della Difesa italiano, Roberta Pinotti, aveva chiarito che “di fronte al rischio del terrorismo che abbiamo ogni giorno di fronte reinventarci una guerra del passato sarebbe insensato”.

L’iniziativa anti russa della Nato resta però evidente anche dalle decisioni assunte in aree strategiche diverse da quelle dell’Europa Orientale, come quella di inviare aerei radar Awacs per sorvegliare lo spazio aereo siriano e iracheno “in funzione anti Stato Islamico”.

Il Califfato però non dispone di velivoli e gli aerei radar della Nato avranno il compito evidente di tenere sotto controllo i jet russi e dei loro alleati regionali, siriani e iraniani.
La deriva anti Mosca montata in seguito alla crisi ucraina rischia quindi di spaccare l’alleanza stessa, come dimostrano le valutazioni che stanno emergendo tra le potenze europee continentali dopo il Brexit.

Benché a Varsavia sia stato firmato un documento che rafforza la cooperazione strategica tra Ue e Nato, l’uscita di Londra dall’unione (dove ha sempre remato contro la nascita di un organismo militare comune) offre oggi la possibilità di dar vita a uno strumento di difesa integrato che consenta di limitare il ruolo degli Stati Uniti e si ponga come alternativo alla Nato, anche se ufficialmente l’iniziativa di difesa europea viene definita “complementare” all’Alleanza Atlantica.

Tutte di portata limitata le decisioni prese a Varsavia su altri importanti questioni. Nela lotta all’Isis la Nato ha deciso di addestrare un po’ di militari iracheni, Barack Obama ha detto che l’America farà di più nella lotta contro i terroristi” ma ha ricordato che solo 5 dei 28 alleati Nato spendono per la difesa il previsto 2 per cento del PIL.

Neppure il rinnovo della missione in Afghanistan è apparso molto convincente. Le truppe alleate resteranno anche nel 2017 ma gli Usa ritireranno 1.400 dei 9.800 soldati presenti oggi mentre turchi, italiani e tedeschi manterranno contingenti di un migliaio di uomini con compiti di addestramento e supporto

Uno sforzo inadeguato a sostenere l’esercito afghano che per far fronte ai talebani avrebbe bisogno di forze della Nato che tornino ad affiancarlo sul campo di battaglia. L’Alleanza Atlantica si è invece limitata a garantire fino al 2020 all’esercito afghano 5 miliardi di dollari annui necessari per il sostentamento e pagare gli stipendi ai soldati.

@GianandreaGaian

Da il Corriere del Ticino

Foto NATO

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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