STRAGE DI DACCA: LA RETE DELLO STATO ISLAMICO

Ma non erano “cani sciolti”? Il governo del Bangladesh (e anche molti media italiani) avevano a lungo escluso che la strage di Dacca fosse da attribuire a una rete organizzata dello Stato Islamico puntando il dito su “cani sciolti” che avevano semplicemente raccolto i messaggi del Califfato.

Ora invece è emersa l’esistenza di una rete di fuoriusciti, convertiti e insospettabili che per anni ha contattato elementi da arruolare per gli attacchi dell’Isis in Bangladesh.

Anche il governo di Dacca ammette quello che sulle prime ha negato, all’indomani della mattanza dell’Holey Artisan Bakery che ha visto l’orribile esecuzione anche di nove italiani. Esiste una lista di nomi di super ricercati, una decina, e su di loro pesa il sospetto di aver fatto da tramite tra i militanti di Daesh e soggetti giudicati pronti per un’operazione terroristica.

Se per mesi, fino alla scorsa primavera, il governo di Sheikh Hasina ( nella foto a sinistra)  addirittura negava l’esistenza di un pericolo terrorista, specie se con legami all’estero, ora si ricercano soprattutto cinque persone, il cui nome è stato reso di pubblico dominio.

Si tratta di un professore universitario, due esperti di informatica e soprattutto di un uomo, Tamim Ahmed Chowdhury, che sarebbe direttamente responsabile del coordinamento delle azioni dell’Isis tra il suo paese e il nord-est dell’India.

Vissuto per anni in Canada, da cui è rientrato nel 2013, Chowdhury viene visto come l’uomo che guida il gruppo dei militanti affiancatisi all’Isis, qualche decina di elementi rientrati dalla Siria o al termine di un periodo di addestramento in Turchia, cui vanno aggiunti estremisti reclutati ed addestrati direttamene sul territorio del Bangladesh.

Se l’accusa dovesse essere fondata, sarebbe sempre Chowdhury l’uomo dal volto coperto che, intervistato da Dabiq, la rivista in inglese dello Stato Islamico, avrebbe promesso un’ondata di attacchi nella vicina India grazie al concorso di “mujahedin locali”.

Un segnale del progetto di allargare l’offensiva anche ad uno stato finora sostanzialmente fuori dal fenomeno terrorista.

Anche per questo gli inquirenti guardano con apprensione alla storia personale del numero due della lista. Se Chowdhury rientrò tre anni da dall’Ontario con due connazionali successivamente andati a combattere in Siria, Mohammad Saifullah Ojaki è infatti un uomo dalle due vite. Nato da una famiglia indù della classe media, considerato da chi lo conosceva da giovane tranquillo e studioso, parte per il Giappone, dove finisce per insegnare economia all’Università di Tokyo.

Un ambiente lontanissimo da Daesh, si direbbe, eppure è durante il suo soggiorno Giappone e che ha luogo la sua trasformazione. Abbraccia l’Islam radicale, si fa crescere la barba e torn per una sola volta a casa, prima di entrare in clandestinità.

Una metamorfosi non lontana da quella di Nazibullah Ansari, mandato dalla famiglia a studiare in Malesia e scomparso non prima di aver inviato nel gennaio 2015 un messaggio al fratello: “vado in Iraq ad unirmi all’Isis, interrompo ogni rapporto e non tornerò indietro”.

L’essere esperti di informatica è invece ciò che unisce gli altri due super ricercati della lista. Il primo si chiama Junnun Sikder, specializzatosi nell’uso del computer in una delle università private d’élite del Bangladesh.

Già arrestato nel 2013, è stato fin da subito sospettato di essere un jihadista dell’Ansarullah Bangla Team, una componente del un jihadista dell’Ansarullah Bangla Team, una componente del mondo islamico estremista locale.

Lasciato libero su cauzione, ha successivamente lasciato il paese per la Malesia, dove ha fatto perdere le sue tracce. Il secondo esperto informatico è invece Tajuddin Kausar, laureato una decina di anni fa nell’Università del Nuovo Galles del Sud, in Australia.

I suoi contatti con la famiglia si fanno sempre più sporadici dal 2013. Ora anche lui si trova nella lista del governo di Dacca, costretto, dopo aver negato per lunghi mesi, ad ammettere che l’Isis ha messo radici anche in questo angolo di mondo.

(con fonte AGI)

Foto: Ansa, AP, REuters e Stato Islamico

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