CAPAR – LA CASA DEI PARA’

Milleuno, milledue, milletre…..il tradizionale scandire del tempo, che prelude al rassicurante shock di apertura della calotta del paracadute, viene simulato dagli allievi in addestramento nella caserma “Gamerra” di Pisa, sede del CAPAR, il Centro Addestramento Paracadutisti della Brigata Paracadutisti Folgore.

Vera casa madre delle aviotruppe italiane ed erede dal 1999 della celebre SMIPAR, la Scuola Militare di Paracadutismo, l’odierno Centro è una struttura di livello reggimentale articolata e complessa, che racchiude funzioni sia didattiche che operative.

Posto alle dipendenze del comando brigata ed affidato di norma ad un colonnello di grande esperienza che abbia già concluso il normale periodo di comando presso un’altra unità (attualmente il colonnello Franco Merlino (nella foto sotto), già comandante del 183° Reggimento “Nembo”), il CAPAR comprende il Comando, con gli uffici Segreteria Personale e Benessere, Addestramento e Lanci, Logistico ed Amministrazione, il Reparto alla Sede, la Compagnia Comando e Servizi e due battaglioni: il Battaglione Addestrativo “Poggio Rusco” ed il Battaglione Avio.

Nell’ambito del Centro operano inoltre, pur dipendendo amministrativamente da altri enti, anche il Centro Sanitario Aviotruppe, la Banda Musicale della Brigata Folgore e la sezione Paracadutismo del Centro Sportivo Esercito.
La funzione didattica del CAPAR è appannaggio del Battaglione Addestrativo Poggio Rusco, erede del precedente Reparto Corsi, e che si articola su Comando, un Nucleo Istruttori e 3 Compagnie Corsi.

Le compagnie gestiscono la capacità alloggiativa per i frequentatori dei vari corsi, assicurano il necessario supporto amministrativo, matricolare e logistico e forniscono gli elementi di inquadramento (comandanti di squadra ed aiuto istruttori) degli allievi, lavorando in simbiosi con gli istruttori di paracadutismo ed i supervisori, che rispondono invece direttamente al comando di battaglione.

Al reparto addestrativo è affidato in primo luogo il compito di curare la formazione di base, morale, tattica e tecnica di specialità, dei nuovi paracadutisti destinati ad alimentare i reggimenti operativi della Brigata Folgore.

Attualmente la maggior parte degli allievi paracadutisti che affluisce a Pisa è rappresentata da VFP1 che hanno appena terminato il periodo di addestramento iniziale presso i vari RAV (Reggimenti Addestramento Volontari) e chiesto, a titolo volontario, di entrare a far parte della famiglia delle aviotruppe.

All’atto della presentazione della relativa domanda, questi aspiranti vengono sottoposti ad una serie di test fisici (trazioni, piegamenti, flessioni e corsa piana) analoghi a quelli previsti successivamente per l’ammissione al corso di paracadutismo e che esamineremo nel dettaglio più avanti.

Ad ogni modo il mancato superamento in questa fase delle prove non preclude definitivamente la possibilità di raggiungere l’agognato brevetto.

I volontari sono infatti inviati comunque al CAPAR, dove però dovranno dimostrare successivamente di aver raggiunto i livelli di efficienza fisica richiesti. Accanto ai VFP1 è poi presente un minor numero di VFP4 che, dopo il primo anno di ferma trascorso presso altri reparti, hanno deciso di proseguire la loro esperienza militare nella Folgore.

Giunti al CAPAR tutti gli allievi sono sottoposti ad un accurato screening psico-fisico di idoneità all’aviolancio presso il Centro Sanitario Aviotruppe e successivamente, inquadrati in una delle compagnie del Battaglione Addestrativo, frequentano il Corso KS o corso di specialità.

Si tratta di un modulo formativo di addestramento individuale al combattimento e di addestramento a fuoco di squadra simile al modulo K che affrontano tutte le altre reclute presso i vari RAV, ma di maggior durata (10 settimane anziché 8)e decisamente più intenso e fisicamente impegnativo.

Sono settimane di norma strutturate su una prima giornata di lezioni teoriche e di pianificazione, cui fanno seguito tre giorni di addestramento esterno, con prevalente attività di tipo continuativo sul terreno svolta con il massimo realismo e l’attenta supervisione degli istruttori. Il venerdì è invece solitamente dedicato alla cura dei materiali.

Gli obiettivi principali del corso KS sono essenzialmente due: fornire un progressivo ma costante affinamento della forma fisica, premessa per il superamento dei successivi test di ammissione alla formazione aviolancistica, e garantire la standardizzazione di tecniche e procedure per amalgamare ed innalzare il livello degli allievi, per metterli in grado si svolgere in modo soddisfacente i compiti di base del combattente in un ambiente difficile e pericoloso, in condizioni di forte isolamento operativo.

I temi trattati includono pertanto, oltre ad un’intensa attività fisica, tutti gli argomenti tipici dell’addestramento individuale al combattimento: impiego delle armi e pratica di tiro, sopravvivenza sul campo di battaglia, movimento tattico e sfruttamento del terreno, superamento ostacoli naturali e riordino a seguito di aviolancio (simulato), topografia e navigazione terrestre (con marce topografiche di crescente impegno), tattiche e procedure dalla squadra fucilieri in difesa e in attacco, nozioni su trasmissioni, difesa NBC e sanità.

Gli istruttori dei corsi KS sono rappresentati dal personale di inquadramento effettivo alla compagnia che conduce l’addestramento, integrato da ulteriori elementi, ufficiali, sergenti e VSP, provenienti dai vari reggimenti della Folgore ed assegnati a turno al CAPAR dal Comando Brigata per la durata di due o tre corsi successivi.

Questo personale aggiuntivo permette di costituire per ogni corso due differenti nuclei istruttori, in modo da garantire la necessaria continuità dell’addestramento e la costante presenza degli istruttori durante tutte le lunghe settimane di costante attività continuativa esterna.

La pianificazione, la direzione generale e la responsabilità finale di ogni corso è affidata ad un ufficiale supervisore, prescelto di volta in volta e che non coincide con il comandante della compagnia coinvolta nella formazione specifica.

Tutto il personale assegnato alla Folgore conduce in linea di massima lo stesso addestramento di specialità, indipendentemente dal grado, frequentando uno dei quattro o cinque corsi organizzati ogni anno dal Battaglione, ciascuno con una media di 120-140 frequentatori.

Tuttavia, in presenza di specifiche ed accertate capacità, alcune fasi della formazione possono essere omesse, valutando attentamente di volta in volta i precedenti professionali di ogni singolo allievo.

Così, ad esempio, i VFP4 che abbiano in passato già svolto attività a fuoco di squadra o di livello superiore presso il reparto di provenienza, possono frequentare il modulo KS per sole 8 settimane, tralasciando quelle finali dedicate appunto a tali attività.

Allo stesso modo Marescialli ed Ufficiali del Ruolo Normale frequentano moduli limitati di due o tre settimane, in cui curano soprattutto gli aspetti legati alle attività specifiche delle aviotruppe, dal riordino a seguito di aviolancio alle tecniche e procedure di sopravvivenza operativa.

Pur non avendo specifico carattere selettivo, il corso KS di specialità mette tutti gli aspiranti volontari di fronte alla validità delle scelte professionali, portando molti elementi, non adeguatamente motivati, ad un abbandono precoce e volontario.

La percentuale media di successo dei frequentatori si aggira attorno al 75% circa, un dato che da un lato dimostra l’impegno richiesto ai partecipanti e la necessità di eccellenti doti psico-fisiche iniziali, dall’altro evidenzia l’assoluta serietà del lavoro svolto dagli istruttori.

Gli elementi che rinunciano spontaneamente alla prosecuzione del corso sin dalle prime settimane vengono rimandati ai RAV, dove frequenteranno un modulo K convenzionale di 8 settimane.

Il personale che, pur non risultando alla fine idoneo secondo i severi parametri degli istruttori, ha portato a termine il corso è invece trasferito ad altri reparti operativi della Forza Armata.

I corsi di paracadutismo
Chi conclude son successo il modulo KS viene ammesso alla frequenza del corso basico di paracadutismo con fune di vincolo, denominato ora Corso KSP, che si svolge immediatamente dopo e ne costituisce logica prosecuzione e completamento.

L’accesso a questa fase, della durata complessiva di quattro settimane di cui tre dedicate alla formazione a terra ed una ai lanci veri e propri, richiede come dicevamo il superamento di una serie di Prove di Ammissione, sei di verifica dell’efficienza fisica raggiunta ed una di accertamento della capacità decisionale e di padronanza della paura del vuoto.

I test comprendono:
–    5 trazioni alla sbarra
–    5 piegamenti alle parallele
–    10 flessioni addominali
–    10 piegamenti sulle braccia con corpo proteso indietro e distacco dal suolo
–    Salto in alto di almeno 110 cm (120 per il personale in SPE)
–    Corsa piana di 1500 metri nel tempo massimo di 6 minuti e 30 secondi
–    Prova decisionale di salto nel vuoto e discesa dalla torre di 15 metri con l’apposita carrucola.

Superato anche questo scoglio gli allievi, sempre assegnati ad una compagnia del Battaglione Poggio Rusco, iniziano la preparazione fisica e tecnica ai lanci, suddivisi in sezioni di 20-25 elementi.

Ogni sezione è affidata ad un Istruttore di Paracadutismo (IP), un elemento esperto in SPE proveniente dal Nucleo Istruttori del Battaglione, che agisce coadiuvato da alcuni Aiuto Istruttori di Paracadutismo (AIP), caporal maggiori effettivi invece alla compagnia di inquadramento.

Nelle tre settimane di formazione a terra, comunemente conosciute come corso palestra, i singoli momenti del lancio, dalla vestizione all’atterraggio, sono affrontati ed approfonditi separatamente. Ogni singola fase viene esaminata minuziosamente dagli istruttori e ripetuta più e più volte dagli allievi, sino all’apprendimento dei necessari automatismi ed alla creazione di una sorta di “memoria muscolare” che induce a movimenti rapidi ed istintivi.
Così, ad esempio, il movimento all’interno del velivolo, la presentazione alla porta e l’uscita sono simulati prima in una falsa carlinga a terra, poi sulla torre di 15 metri.

Il controllo della corretta apertura della calotta, il comportamento durante la discesa e la reazione ad eventuali malfunzionamenti sono invece affrontati in una struttura, simpaticamente conosciuta come “il pollaio”, in cui gli allievi, appesi con tutto l’equipaggiamento, imparano, tra l’altro, ad affrontare gli effetti del vento.

L’addestramento all’atterraggio si svolge invece prevalentemente in palestra e richiede il perfetto apprendimento della tecnica corretta. La capovolta finale, infatti, permette di ridurre gli effetti della velocità di discesa e di contrastare il trascinamento a terra.
Per ogni fase, non necessariamente affrontata in sequenza ma ripetuta più volte, gli istruttori accertano il raggiungimento del necessario livello di apprendimento da parte di ogni singolo allievo.

Nella terza settimana gli istruttori effettuano le valutazioni finali per l’ammissione al lancio.

Gli allievi dovranno dimostrare assoluta padronanza delle tecniche acquisite e superare alcune prove specifiche tese ad accertare il raggiungimento del necessario livello di agilità e di coordinazione motoria: salita alla fune di 4 metri, superamento del muro di 2,4 metri, staccata in lungo del plinto, salto nel telo tondo da un’altezza di 5 metri e 5000 di corsa piana da percorrere nel tempo massimo di 25 minuti.

Saranno quindi gli stessi istruttori ed aiuto istruttori del corso ad accompagnare i rispettivi allievi ai primi lanci, con l’IP nel ruolo di Direttore di Lancio della propria sezione.

Il materiale impiegato è il T10C prodotto su licenza da Aero Sekur, un paracadute classico a calotta emisferica di 89 metri quadrati di superficie ed una velocità di discesa di circa 4,7 metri al secondo, affiancato da un paracadute ausiliario MIRPS con sistema di apertura a maniglia, per fronteggiare eventuali emergenze e malfunzionamenti.

Il Brevetto di paracadutismo si ottiene con tre lanci effettuati senza equipaggiamento, dopo i quali l’allievo potrà indossare il caratteristico distintivo con le ali ed il paracadute.

Dopo due ulteriori lanci con lo zainetto tattico e l’arma individuale si ottiene infine l’abilitazione al lancio militare con paracadute vincolato, ed il neo parà aggiunge la stelletta al proprio distintivo.

Attualmente una parte dei VFP1 effettua durante il corso KSP solo i primi tre lanci, per poi completare la formazione aviolancistica in un secondo momento, presso il reggimento di destinazione finale. Per il personale in SPE, i VFP4 ed una parte dei VFP1 il corso comprende invece tutti i 5 lanci previsti, anche se ovviamente l’effettiva disponibilità di vettori aerei rappresenta a tal fine un elemento determinante.

Oltre al personale destinato alla Folgore, frequentano i Corsi KSP anche elementi di altre unità dell’Esercito e delle altre Forze Armate nazionali che prevedono il brevetto di paracadutismo tra i requisiti dei propri membri. E’ il caso naturalmente delle Forze Speciali e per Operazioni Speciali, del Plotone Esploratori Anfibi dei Lagunari, di un plotone rinforzato del 28° Reggimento Comunicazioni Operative “Pavia”, ed di altri ancora.

Accanto alla tradizionale formazione ai lanci vincolati, nell’ambito del Battaglione Poggio Rusco sta assumendo sempre maggior importanza l’addestramento TCL, che abilita al lancio con la tecnica della caduta libera ad apertura comandata da un’altezza massima di 3-4.000 metri (circa 10.000 piedi).

Tale qualifica è principalmente destinata al personale delle Forze Speciali e per Operazioni Speciali: Incursori di tutte le Forze Armate nazionali, Acquisitori e Ranger.

Tale tecnica permette infatti un elevato controllo direzionale e consente ai componenti di un team di atterrare con precisione, raccolti in uno spazio molto ristretto e con tutto l’equipaggiamento di missione al seguito. Attualmente la disponibilità di velivoli dell’Aeronautica Militare consente di organizzare vari corsi all’anno, ciascuno dedicato a 10-15 allievi.

Un tempo questa attività addestrativa richiedeva come prerequisito il possesso di una elevata esperienza nei lanci vincolati (almeno 20) e si svolgeva con un corso di 6 settimane.

Attualmente il Corso TCL si svolge invece con modalità innovative, in parte mutuate dal paracadutismo sportivo, che permettono il conseguimento della qualifica in sole quattro settimane, anche in assenza di precedenti esperienze specifiche (per motivi amministrativi l’accesso a questa formazione prevede comunque il possesso del brevetto FV).

Le velature impiegate sono le Para-Flite MT1-XX con calotta rettangolare di 374 piedi suddivisi in 7 “cassoni”, con una velocità di discesa verticale di 5 m/s e di deriva 9-11.

Inizialmente gli allievi, dopo una formazione teorica e pratica sui materiali utilizzati, frequentano uno stage nel “tunnel del vento”, una struttura, ora presente anche in Italia, in cui viene “sparato” un flusso d’aria ad alta velocità per permettere di simulare in assoluta sicurezza le condizioni del volo in caduta libera e di apprendere la posizione e la stabilità che serviranno per affrontare i lanci.

Si tratta di una palestra di allenamento propedeutico che riduce in modo sostanziale i tempi di formazione ad un costo molto contenuto.

La fase successiva, denominata “Accelerated FreeFall”, consente, grazie a metodi avanzati di insegnamento, di contrarre ulteriormente i tempi di apprendimento, agendo in assoluta sicurezza. Suddivisa in 7 livelli successivi, la formazione vede inizialmente ogni allievo lanciarsi assistito da due istruttori che lo accompagnano ed assistono nella caduta, mentre un terzo istruttore, in collegamento radio da terra, impartisce tutte le istruzioni per l’atterraggio.

Successivamente l’allievo sarà seguito da un solo istruttore, per poi raggiungere la completa autonomia e saltare da solo. Il passaggio da ogni livello al successivo è subordinato alla perfetta padronanza delle tecniche apprese ed alla corretta esecuzione di determinati esercizi.

La parte terminale del Corso TCL affronta quindi gli aspetti più prettamente tattici e militari del lancio, quali il trasporto dell’equipaggiamento e dei carichi di missione, le tecniche di movimento in sequenza e di inseguimento del leader per il raggiungimento del previsto luogo di atterraggio e l’addestramento notturno.

Solo la formazione ai lanci da alta quota con modalità HALO/HAHO, da altezze che possono arrivare agli 8.000 metri e richiedono l’impiego dell’ossigeno, rimane appannaggio esclusivo degli Incursori del 9° Reggimento “Col Moschin”.

Oltre ai corsi destinati al personale esterno il Battaglione Poggio Rusco cura anche la formazione del proprio personale effettivo, con corsi interni di 4-6 settimane per Aiuto Istruttore di Paracadutismo, Istruttore di Paracadutismo ed Istruttore TCL.

Inoltre assicura l’istruzione di tutto il personale coinvolto a vario titolo nell’attività aviolancistica, figure professionali la cui presenza è essenziale per l’effettuazione stessa dei lanci: Direttori di Lancio e Comandanti di Pattuglia Guida.

I Direttori di Lancio per aviolanci con paracadute ad apertura automatica (DL/FV) e ad apertura manuale (DL/TCL) frequentano un corso apposito (di 5 settimane per i DL/TCL), suddiviso in una prima parte di istruzione teorica ed una seconda di addestramento pratico allo svolgimento delle mansioni specifiche con l’utilizzo dei velivoli disponibili.

Tra i loro compiti rientrano infatti il controllo dell’equipaggiamento di lancio dei singoli paracadutisti, al fine di accertarsi che abbiano indossato correttamente i paracadute, e la conduzione delle varie fasi che precedono il lancio, durante le quali dovranno impartire le debite istruzioni.

I Comandanti di Pattuglia Guida vengono formati in tre settimane, in cui si alternano fasi teoriche ed attività pratiche finalizzate all’apprendimento delle tecniche di ricerca e riporto dei dati per l’omologazione delle zone di lancio, per la loro organizzazione, il calcolo del punto di rilascio, il rilevamento delle condizioni meteorologiche del momento e la guida finale dei velivoli dell’Aeronautica Militare per il lancio dei paracadutisti.

Sempre in ambito addestrativo va segnalato che il CAPAR è divenuto recentemente il polo nazionale per la formazione degli istruttori del Metodo di Combattimento Militare (MCM), elementi destinati poi a diffondere la metodologia appresa presso i vari reparti di provenienza. A tal fine è stata recentemente creata a Pisa un’apposita area addestrativa coperta di 400 metri quadrati, interamente dedicata alla nuova disciplina ed al suo insegnamento.

L’MCM è stato studiato per consentire al soldato completamente equipaggiato di difendersi e sopravvivere nelle varie situazioni operative senza ricorrere all’uso delle armi, nei casi in cui i loro impiego risultasse impedito dalla particolare situazione, dalle specifiche regole di ingaggio di una missione o dalla necessità di garantire una risposta proporzionale e progressiva elle minacce, come avviene ad esempio nell’ambito dell’operazione “strade sicure”.

Messo a punto presso il 187° Reggimento Paracadutisti Folgore di Livorno, da cui provengono attualmente gli istruttori più esperti, l’MCM utilizza tecniche e metodologie di combattimento mutuate da differenti attività e sport di difesa.

 

Il suo insegnamento prevede corsi strutturati su tre differenti livelli, basico, intermedio ed avanzato, di complessità ed efficacia crescente, in cui vengono impartite lezioni, oltre che sulle tecniche specifiche di combattimento, anche sui traumi fisici e sulla psicologia del combattente.

Attualmente il CAPAR svolge corsi della durata di circa 7 settimane per istruttori di 1° livello a beneficio di allievi provenienti da vari reparti dell’Esercito, selezionati tra militari già in possesso di validi precedenti esperienze in uno sport di combattimento, quali pugilato, judo, karate o simili.

L’istruzione è incentrata quindi sull’autodifesa a mani nude o con il ricorso ad armi bianche e mira all’individuazione precoce di una possibile minaccia e successivamente alla creazione di una memoria muscolare che generi gli automatismi che portano ad agire d’istinto, evitando indecisioni per potrebbero rivelarsi fatali.

Con la progressiva maturazione delle esperienze e la disponibilità di docenti di adeguato profilo verranno organizzati nel prossimo futuro anche stage formativi per gli istruttori dei livelli superiori.

Il Battaglione Avio
L’elemento operativo del CAPAR è costituito essenzialmente dal Battaglione Avio, dal cui Comando dipendono due differenti pedine: la Compagnia Aviolanci e Manutenzione e la Compagnia Aviorifornimenti.

La Compagnia Aviolanci e Manutenzioneha in carico tutti i paracadute in dotazione all’Esercito per i lanci di personale ed utilizzati anche dalle altre Forze Armate, dei quali cura la gestione, l’immagazzinamento, la distribuzione, il recupero ed il ripiegamento dopo l’utilizzo.

Si tratta di alcune migliaia di paracadute ad apertura automatica per lanci vincolati, soprattutto T-1OC principali e MIRPS ausiliari. Ad essi si affianca un certo numero di Aero Sekur MC1-1C la cui calotta, emisferica ma munita di alcune fenditure, permette un certo grado di manovrabilità. Destinati al personale più esperto sono impiegati soprattutto dagli aerorifornitori.
A questi si aggiungono circa 500 paracadute per lanci in caduta libera ad apertura comandata, rappresentati al momento essenzialmente dagli MT1-XX.

Il processo di gestione di un tale parco di materiali risulta assai gravoso, delicato ed impegnativo.

Dopo i lanci i paracadute transitano nelle mani del personale del plotone manutenzione e riparazioni, dove vengono ripuliti, appesi per facilitarne lo sbrogliamento ed esaminati attentamente sul tavolo d’ispezione a retroilluminazione per verificarne l’integrità, con particolare riguardo alla calotta ed al fascio funicolare.

Eventuali piccole riparazioni che si rendessero necessarie sono oggi effettuate direttamente presso il plotone, mentre in presenza di danneggiamenti più estesi la competenza passa alla casa costruttrice. Quando necessario, e sempre dopo i lanci in mare, i paracadute vengono anche lavati ed asciugati accuratamente, appesi nella torre di asciugatura.

La successiva fase di ripiegamento, che ha luogo sui lunghi tavoli della sala omonima, è gestita dai due plotoni ripiegamento paracadute ad apertura automatica della compagnia.

Ad ogni tavolo lavorano sullo stesso paracadute tre ripiegatori, con compiti e responsabilità diversi in base al livello di esperienza maturato.

Con gesti rapidi e competenti distendono il paracadute e ripiegano accuratamente, secondo passaggi successivi ben definiti, imbragatura, fascio funicolare e calotta, fino alla chiusura della custodia ed alla sistemazione nella guaina porta-calotta. Sarà il più esperto dei tre a firmare ad operazione ultimata il libretto del paracadute.

Ogni due tavoli è presente un revisore che controlla attentamente l’operato dei sei ripiegatori e cura la verifica finale dell’intero processo.

La direzione complessiva dell’attività in corso su tutti i tavoli ricade infine su un supervisore, generalmente uno dei comandanti di plotone, anch’esso sempre presente. Il tempo richiesto per il ripiegamento di un paracadute per lanci ad apertura automatica è inferiore al quarto d’ora ed ogni tavolo riesce a ripiegare mediamente una trentina di paracadute al giorno.

Il plotone ripiegamento paracadute ad apertura comandata si occupa invece delle velature TCL, che vengono distese sul pavimento di un’apposita sala e ripiegate dall’azione congiunta di due ripiega tori, costretti anch’essi ad operare a terra.

Il brevetto TCL include l’apprendimento delle tecniche di ripiegamento, sicché spesso gli MT1-XX vengono ripiegati più volte dagli utilizzatori durante un determinato ciclo addestrativo.

Al termine di questo, però, ritornano al CAPAR per essere controllati, immagazzinati e gestiti centralmente.

La gestione complessiva del magazzino è un compito importante e delicato e non solo per la corretta conservazione del materiali.

La compagnia segue infatti ogni singolo paracadute durante tutta la sua vita utile, annotando ogni passaggio nel libretto che lo accompagna in ogni fase. Questo permette tra l’altro di effettuare una giusta rotazione dei lotti in relazione alla data di confezionamento ed alla vita utile residua dei materiali, allo scopo di garantire un’adeguata disponibilità di paracadute in base alle attività addestrative pianificate ed alle eventuali emergenze operative.

L’altra pedina del battaglione, la Compagnia Aviorifornimenti, cura il condizionamento di tutti i carichi aviolanciabili dell’Esercito e delle altre Forze Armate

Tale materiale viene preso in consegna dal personale del reparto, installato su apposite piattaforme ricoperte di cartone ondulato per attutire gli effetti dell’impatto al suolo, assicurato con cinghie di rizzaggio e cordini di vario diametro e munito di un paracadute adeguato alle sue caratteristiche.

Successivamente il carico viene trasferito nell’aeroporto di partenza e consegnato al personale dell’Aeronautica incaricato dell’aviolancio.

La compagnia cura inoltre il ripiegamento e la manutenzione dei paracadute speciali utilizzati.
Ai fini del condizionamento e delle tecniche di lancio i carichi di si suddividono, in base al peso, in leggeri, medi e pesanti.

I carichi leggeri raggiungono un massimo di 227 chilogrammi e vengono paracadutati dalle stesse aperture utilizzate per il personale e con una tecnica sostanzialmente analoga, sospinti nel vuoto dal Direttore di Lancio. Anche il paracadute impiegato è generalmente il medesimo T10C.

Vengono aviolanciasti in questo modo molti equipaggiamenti tattici di impiego urgente destinati ai paracadutisti sul terreno, come ad esempio i missili controcarro ed i loro lanciatori, le mitragliatrici medie e pesanti, munizioni ed altro.

I carichi medi hanno un peso compreso tra 227 e 1.000 Kg, sono montati su una piattaforme delle dimensioni di un pallet ed impiegano un particolare paracadute G-12, di dimensioni e caratteristiche di discesa adeguate.

Il lancio viene effettuato dalla rampa posteriore del velivolo e l’estrazione avviene per gravità: il pilota mantiene durante l’operazione un assetto leggermente cabrato che permette al carico di scivolare sui rulli delle sezioni convogliatrici presenti sul pavimento e sulla rampa e di abbandonare così l’aereo vettore.

L’apertura del G-12 avviene con un’apposita fune di vincolo che replica su scala maggiore la sequenza tipica dei lanci ad apertura automatica.

E’ questa la tipologia dei carichi utilizzata più frequentemente per i rifornimenti di carburante, viveri, acqua ed altri generi urgenti, effettuati anche a favore di popolazioni colpite da calamità naturali e bisognose di un aiuto urgente.

Durante le fasi più impegnative del nostro impiego nel teatro operativo afghano centinaia di carichi medi sono stati condizionati da un team di avio rifornitori presente presso l’aeroporto di Herat e lanciati per rifornire le FOB sparse sul territorio, evitando lunghi e pericolosi trasporti via terra.

I carichi pesanti, infine, riguardano materiali ingombranti o di peso superiore ai 1.000 chilogrammi, come i mortai rigati da 120 mm con relativo quad 6×6 per la movimentazione, o i gommoni gonfiabili Zodiac 470 impiegati da Forze Speciali e per Operazioni Speciali nelle attività anfibie. Recentemente sono stati aviolanciati anche battelli veloci a scafo rigido RHIB in dotazione al Comsubin.

Questi carichi particolari impiegano specifici paracadute G-11 con una calotta di 720 metri quadrati di superficie, che in base al peso da sostenere possono essere fissati a grappolo, fino al numero massimo di otto. In questo caso il rilascio dall’aereo vettore avviene per mezzo di un paracadute estrattore, che trascina con se il carico, mentre il successivo spiegamento delle velature può richiedere l’uso di cariche piriche.

L’apertura a terra dei carichi condizionati avviene di norma a cura del personale destinatario del rifornimento, anche se in taluni casi elementi della compagnia aviorifornimenti possono essere paracadutati assieme al materiale per svolgere tale operazione.

A queste metodologie tradizionali di aviorifornimento si affiancano, quando necessario, il lanci effettuati con il sistema JPADS, che consiste nell’abbinamento di un apparato di guida GPS ad un paracadute manovrabile, grazie al quale i rifornimenti possono giungere a destino con grande precisione, evitando di cadere nelle mani sbagliate.
Il Battaglione Avio svolge anche un’importante ruolo didattico, assicurando la formazione del proprio personale nei ruoli e nelle funzioni specifiche.
Sia i ripiegatori della Compagnia Aviolanci e Manutenzione che gli aviorifornitori dell’omonimo reparto frequentano inizialmente un corso basico di 6 settimane, per poi proseguire il loro percorso professionale con successivi stage che porteranno i primi alle qualifiche di revisore e supervisore, ed i secondi ad assumere il ruolo di comandante di squadra aviorifornimenti.
Il battaglione assicura inoltre la formazione di specialità per gli allievi sergenti destinati a divenire Comandanti di Squadra Avio.

L’apposito corso, della durata complessiva di 15 settimane, consente ai frequentatori di approfondire le conoscenze tecniche in entrambi gli ambiti di ’attività del battaglione, sia nel ripiegamento e gestione dei paracadute che nel condizionamento dei carichi.

Le potenzialità operative del Battaglione Avio e le professionalità presenti tra il suo personale ne fanno un assetto pregiato ed un patrimonio di grande valore per l’Esercito e tutto il comparto della Difesa. Non sono molte, anche in ambito NATO, le nazioni in possesso di una struttura di analoghe caratteristiche.

Nell’ambito della cooperazione internazionale la Forza Armata ed il CAPAR intendono offrire aiuto e consulenza nello specifico settore a Paesi alleati ed amici.

Negli ultimi tempi sono transitati dal Centro afghani danesi ed olandesi, con questi ultimi, appartenenti all’11 Brigata Aeromobile, impegnati a più riprese nella frequenza di un corso intensivo di due settimane sul condizionamento dei carichi medi.

D’altro canto la cooperazione internazionale coinvolgerà anche il battaglione Poggio Rusco, che dovrebbe vedere a breve l’arrivo di personale sloveno destinato a dare vita ad un primo embrione di aviotruppe di quel Paese. Dati i piccoli numeri interessati, l’istituzione di un corso nazionale risultava infatti eccessivamente oneroso e l’esercito di Lubiana ha deciso di appoggiarsi alla collaudata e rinomata struttura italiana.

Foto: Alberto Scarpitta, CAPAR, Brigata Folgore, Difesa.it, ISAF RC-W e Congedati Folgore

Alberto ScarpittaVedi tutti gli articoli

Nato a Padova nel 1955, ex ufficiale dei Lagunari, collabora da molti anni a riviste specializzate nel settore militare, tra cui ANALISI DIFESA, di cui è assiduo collaboratore sin dalla nascita della pubblicazione, distinguendosi per l’estrema professionalità ed il rigore tecnico dei suoi lavori. Si occupa prevalentemente di equipaggiamenti, tecniche e tattiche dei reparti di fanteria ed è uno dei giornalisti italiani maggiormente esperti nel difficile settore delle Forze Speciali. Ha realizzato alcuni volumi a carattere militare ed è coautore di importanti pubblicazioni sulle Forze Speciali italiane ed internazionali.

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