SIRIA: I NUMERI CHE RIVELANO SCOMODE REALTÀ
Che in guerra tutti utilizzino la propaganda per attirare simpatie verso la loro causa e ispirare odio e diffidenza nei confronti del nemico non è certo una novità.
Non si può però evitare di restare stupiti dall’ingenuità (o dalla malafede) con cui i media occidentali hanno abboccato alla propaganda qaedista nella vicenda del piccolo Omran, bimbo siriano ripreso dopo essere stato salvato da un edificio colpito da bombardamenti aerei russi (ma Mosca ha negato) o dei jet di Bashar Assad.
Pochi hanno fatto notare che l’Aleppo Media Centre (AMC) non è altro che l’ufficio di propaganda del Fronte al-Nusra, cioè di un movimento jhadista che fino a due settimane or sono faceva parte di al-Qaeda, da cui è uscito con la benedizione del leader della rete terroristica, l’egiziano Ayman al-Zawahiri, per “ripulirsi la faccia”.
Nessuno ha fatto caso che il soccorritore che porta in braccio Omran lo mette a sedere e se ne va lasciandolo in balìa di telecamere non certo casualmente presenti? Strano che non effettui neppure un controllo o non abbia dato neppure una pulita al viso del bimbo imbrattato di polvere e, nella parte sinistra, di sangue.
L’assenza di pianti e lamentele, al di là del probabile stato di shock, inducono a pensare che il sangue non fosse di Omran ma appartenesse a qualche famigliare ferito. Il bambino infatti si tocca il volto e guarda la mano sporca di sangue quasi con sorpresa ma senza reazioni di dolore che sarebbero state inevitabili e avesse toccato una ferita.
Difficile ricavare certezze dal video ma non si può escludere che il sangue sia stato messo apposta sul volto di Omran per creare un prodotto mediatico di sicura presa emotiva.
Non ci sarebbe da stupirsi e non sarebbe la pima volta che accadono cose simili: la guerra è guerra anche sul fronte della propaganda e di certo quelli di al-Nusra/al-Qaeda non sono dei pivelli in questo campo.
Cina e Russia infatti, schierati apertamente cin Damasco, hanno definito il video “costruito a fini propagandistici” mentre sono emersi riscontri sul fatto che l’autore dello “scoop”, Mahmoud Raslan (il primo da sinistra tra i due evidenziati nella foto sopra), è apparso abbigliato da miliziano in foto che ritraevano i killers del 12enne palestinese decapitato il mese scorso dai jihadisti con l’accusa di essere una spia (a quanto pare non tutti i bambini lo muovono a pietà) ed è autore su twitter di sperticate odi ai terroristi suicidi.
Peccato quindi che invece di porsi domande ed evidenziare l’origine del video (AMC ha poi rincarato la dose informandoci della morte di Alì, fratello maggiore di Omran), la gran parte dei media abbia dato spazio al video contornandolo di valutazioni sulla necessità di fermare la battaglia di Aleppo.
Esattamente quello che vorrebbero al-Nusra (che oggi, in ossequio al nuovo “maquillage” ha cambiato nome in Jabat Fatah al-Sham, il Fronte per la conquista del Levante) e i gruppi armati jihadisti suoi alleati che ad Aleppo rischiano di venire cancellati dalle forze governative.
La battaglia potrebbe rivelarsi decisiva per le sorti del conflitto e vede le truppe di Assad impegnate a richiudere l’accerchiamento dei quartieri orientali della città in mano si ribelli. Se vi riusciranno le forze jihadiste potrebbero essere condannate.
Del resto AMC non ha mai mostrato i civili massacrati dall’artiglieria e dai tagliagole di al-Nusra nei quartieri occidentali di Aleppo e in altre aree occupate dove la popolazione era scita o non sosteneva i ribelli jihadisti.
Quello che lascia stupefatti è che in Occidente, e in particolare in Italia, i media si autocensurino per non trasmettere la propaganda dell’Isis e poi danno ampio spazio a quella di al-Qaeda!
Circa le vittime del conflitto siriano dati molto interessanti sono stati forniti dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus) basato in Gran Bretagna e vicino ai ribelli cosiddetti “moderati”.
Secondo l’Ondus all’8 agosto scorso la guerra aveva provocato finora circa 293mila morti ma “solo” 84.500 sono civili (il 28,9 per cento) inclusi 14.711 bambini e 9.520 donne.
Ovviamente si tratta di vittime provocate dalla guerra, uccise dalle forze governative come dalle milizie ribelli a cui forse sono da aggi ungere almeno una parte dei 4 mila morti (1,4 per cento del totale) a cui non è stato possibile attribuire un’appartenenza, cioè stabilire se fossero civili o combattenti di una delle decine di milizie e formazioni attive nel Paese.
Al tempo stesso sapere che i bambini costituiscono solo il 5% per cento delle vittime del conflitto e le donne il 3,3% ci obbliga a rivedere i preconcetti su un conflitto troppe vote dipinto come un eccidio di massa nei confronti dei civili tra i quali morti sono per il 71,7 per cento maschi adulti, bersagli privilegiati perché potenziali combattenti arruolabili dall’esercito regolare o dalle milizie.
Un dato che sembra trovare conferme anche nell’elevata e inusuale presenza di uomini tra i cosiddetti “rifugiati” o profughi in fuga dalla Siria per evitare la coscrizione di Damasco o l’arruolamento altrettanto forzato in qualche milizia ribelle.
Difficile dire se i dati dell’Ondus siano attendibili poiché non ve ne sono altri disponibili ma l’organizzazione non ha certo simpatie né per Assad e i suoi alleati.
Una precisazione importante considerando i dati sulle vittime di guerra tra le forze combattenti. Si contano infatti:
– 50.548 morti tra le file dei ribelli “non estremisti e miliziani curdi”, cioè Esercito Siriano Libero (ESL), le Forze di Difesa Popolare curde e le Forze Democratiche Siriane curdo-arabe pari al 17,3. Queste ultime due formazioni, a differenza dell’ESL, non combattono contro Damasco ma contro lo Stato Islamico. Nel complesso le tre formazioni hanno registrato insieme il 17,3 per cento delle vittime totali del conflitto.
– 49.547 tra i “miliziani estremisti”, cioè Stato Islamico ed Esercito della Conquista che comprende Salafiti, Fratelli Musulmani, e qaedisti di al-Nusra) pari al 16,9 per cento
– 104.656 tra i soldati governativi incluso l’esercito siriano, le milizie filo Assad e gli alleati iraniani, hezbollah libanesi (1.300 caduti) e volontari dell’internazionale scita per una percentuale del 35,5 per cento sul totale delle vittime della guerra.
Il dato su cui occorre riflettere è che ogni tre morti in Siria più di uno è un combattente leale a Bashar Assad.
La suddivisione della tipologia di vittime è forse un po’ macabra ma smentisce la propaganda araba e occidentale che da anni dipinge i governativi (e da un anno anche i russi) impegnati in un eccidio di massa.
A quanto pare quella siriana è un raro caso di guerra civile in cui i combattenti governativi (gli unici, esclusa la Coalizione internazionale e i russi, a disporre di aerei ed elicotteri) hanno registrato più morti dei ribelli e della popolazione.
Foto: SANA, AFP, Aleppo Media Centre, Reuters, The Canary
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.